Cari parlamentari in questo periodo di crisi avete avuto la possibilità di affinare la vostre doti di ascolto.
State, come tutti noi, sperimentando il lavoro da remoto.
Riunendovi sulle piattaforme digitali avrete notato che per arrivare a risultati l’ascolto e la costruzione condivisa servono ben più dei soliloqui o delle sparate mediatiche.
Vi sarete accorti che è una modalità che spinge ad ascoltare gli altri.
Allora ascoltate anche un appello che parte da due fonti autorevoli: il cambiamento climatico e la pandemia.
Il primo si è fatto sentire con l’alluvione del 12 novembre 2019, ricordando che il sistema Mo.S.E. è del tutto inadeguato rispetto alla previsioni di innalzamento dei mari (quelle reali, definite dall’IPCC, non quelle addomesticate prodotte dal Consorzio Venezia Nuova).
Se anche fosse portato a termine e funzionasse, dovrebbe chiudersi un numero tale di volte da rendere la laguna una fogna e da far dire addio alle attività portuali di Venezia e Porto Marghera.
La seconda ha portato al blocco delle attività. Sono bastati alcuni giorni di blocco quasi totale per pulire perfino l’acqua dei canali. Anche con le ancora incerte e non si sa come scaglionate “riaperture” della prossima fase, molte attività non ripartiranno: né subito, né “come prima”.
Certamente le grandi navi – vero e proprio universo concentrazionario con il loro carico di “desperate tourists” recentemente respinti come appestati e untori dai porti di tutto il mondo – non partiranno per un bel po’.
Allora l’appello è al vostro buon senso.
La politica nazionale sta cercando di “reagire alla crisi” accelerando sulla costruzione del Mo.S.E., per cercare di renderlo al più presto in grado di difendere Venezia dalla acque alte. A guardarvi da qua, viene da chiedersi in che mondo viviate…
Perché se quello è il vostro obiettivo, potreste prendere in considerazione un’altra strada.
Più facile, meno impattante, sicuramente positiva, a fronte dei tanti e persistenti dubbi sulla funzionalità anche tecnica delle “grande opera”.
Dubbi che, come sapete, si sommano a quelli sulla perversione del sistema creato con la “concessione unica” al Consorzio Venezia Nuova.
D’inciso, mi permetto di consigliarvi la lettura di un piccolo libro uscito da poco, Sotto il segno del Mose, che ricostruisce una chiara e circostanziata storia delle distorsioni nate dal quel “peccato originale”.
In queste condizioni, cari parlamentari, vi sembra possibile lavorare per finire il Mo.S.E., come se nulla fosse?
Non vi sembra il caso di prendere in considerazioni le alternative che la crisi attuale rendono più semplici da praticare? E che sono sicuramente efficaci?
Vi propongo di considerare due ipotesi, tra loro collegate, che potrebbero portare entro l’anno a dare una svolta alla salvaguardia delle laguna e alla difesa della città dalle acque alte.
La prima ipotesi è l’immediata moratoria sui lavori, accompagnata da una verifica terza sull’opportunità di proseguirli.
Formate una commissione scientifica di alto livello e di riconosciuta indipendenza e fatele valutare se allo stato attuale sia più opportuno portare l’opera a compimento oppure tornare indietro.
Oggi il Consorzio Venezia Nuova (per quanto gestito da commissari, dopo lo scandalo giudiziario) continua a procedere.
Le protezioni bipartisan che voi gli assicurate non hanno mai messo in discussione né il suo mandato operativo, né il presupposto criminogeno della concessione unica.
Ma a che servono le condanne giudiziarie se la politica non mette in discussione il sistema?
La politica può recuperare credito – non solo agli occhi dei veneziani ma a quelli del mondo – solo istruendo un’indagine onesta, capace di ascoltare i testimoni giusti ed arrivare – nei tempi richiesti dall’urgenza della situazione – a un verdetto sull’utilità e la funzionalità dell’opera, libero dai condizionamenti dovuti allo strapotere del Consorzio.
Vanno ascoltate le obiezioni delle società civile e i pareri scientifici che hanno seguito nascita e sviluppo del progetto, sottolineando errori di impostazione e realizzazione poi puntualmente riscontrati nella realtà.

