Venezia. Dall’overtourism al turismo sostenibile

Sta a noi decidere come ripartire: vogliamo voltare decisamente pagina imboccando un percorso di sostenibilità oppure preferiamo far finta di niente per tornare come prima sprecando un’opportunità storica e forse irripetibile di salvare una città millenaria?
STEFANO CROCE
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Fa piacere leggere in una recente dichiarazione del sindaco di Venezia il suo desiderio di ripartire dopo la pandemia con “una Venezia diversa” e il suo auspicio di “arrivare alla tanto sospirata sostenibilità anche nel turismo”. Gli fa eco l’assessore al turismo che, nella lettera aperta al ministro della Cultura, firmata assieme agli assessori di altre importanti città turistiche italiane, parla di “qualità del turismo” e di “un’ottica di un turismo davvero sostenibile”.

Si rende allora necessario cercare di capire cosa significhi turismo sostenibile per evitare che questo concetto rischi di essere usato come uno slogan adattabile a diverse interpretazioni.

Riporto qui di seguito alcune definizioni che per la loro chiarezza e autorevolezza ci possono fare da guida.

L’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT) definisce sostenibili le attività turistiche quando “non alterano l’ambiente sociale, naturale e artistico” e quando “non ostacolano o inibiscono lo sviluppo di altre attività economiche”.

L’UNESCO, nella Dichiarazione di Budapest del 2002, ritiene sostenibile uno sviluppo in cui vi sia “equilibrio tra cultura ed economia, tra identità locali e turismo, tutela ambientale e sviluppo in una visione condivisa con tutti gli attori locali”.

John Henry Twachtman (1853-1902), Veduta di Venezia, 1881

Secondo queste definizioni è del tutto evidente come a Venezia da molti anni il turismo non sia sostenibile né dal punto di vista sociale, né ambientale, perché l’eccessivo numero di visitatori, da un lato compromette “l’ambiente sociale”, in cui i pochi residenti rimasti sono assediati e assistono impotenti alla trasformazione della loro città in albergo diffuso, dall’altro “altera le altre attività economiche” rendendole suddite della monocultura turistica determinando un’ininterrotta moria di botteghe artigianali e di negozi di vicinato costretti a cedere il posto ad attività ad uso turistico, le uniche che riescono a sopportare l’esponenziale aumento degli affitti.

Per tutto ciò “Venezia è considerata un caso emblematico di overtourism” e il termine “venezianizzazione” è stato coniato per definire una città snaturata a causa della pressione turistica.

Vi è però un altro aspetto della sostenibilità di cui dobbiamo tener conto: il degrado prodotto da un turismo NON sostenibile si ripercuote anche sui turisti, infastiditi essi stessi dalla calca, dalle code e dalla perdita di autenticità del luogo.

William Turner (1775-1851), Laguna al tramonto

A tal proposito l’European Federation of Tourist Guides Associations dichiara sostenibile il turismo non solo quando “crea le migliori condizioni di vita per le persone che risiedono nelle località meta del turismo”, ma anche quando permette “località migliori per i visitatori”.

Per queste ragioni la stragrande maggioranza dei turisti non torna a Venezia e limita la visita ad un periodo breve o brevissimo. Per l’ottanta per cento sono infatti giornalieri, e i pochi che pernottano si fermano mediamente solo due notti.

Venezia ha assistito a un cambio antropologico dei suoi visitatori, che da curiosi ed entusiasti sono diventati superficiali e disinteressati: i cosiddetti turisti “mordi e fuggi” che si fermano solo poche ore, mangiano al sacco o in un take away, si siedono sui ponti e comprano souvenir-paccottiglia lasciando in cambio solo spazzatura. La loro presenza massiva snatura la città che si adegua alle loro necessità e la logora perché ne intasa i trasporti pubblici e il fragile sistema viario pedonale. 

Non deve sembrare allora troppo strano l’apparente paradosso di una città visitata da milioni di turisti che in alta stagione può presentare alberghi non completi, o che, pur con un’offerta museale straordinaria, vede i musei al di fuori dell’area marciana semivuoti.

Il perdurare di questa situazione insostenibile aveva in molti fatto intravedere la prossima e definitiva trasformazione di Venezia in un parco tematico per turisti giornalieri, cioè la morte di Venezia come città viva, con il suo carico di tradizioni, cultura immateriale, memoria, esperienze e di modi di vita.

Frits Thaulow (1847-1906), Sotto il ponte di Rialto

Poi però è arrivata la pandemia e l’azzeramento del turismo, e molti hanno individuato in questo evento un’occasione irripetibile per una ripartenza diversa e più equilibrata. Ma nessuno immagina Venezia senza turisti che da secoli sono attratti dal suo splendore e la sua arte, e che rappresentano comunque una voce importante della sua economia.

Ecco allora apparire il concetto di turismo sostenibile che, se applicato nei termini corretti qui sopra descritti, in questa città non può che esprimersi nella ricerca del miglior compromesso possibile tra i proventi economici generati dal turismo stesso e l’esigenza di controllare e minimizzare gli effetti indesiderabili che questo genera al luogo e ai suoi abitanti.

