Amava un piatto autenticamente trevigiano, Bepi Covre, radici e fasioi. Uno di quei piatti che sono nati nelle case dei contadini, sfruttando il radicchio dei campi e la minestra di fagioli del giorno prima. È meno di una ricetta. È la combinazione di due ingredienti che ti trovi in casa frequentemente. E Bepi Covre l’amava perché lui era così, come l’insalata/minestra de radici e fasioi: autenticamente legato al Nordest e ai suoi caratteri, dai contadini agli industriali, senza abbandonare nulla del passato, capace nello stesso tempo di progettare il futuro, sempre legato alle idee originarie della Liga Veneta. Aperto al pensiero altrui, capace persino di votare la riforma costituzionale di Renzi.
Ci piaceva, piaceva a molti, tranne a quelli, i suoi, che lo avevano scomunicato. A conferma della sua apertura mentale e della sua generosità, Bepi è stato sostenitore e collaboratore della nostra rivista, con articoli da cui emergono le sue principali posizioni politiche, la considerazione per il ruolo dei sindaci, con cui avrebbe voluto portare avanti la questione settentrionale, insieme a Cacciari e a Giorgio Lago; l’obiettivo dell’organizzazione federale dello Stato; il fastidio per l’inefficienza amministrativa. Gliene siamo ancora grati.
Pensavamo che lo avremmo visto ancora, che saremmo andati a trovarlo nella sua Oderzo, e invece non più.
A domanda di un amico – che piatto preferisse – aveva risposto: radici e fasioi. E quindi noi ora lo raccontiamo, questo piatto, che amiamo anche noi.
Noi dobbiamo organizzarci per farlo, le famiglie contadine di un tempo avevano tutto sottomano, i radici nei campi, la minestra di fagioli sul fogher almeno un giorno alla settimana, e si faceva in modo che ne avanzasse: mangiata il giorno dopo è ancora più buona.

Cominciamo dal radicchio. Di radicchio ne esistono diversi tipi, qui si tratta del radicchio rosso e verde che cresce ormai spontaneamente nei campi, con foglie leggere, lunghe mediamente dieci, dodici centimetri perché in competizione con l’erba, ma saporito, un po’ amaro, come la maggior parte dei radicchi (cicorie, in termine botanico, per esempio il grumolo verde). Si trova raramente in commercio, più facile trovare il cosiddetto cicorino, soltanto verde. Va bene anche quello, perché si amalgama con i fagioli. Mentre non va assolutamente bene il radicchio di Treviso, che ha una sua spiccata personalità, cresciuta ad acqua, crudo è troppo consistente, capite che non si sposa coi fagioli.
Questo non capiscono i ristoratori, che credono di far bene presentandovi i fagioli con del radicchio di Treviso. Se vi succede così, niente da fare, l’occasione è persa. Non ha nulla a che fare con il piatto che piaceva a Bepi.
Il radicchio, quello giusto, si condisce con sale, aceto, e pancetta o lardo di maiale preventivamente rosolati. Ma va bene anche se sostituite il grasso di maiale con del buon olio d’oliva.
Passiamo all’altro ingrediente, la minestra di fagioli. Capite che non si tratta di fare appositamente la minestra, ma di usare gli avanzi del giorno prima. Per lo più la minestra di fagioli delle nostre parti (vi promettiamo di parlarne a parte), si addensa se lasciata riposare per un giorno, cosicché vi basterà versarne una o due mestolate sul radicchio già condito. Diciamo, metà radicchio, metà fagioli. Potete anche aggiungere un po’ di condimento alla minestra di fagioli, olio e aceto, e sul tutto del pepe appena macinato.
Ma potete anche lessare dei fagioli buoni, saporiti e morbidi, i Lamon (di tipo Lamon e coltivato nella vallata bellunese) sono il massimo, e unirli al radicchio. È sempre un buon abbinamento, anche se non è il metodo tradizionale.
la serie #ricetteanticrisi
è illustrata dall’artista Olimpia Biasi


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