Venezia domani. Video-intervista con Gianni De Checchi, Confartigianato

Il presidente di una delle più importanti associazioni di categoria veneziane offre il suo punto di vista da un osservatorio privilegiato sui cambiamenti che vive la città nell’epoca del coronavirus e che ne influenzeranno notevolmente il futuro, nel breve e nel medio-lungo termine.
GIOVANNI LEONE
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In quest’intervista video, Gianni De Checchi, presidente di Confartigianato Venezia, la maggiore associazione di categoria, offre un punto di vista da un osservatorio privilegiato sui cambiamenti che vive Venezia nell’epoca del coronavirus e che ne influenzeranno notevolmente il futuro, nel breve e nel medio-lungo termine. Questa conversazione, suddivisa in sezioni tematiche, è la seconda di una serie, con operatori ed esponenti del mondo dell’accoglienza veneziano.

1 Come immaginate il domani che è già oggi e il domani che seguirà? Quale direzione bisognerebbe prendere? Puntare a ripristinare la situazione precedente? Correggere il tiro? Avviare un deciso cambio di rotta?
Abbiamo davanti due scalini, quello immediato e il successivo, ed è importante averlo presente. Prepararsi a fare il primo è molto difficile, insidioso, poco chiaro e trasparente, complicato, perché è giusto consentire un’apertura per gradi in questa prima fase, ma a condizioni fattibili. Tutti gli esercizi teorici a cui abbiamo assistito, da parte di regioni ecc. preoccupano più che stare fermi. Il futuro immediato è già abbastanza difficile, figuriamoci il successivo ed è chiaro che lo vorremmo diverso dal passato. Come non condividere il dibattito pubblico? Come si fa a non esser d’accordo con tutto il buonismo che imperversa nella nostra città oggi. Ripresa dell’artigianato, del bello, della cultura… c’è qualcuno che non è favorevole a questo mare magnum di ovvietà? Perfino il sindaco si è palesato negli ultimi tempi, lanciando proposte mai sentite negli ultimi 5 anni. Mettiamo da parte il passato e guardiamo avanti. La mia domanda è: chi lo realizza? Quale classe dirigente? Nuovo progetto richiede nuova classe dirigente! Se siamo al punto in cui siamo vuol dire che la classe dirigente non si è rivelata all’altezza.


2 Torniamo al concreto. Voi avrete studiato, raccolto dati, fatto analisi e proiezioni, definito simulazioni, scenari, pre-figurazioni. Come si riparte con quest’assenza di risorse? L’artigianato a Venezia ha sempre avuto un ruolo fondamentale, perché non si riesce a tutelare il made in Venice e a valorizzare la produzione locale arginando il dilagare di chincaglieria di infima qualità vanificando un lavoro di secoli? Questo riguarda la classe dirigente ma forse anche tutti noi, e le categorie che hanno tentato di raccogliere quest’opportunità di vantaggi immediati da parte del turismo, trascurando che sulla lunga durata i rischi superavano i vantaggi.
Il turismo è stato una benedizione all’inizio, non dimentichiamo che Venezia fino agli anni Settanta era povera e il turismo ha aiutato a superare la china socio-economica. Poi c’è stata semplificazione ed egoismo. Di fronte alle difficoltà di guadagnare attraverso la formazione, la preparazione, la cultura del fare, che richiede un impegno prolungato e costante ma offre risultati più duraturi, ha prevalso il guadagno facile e rapido. Il problema non è il turismo ma il modo di gestirlo come attività totalizzante fino a farne una industria insalubre. Come sarà il futuro? Impossibile a dirsi. Noi siamo impegnati nel presente, come saranno i prossimi quattro-cinque giorni, non c’è tempo per statistiche. Dobbiamo sostenere chi non riesce a pagare l’affitto. Molti vedono la riapertura come il traguardo senza rendersi conto che per molti durerà qualche settimana, ma poi non riusciranno a far fronte alle spese. Non aiuta la confusione creata dalla politica, non c’è un virus di destra, uno di sinistra e uno con 5 stelle. Quando vedo questi giochetti sulla pelle della gente rabbrividisco. C’è disorientamento delle persone che non sanno se devono rispettare il metro di distanza del presidente Conte o i due metri del presidente Zaia.


3 Non parliamo delle mascherine, di cui s’ignorano le corrette istruzioni per l’uso. Torniamo al piano della politica, al contributo che può arrivare dal soggetto pubblico ai diversi livelli (statale, regionale, comunale). Più che rivendicare autonomia – come si è sentito da più parti in questi giorni – la confusione e le contraddizioni nella gestione dell’emergenza fa temere per una concessione non ponderata di autonomia, per quanto – oltre che rifondare la classe politica – c’è comunque da provvedere a una riforma dell’articolazione dell’architettura istituzionale che oggi appare inadeguata.
Sono contento di essere in Veneto dove l’emergenza è stata gestita meglio, non per merito della politica ma sotto il profilo tecnico-specialistico. L’autonomia corre il rischio di generare confusione. Deve prevalere il senso del coordinamento, con spirito unitario. E non deve mai prevalere la politica come competizione sulle esigenze della collettività. La gente oggi è più informata e attenta, la politica rischia di essere punita. La gente i giochetti li capisce e la gente premia serietà e trasparenza.


