[YONGBYON, COREA DEL NORD]
Quando, a cinque o sei anni, s’inizia il percorso scolastico, la prima cosa che s’impara è l’alfabeto. Ai miei tempi si diceva che dovevamo imparare l’ABC. Chi ha frequentato la Corea del Nord e ha avuto a che fare con la politica nordcoreana, la prima cosa che impara è che, quando si tratta di parlare di transizioni che accadono all’interno della famiglia Kim, deve sempre affidarsi all’unica fonte affidabile: i media ufficiali.
I media nordcoreani possono dire stupidate o possono mentire su tante cose come han fatto più volte, ma su una cosa non possono sgarrare: la designazione alla successione e la morte del leader supremo.
Su questi due punti non vi è altra fonte affidabile che i media di stato.
Capisco che dal punto di vista giornalistico può essere frustrante non poter mostrare la propria presunta competenza ed “espertitudine” su un paese come la Corea del Nord dovendo stare seduti sulla propria scrivania aspettando che la KCNA o la KCTV si degnino di informare quali siano le condizioni di salute di Kim Jong Un.
Nel frattempo Kim Jong Un è un po’ come il gatto di Schrödinger: è sia morto che vivo.
Almeno sino a quando qualcuno dichiarerà senza ombra di dubbio che sia morto, o che sia vivo e non appaiano foto del Grande Leader con qualche indubbio riferimento cronologico; un po’ come le foto dei rapiti a cui viene fatto tenere tra le mani un quotidiano.
Ora, in questi giorni vediamo sedicenti esperti che sparano ai quattro venti notizie “sicure” sulla morte di Kim Jong Un, oppure sulla sua morte cerebrale, o sulla sua degenza in qualche clinica e in qualche città rivierasca.
Per avallare le loro tesi e renderle più credibili di quelle avanzate dai loro colleghi, ognuno di questi sedicenti esperti afferma di avere fonti più affidabili degli altri. Così facendo però dimostrano solo una cosa: di non aver capito nulla di come funzionano le cose in Corea del Nord quando si parla della famiglia che da settant’anni guida il paese.
Del resto, questi esperti contano su due cose: la statistica e la capacità dei lettori di dimenticare presto ogni tipo di fesseria scritta o detta.
Nel primo caso si ha il cinquanta per cento di probabilità di essere nel giusto: Kim Jong Un, chiuso nella sua casa come il gatto di Schrödinger ha il cinquanta per cento di probabilità di uscirne vivo e il cinquanta per cento delle probabilità di uscirne morto. Il cinquanta per cento di probabilità di essere nel giusto non è poco quando si parla di Corea del Nord e della famiglia Kim.
Se Kim ne uscirà morto gli esperti esulteranno proclamando il “ve l’avevo detto” e puntando il dito verso quelli che, come me, dubitavano della loro longa manus capace di scardinare anche gli antri più oscuri dei meandri nordcoreani.
Se, invece, Kim ne uscirà vivo, ebbene, sarà stato solo un incidente di percorso che sarà immediatamente dimenticato e perdonato perché, si sa, il regime nordcoreano è difficile da interpretare ed errare humanum est.

Nel passato, di questi “incidenti di percorso” (che invero denotano scarsa dimestichezza con le stesse fonti) ne abbiamo avuti a decine: dall’esperto giornalista che racconta un suo presunto viaggio dove vede le statue dei tre Kim che possono essere viste sin dalla Luna (quando in realtà, al tempo del reportage, di statue di Kim ce n’era solo una e non certo visibile dal nostro satellite), alla nazionale di calcio sterminata perché sconfitta nella finale dei giochi d’Asia dalla Corea del Sud, per terminare con l’esecuzione di Hyon Song-wol, leader della Moranbong Band, compiuta, a discrezione della fantasia del giornalista, con artiglieria campale, artiglieria antiaerea, impiccagione, fucilazione pagata dagli stessi famigliari. La stessa Hyong Song-wol che, pochi mesi dopo essere stata giustiziata, venne vista dal sottoscritto in carne e ossa suonare con la sua banda; la stessa Hyong Song-wol che alle olimpiadi invernali di Pyeongchang fece parte della delegazione nordcoreana con la sorella di Kim Jong Un.
Le stesse fonti strasicure – accampate ancora oggi da alcuni giornalisti – sulla salute di Kim Jong Un in realtà si sono dimostrate totalmente inaffidabili. Giornali come il Daily NK, spesso citato in numerosi articoli come fonte affidabile, in realtà più volte ha “toppato” nel descrivere i fatti all’interno della politica della Corea del Nord.
Chi si ricorda oggi dell’allora citatissimo Alejandro Cao de Benós, ritenuta la fonte occidentale più sicura sulla famiglia Kim quando, il 18 settembre 2011, inviò un’acida lettera di risentimento a El Mundo accusato di pubblicare false notizie sulla famiglia Kim perché aveva indicato Kim Jong Un come probabile successore di Kim Jong Il? L’inossidabile Alejandro scrisse che Kim Jong Un
è un perfetto sconosciuto sia per la popolazione sia per le autorità della Corea del Nord. In 18 anni di lavoro non ho mai visto una sua foto e letto un libro su di lui. Se esistesse, non sarebbe mai accettato dal popolo e dall’esercito. I due leader (Kim Jong Il e Kim Il Sung, ndr) sono tali perché hanno lottato per la liberazione e per il socialismo con i fucili in mano dalla loro infanzia, e per questo sono riconosciuti come tali.
Meno di tre mesi dopo Kim Jong Un venne salutato come il Grande Leader della Corea del Nord.
Alla luce di tutti questi fatti, l’unica cosa di cui siamo sicuri della salute di Kim Jong Un è una sola: nessuno, tranne i componenti delle organizzazioni che sono al vertice del paese, prima fra tutte la Commissione degli affari di stato, sa con esattezza quale sia il fato del leader nordcoreano.
Quindi, keep calm, stiamo comodi e aspettiamo.

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