Con l’intento di fare un primo passo in questa direzione, assieme a molti miei colleghi guide abilitate di Venezia, da circa un anno abbiamo elaborato, e pochi mesi fa presentato alla stampa e alle istituzioni, il progetto “Guide di Venezia per un Turismo Sostenibile” che ha lo scopo di sensibilizzare i visitatori ad una visita rispettosa (attraverso un video e con consigli durante le visite), promuovere l’offerta artistico-culturale veneziana, ora assai trascurata, e chiede la limitazione del numero delle persone nei gruppi accompagnati.

Questi contributi possono però fare poco se non sono innestati in una strategia complessiva di turismo sostenibile in cui il maggior attore deve essere l’amministrazione cittadina cui spetta il compito fondamentale della corretta gestione dei flussi.

Da recenti dichiarazioni si ricava l’impressione che si voglia affrontare questo tema essenzialmente con lo spostamento dei turisti da zone, calli o approdi troppo affollati ad altri meno congestionati. Un modo di intervenire però largamente insufficiente e addirittura controproducente per Venezia, perché prende in considerazione solo il punto di vista dei turisti, che verrebbero agevolati perché “spalmati” in luoghi meno affollati, ma non considera quello della città che in questo modo verrebbe fatalmente turisticizzata, cioè snaturata, anche nelle sue porzioni ancora vivibili.

Pertanto una gestione sostenibile dei flussi a Venezia non può prescindere dalla loro drastica riduzione in ottemperanza alla raccomandazione n.3 dell’UNESCO che richiede di “fronteggiare il turismo in eccesso”.

Teniamo ora presente che alla fine del lockdown, e fino all’arrivo di un vaccino, il distanziamento tra persone obbligherà Venezia ad una decisa diminuzione dei turisti producendo di fatto una sorta di prova generale di un’auspicabile condizione futura in cui meno turisti restituirebbero qualità alla vita cittadina, richiamando probabilmente sia nuovi residenti sia turisti di qualità, oggi decisamente in minoranza rispetto ai giornalieri.

Si noti bene che il “turista di qualità” non è necessariamente il turista “ricco”, ma è quello disponibile ad apprezzare la straordinaria unicità di Venezia, a sfruttarne la ricchezza culturale, e che, concedendosi mediamente una visita più lunga, diversamente dal “mordi e fuggi” ne sostiene l’economia; quindi il combinato di una disponibilità al ritorno dei turisti di qualità e una diminuzione generalizzata dei turisti, farebbe calare soprattutto quelli giornalieri, producendo una perdita economica limitata che potrebbe essere compensata dalla crescita dei pernottanti soprattutto se, tenendo sotto controllo il numero dei posti letto, riusciremo a diluirli in una stagione più lunga.

Siamo allora ad un bivio: vogliamo ritornare quanto prima al numero di visitatori pre-virus accontentandoci di gestirli “spalmandoli” in tutta la città, oppure vogliamo ridurne il numero per renderlo sostenibile, cioè compatibile con gli abitanti e con gli spazi cittadini?

E in tal caso, COME pensiamo di diminuirli in un’ottica di sostenibilità?

Sappiamo che il meccanismo della “tassa di sbarco” funzionerà con costi diversi a seconda della stagione per disincentivare gli arrivi nei periodi più affollati e favorirli in quelli meno frequentati.

La differenza di prezzo nei diversi periodi sembra però piuttosto contenuta e la tassa non verrà applicata ai turisti giornalieri del Veneto. Siamo allora certi che una differenza di pochi euro possa spostare da una stagione all’altra importanti flussi di turisti che visitano anche altre città, acquistano voli o crociere e sono più condizionati da questi costi che da piccole differenze di prezzo della tassa di sbarco?

Frits Thaulow (1847-1906), Veduta di Venezia

Da più parti si è invece proposto un metodo con prenotazioni e numeri programmati giornalieri da non superare. Lo scoglio del principio della libera circolazione delle persone è solo apparente perché questo metodo è già attivo in altre realtà insulari italiane quali Pianosa, Giannutri e Montecristo, ed è in discussione per le cittadine delle Cinque Terre. 

Non bisogna però illudersi che questi correttivi in campo turistico, ancorché importanti, saranno sufficienti a salvare Venezia se non verranno inseriti in una politica più ampia che coinvolga le altrettanto rilevanti questioni del lavoro, della residenza e della fiscalità che potranno essere gestite efficacemente solo nel quadro di uno Statuto Speciale. La questione è così rilevante che recentemente anche il Patriarca si è spinto a chiedere il riconoscimento internazionale dell’unicità di Venezia.

Sta ora a noi decidere come ripartire: vogliamo voltare decisamente pagina imboccando questo percorso di sostenibilità e di specialità legislativa, oppure preferiamo far finta di niente per tornare come prima sprecando un’opportunità storica e forse irripetibile di salvare una città millenaria?