Vanno valutati criticità e costi economici e ambientali della conclusione dell’opera, che vanno messi a confronto con le alternative possibili:
- capacità del Mo.S.E. di svolgere la sua funzione e possibili criticità di funzionamento (già riscontrate in fase di prova);
- esistenza di alternative per la chiusura delle bocche e i loro costi messi a confronto con l’investimento ancora necessario per concludere l’opera;
- effetti sull’attenuazione delle maree di interventi di dissipazione dell’entrata delle acque e di loro maggiore e migliore espansione nel bacino lagunare (anche con la riapertura al flusso di marea delle valli da pesca);
- definizione di un piano per il riequilibrio morfologico e idraulico della Laguna;
- maturità, costi, affidabilità delle diverse soluzioni di sollevamento del suolo urbano e delle isole. Tenendo presente che questa potrebbe essere la soluzione di adeguamento al contesto che il Piano clima di Venezia a della sua Laguna dovrà adottare nel tempo.
La seconda ipotesi riguarda un’opportunità che consentirebbe di avere risultati certi entro l’estate. Sia dal punto di vista del riequilibrio lagunare che da quello della difesa dalle acque alte, i due cardini della salvaguardia, al centro delle indicazioni del Parlamento (dagli Indirizzi governativi del 1975 alle tre leggi speciali del 1973, 1984, 1992).
La crisi attuale fornisce ragioni per indurre le vostre forze politiche, anche quelle che ancora sostengono il Mo.S.E., a una riflessione.
La pandemia ha messo in crisi il crocierismo e per un lungo periodo non vedremo grandi navi in laguna. Ecco l’opportunità per un “cambio di passo” a partire dalla primavera del 2020.
Va colta al volo questa “occasione” per ridurre sperimentalmente la profondità del canale di San Niccolò alle spalle delle paratoie del Mo.S.E, prima delle acque alte del prossimo autunno.
In pochi mesi si possono costruire (in Fincantieri o in altro cantiere navale) alcuni “cassoni autoaffondanti” da riempire d’acqua e appoggiare sui fondali. Saranno installabili in breve tempo e facilmente rimovibili, facendoli riemergere alla fine della stagione delle acque alte.
Avremmo così l’occasione di ridurre prima di fine anno di oltre venti cm le medie acque alte e di ridurre l’altezza e la pericolosità delle acque alte eccezionali prevenendo così nuovi disastri (lo attestano le relazioni del ministero dell’Ambiente e di esperti idraulici come D’Alpaos).
È l’occasione per sperimentare finalmente una prima azione di riequilibrio tra quelle prescritte e pianificate dal 1973 al 2003, ma fino a oggi disattese.
Perché è comunque fondamentale dissipare la velocità di entrata e consentire una migliore capacità di espansione delle acque marine all’interno (con la riapertura al flusso delle valli da pesca) del bacino lagunare. In modo tale che lo scambio col mare non sia precluso o lo sia il meno a lungo possibile.
Bisogna poi concentrare ricerca e risorse sulle misure di adattamento degli abitati lagunari all’innalzamento dei mari. E studiare la possibilità di rialzare (con iniezioni in falda profonda) non solo singole insule, ma l’intera piattaforma sui cui poggiano Venezia gli altri abitati lagunari soggetti ad acqua alta.
In conclusione, l’invito è a raccogliere il messaggio del virus.
Si dice che dopo questa crisi nulla potrà esse più come prima.
Allora abbandonare vecchie posizioni messe in discussione dall’evolversi delle realtà è cosa giusta e possibile.
Fatevi le domande che si fanno molti cittadini veneziani.
Chiedetevi se non sia giunta l’ora per una moratoria del Mo.S.E. in attesa di valutarne possibilità e opportunità di completarlo e di avviare contemporaneamente e dare forza – approfittando del blocco del crocierismo – gli interventi di riequilibrio idraulico e morfologico della laguna.
Ma subito, quest’estate, per renderle operative quest’inverno.
In modo che a metà 2021 si possa valutare se gli effetti di contenimento delle maree degli interventi di dissipazione in ingresso e maggiore espansione delle acque nel bacino lagunare rendono ancora necessari gli interventi alle bocche – e di che tipo.
Spero, cari parlamentari (che mi dovreste rappresentare), che vogliate considerare questi interrogativi. Prima di andare al prossimo comitatone, quando e se il governo, che appare oggi tutto concentrato sull’uscita dall’emergenza coronavirus, deciderà di convocarlo.
La città aspetta risposte.

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