4 Mi piacerebbe riporre la stessa sua fiducia in questo soggetto astratto che è la gente, perché in realtà la classe dirigente che abbiamo di cui parlavamo è quella che tutti noi siamo riusciti a esprimere. Siamo diventati tutti aggressivi, abbiamo perso la capacità di ascoltare. Non c’è più cultura dell’incontro e prevale lo spirito di divisione come nel recente referendum che è stato l’occasione per spostare l’attenzione dalla città insulare sulla quale noi tutti finiamo per concentrarci. Il referendum era l’occasione per riflettere su una diversa articolazione dell’architettura delle istituzioni locali a partire da quella che è forse l’occasione perduta: la città metropolitana.
Questo è stato evidente nel referendum, dove i due schieramenti si parlavano tra loro senza dialogare con l’altro. Frankenstein è un soggetto che esiste solo nella letteratura, è un’elaborazione fantastica, e con la fantasia noi possiamo decidere di diventare di tutto. La città metropolitana è stata un’elaborazione di ingegneria istituzionale, una fusione a freddo come questa genera un fantasma, un soggetto che non è mai riuscito a esistere. È una cosa mai sentita dalla gente, se non per quello che faceva la provincia, le scuole le strade ecc. Senonché la provincia prima aveva una sua struttura organizzativa che oggi manca. La città metropolitana non è utile, non interessa a nessuno e non serve proprio a niente, quello che serve sono ben altre cose.

5 A proposito di ambito, andiamo al perimetro della vostra associazione: che peso hanno al vostro interno le aziende dell’ambito lagunare e di terraferma? Come siete collocati nel territorio?
Siamo un’associazione presente in tutti i principali comuni della nostra ex provincia. Siamo radicati nel territorio grazie alle numerose associazioni locali. Ciascuno delle associazioni è autonoma e aderisce alla Confartigianato provinciale (anzi no, scusi, metropolitana) che a sua volta aderisce a quella nazionale. Bisogna fare una riflessione sul perimetro ex-provinciale oggi metropolitano che è composito e inadeguato, troppo allungata, ed è difficile pensare ad aspetti comuni ad aree prossime a una regione a statuto speciale come il Friuli Venezia Giulia e poi a Burano.

6 Cosa sentite di chiedere allo Stato, alla Regione, alla città metropolitana (anche se abbiamo detto che è un po’ l’isola che non c’è), al Comune? Come possono concretamente a livello legislativo, operativo? Accennavamo a questa cosa del marchio, è mai possibile che non si riesca ad avere un riconoscimento della peculiarità della produzione veneziana?
Allo Stato bisogna chiedere soldi. Il maquillage, il gioco di prestigio fatto con questo decreto liquidità dove lo stato non ha messo una lira e ha buttato la palla in tribuna per consentire alle aziende di indebitarsi per pagare le tasse e uscire dalla crisi è veramente impresentabile. Lo sforzo da fare è mettere liquidità vera, risorse vere, reali, fresche. A livello di regione chiedo di coordinarsi con il governo pretendendo che faccia bene, in modo tale da assicurarsi un contesto unitario per presentarsi alla fase due, unitario non vuol dire non uguale ma equa e unitaria. Il comune di Venezia ha dilazionato l’IMU e l’ICI da pagare. In cinque anni per l’artigianato è stato fatto poco o niente per questo settore che è uno dei più importanti dell’economia cittadina, in cinque anni noi non abbiamo mai avuto un incontro ufficiale con il sindaco. Spero che dopo le elezioni ci sarà più attenzione nei confronti dell’artigianato.


7 Andiamo anche sul piano pratico. Sto pensando alla bolla immobiliare che è stata lasciata gonfiare a Venezia in modo incontrollato e irresponsabile. Lei parlava della contrattazione in corso con le proprietà di fondi che ospitano aziende artigianali, ecc. Ho sentito da altre fonti che nella contrattazione alcuni privati non vogliono sentirne. Il comune si è fatto parte attiva per creare sinergia? Anche immettendo sul mercato quelli che sono i propri beni non utilizzati? Oppure intervenendo con la Biennale (nel cui C.d.A. siede il Sindaco) per frenare l’espansione incontrollata del mercato di spazi per padiglioni?
Il privato faticano ma cercano di trovare un accordo, su questo fronte non sta andando malissimo. Chi manca completamente all’appello sono gli enti pubblici e in particolare gli enti benefici (IRE, Elemosiniere, Opera Pia, ecc.). Il Comune non ne ha moltissimi ha più che altro abitazioni, ma ne ha comunque diversi. Noi abbiamo provato a sollecitare ma ci siamo scontrati con muri di gomma su cui siamo rimbalzati. Il Comune da parte sua sostiene che se si toglie l’affitto si provoca un danno erariale e per questo abbiamo suggerito ai nostri soci di non pagare. Questo è un problema circoscritto a Venezia e non di altri comuni della provincia che un patrimonio consistente in possesso di questi enti pubblici. Da un amministratore di uno dei più importanti di questi enti mi sono sentito rispondere, affronteremo questo problema alla fine della crisi, affermazione che si commenta da sé.


Avrei voluto chiudere con una positiva ma questa notizia che lei mi ha dato e che non avrei immaginato è invece triste, e anzi indigna.
Se vuole una notizia positiva posso darla ed è che sta nascendo un gruppo di aziende che si raccolgono dando vita a una rete per affrontare questa emergenza, anche finalizzando nuovi tipi di produzione, offrendosi servizi reciprocamente ma anche offrendoli ad altri.


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Venezia domani. Video-intervista con Gianni De Checchi, Confartigianato ultima modifica: 2020-04-28T20:15:20+02:00 da GIOVANNI LEONE
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