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Venezia. Dall’overtourism al turismo sostenibile ultima modifica: 2020-04-24T18:31:39+02:00 da STEFANO CROCE

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3 commenti

Marco s 26 Aprile 2020 a 0:00

Concordo pienamente con Stefano. Dire che si spalmano non basta e soprattutto dire e non fare nulla (sono passati 5 anni e non e’ stato fatto nulla), tassa di sbarco utile solo a far cassa, ma non sposterebbe niente, non sono sistemi per gestire i flussi. L’unica innovazione utile a garantire a Venezia un turismo sostenibile, una vivibilità’ e un’esperienza decente a chi la visita e’ il numero programmato compatibile con lo spazio limitato a disposizione, disincentivare e limitare i giornalieri etc. e cosi’ invito tutti a NON votare chi non propone un piano dettagliato con impegni chiari e concreti. Se n

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Francesco 26 Aprile 2020 a 12:34

Venezia è “alla canna del gas”, sporca, lurida come nemmeno a Calcutta, le calli piene di cicche, carte, immondizie varie abbandonate, escrementi animali e umani, masse di trogloditi ignoranti che la deturpano sporcando muri e serrande, deambulando sbracati, ciclisti visti pedalare x le calli ecc. ecc. Si può cambiare solo con fermezza e determinazione! Venezia d’inverno è morta, nelle altre stagioni è il caos, la soluzione potrebbe essere questa:
1. da Pasqua a settembre ingresso solo x i turisti con prenotazione alberghiera, B&B, app.ti ecc , da ottobre a marzo libero accesso a tutti
privilegiando i mesi “morti” novembre, dicembre, gennaio, con sconti importanti su pernottamenti, pacchetti musei, negozi, gondole ecc.
2. Venezia è preziosa come un museo, una chiesa a cielo aperto, si fuma in un museo? Il fumo dev’essere vietato. Spesso nelle calli si è costretti a respirare il fumo di quelli davanti e le cicche vanno tutte a terra. Si potrebbe consentire di fumare solo nei campi dotandoli di recipienti esteticamente compatibili.
3. Riguardo l’annoso problema vergognoso delle feci mai risolto x l’incivilta’ dei residenti si può risolvere solo in un modo, vietando il transito degli animali ed il mantenimento di cani di taglia grande. Ok ai cani piccoli di compagnia x gli anziani o x gli amanti degli animali, anch’io sono un amante di questi, trasportabili sono in carrelli, trolley, ceste, zaini. Venezia è una città “speciale”, unica, servono quindi leggi speciali.
3. Multe severissime come all’estero, es in Giappone x una cicca a terra multa di migliaia di €.
Ultima cosa riguardo al degrado, la città è piena di bancarelle di paccottiglia orribili che spesso nascondono alla vista luoghi splendidi, es c.po s. Geremia, gestiti poi non da residenti “nostrani” ma da extracomunitari, com’è potuto succedere tutto ciò? Che amministratori abbiamo avuto?

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Francesco 26 Aprile 2020 a 13:42

Venezia è “alla canna del gas”, sporca, lurida come nemmeno a Calcutta, le calli piene di cicche, carte, immondizie varie abbandonate, escrementi animali e umani, masse di trogloditi ignoranti che la deturpano sporcando muri e serrande, deambulando sbracati, ciclisti visti pedalare x le calli ecc. ecc. Si può cambiare solo con fermezza e determinazione! Venezia d’inverno è morta, nelle altre stagioni è il caos, la soluzione potrebbe essere questa:
1. da Pasqua a settembre ingresso solo x i turisti con prenotazione alberghiera, B&B, app.ti ecc , da ottobre a marzo libero accesso a tutti
privilegiando i mesi “morti” novembre, dicembre, gennaio, con sconti importanti su pernottamenti, pacchetti musei, negozi, gondole ecc.
2. Venezia è preziosa come un museo, una chiesa a cielo aperto, si fuma in un museo? Il fumo dev’essere vietato. Spesso nelle calli si è costretti a respirare il fumo di quelli davanti e le cicche vanno tutte a terra. Si potrebbe consentire di fumare solo nei campi dotandoli di recipienti esteticamente compatibili.
3. Riguardo l’annoso problema vergognoso delle feci mai risolto x l’incivilta’ dei residenti si può risolvere solo in un modo, vietando il transito degli animali ed il mantenimento di cani di taglia grande. Ok ai cani piccoli di compagnia x gli anziani o x gli amanti degli animali, anch’io sono un amante di questi, trasportabili sono in carrelli, trolley, ceste, zaini. Venezia è una città “speciale”, unica, servono quindi leggi speciali.
3. Multe severissime come all’estero, es in Giappone x una cicca a terra multa di migliaia di €.
Ultima cosa riguardo al degrado, la città è piena di bancarelle di paccottiglia orribili che spesso nascondono alla vista luoghi splendidi, es c.po s. Geremia, Rialto ecc gestiti poi non da residenti “nostrani” ma da extracomunitari, è molto più signorile il centro commerciale La Nave de Vero o l’Auchan che Venezia! Com’è potuto succedere tutto ciò? Che amministratori abbiamo avuto?

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