John Lennon all’Avana. La panchina e la memoria

Cuba da vent’anni ricorda uno dei Beatles. Eppure nei Sessanta era “controrivoluzionario” ascoltarli.
ALDO GARZIA
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Il giardino di Calle 17, angolo con le strade 8 e 10 nel centralissimo quartiere del Vedado all’Avana, ospita da vent’anni un monumento in bronzo dedicato a John Lennon. Il musicista dei Beatles, raffigurato a grandezza naturale, è seduto su una panchina a due posti e occupa solo parte dello spazio disponibile. Chiunque può sedersi accanto. Lennon ha l’aria assorta, lo sguardo perso nell’orizzonte dietro i suoi tipici occhialetti tondi. Sulla base della panchina c’è una scritta: “Dicono che sono un sognatore, ma non sono il solo”. L’autore della scultura è il cubano José Villa.

Chi ha voluto il monumento al leader dei Beatles è stato soprattutto Abel Prieto, classe 1950, ex presidente dell’Unione degli scrittori e degli artisti cubani (Uneac), nominato a sorpresa ministro della cultura nel 1997, attualmente presidente del prestigioso cenacolo letterario noto internazionalmente di Casa de las Americas. Appassionato dei Beatles e del rock, Prieto accarezzava da tempo l’idea di far costruire all’Avana un monumento dedicato a Lennon. Il desiderio lo ha realizzato l’8 dicembre 2000, ventesimo anniversario dell’assassinio di Lennon a New York. 

Quel giorno, Prieto alle cinque del pomeriggio – con Fidel Castro in prima fila, il presidente del parlamento Ricardo Alarcón de Quesada, il popolare cantautore Silvio Rodríguez – si diresse nel parco di Calle 17 al Vedado accompagnato da una piccola folla. Fu Fidel a scostare il lenzuolo che copriva la panchina/monumento sotto il flash dei fotografi. Alarcón de Quesada ricordò il ruolo rinnovatore delle generazioni degli anni Sessanta. Lo scrittore Francisco López Sacha, animatore di alcuni seminari sui Beatles all’Avana, parlò dell’innovativa musica di Lennon e dei suoi colleghi di Liverpool. Silvio Rodríguez eseguì Love, una canzone del quartetto. Il Coro nazionale di Cuba, in chiusura della cerimonia, interpretò impeccabilmente Yesterday. 

Fu un pomeriggio indimenticabile per noi giornalisti che eravamo lì. Apprezzammo in particolare il gesto simbolico che celava l’inaugurazione del monumento. Forse anche Abel Prieto aveva dovuto ascoltare di nascosto le canzoni dei Beatles negli anni Sessanta, quando Cuba le considerava un pericoloso veicolo della cultura anglosassone e perciò “controrivoluzionarie”. Il monumento a Lennon, oltre che una della curiosità cubane da visitare assolutamente perché suggestivo, è il risarcimento per l’incomprensione di quegli anni quando prevaleva l’ottusità ideologica sopra ogni altra considerazione. 

Alcuni abitanti del Vedado hanno preso intanto l’abitudine di sedersi accanto a Lennon. Altri depongono fiori tra le sue mani e lo spolverano con gesti delicati, quasi a voler proteggere il monumento dalle intemperie. L’omaggio spontaneo dell’intera città al musicista inglese provoca pellegrinaggi in quel giardino, ormai per tutti i cubano semplicemente “Parco Lennon”. Può capitare così di vedere giovani sposi, appena usciti dalla chiesa o dall’ufficio comunale, che si recano a deporre dei fiori tra le mani di Lennon per farsi fotografare in quel luogo. 

C’è pure una leggenda metropolitana che corre per le strade dell’Avana. Lennon, dicono i devoti della santeria (la religione afrocubana), “abre caminos”. Aiuta, cioè, ad avere fortuna nelle cose che si desiderano e a lasciarsi alle spalle la sfortuna. È anche accaduto che dei maniaci collezionisti abbiano rubato più volte gli occhiali di Lennon, costringendo lo scultore Villa a costruirne in pochissime ore degli altri. Per evitare nuovi furti, è stato affidato ai pensionati del quartiere, in cambio di pochi pesos, il compito di vigilare su Lennon e soprattutto sugli occhiali.

Intorno al monumento, come spesso accade a Cuba quando fantasia e cultura si uniscono, si svolge attualmente un’imprevedibile ritualità di massa che fa di Lennon il punto di riferimento delle nuove generazioni. I giovani cubani, come i loro coetanei di tutto il mondo, sono convinti che Lennon sia un rivoluzionario della musica. Per i giovani di Cuba, però, essere rivoluzionari in una società che la rivoluzione l’ha già fatta nel 1959 è un problema complicato. 

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John Lennon all’Avana. La panchina e la memoria ultima modifica: 2020-04-20T17:13:43+02:00 da ALDO GARZIA
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