Il direttore della Iata, Monsieur Alexander de Juniac, l’altro ieri, sulle pagine di flightglobal.com, ha lanciato l’allarme per le misure imposte alle compagnie aeree a causa del coronavirus: “è molto chiaro che se viene imposto il distanziamento sociale all’interno dell’aeromobile, questo neutralizzerà un’enorme proporzione di posti – almeno un terzo – per gli aerei a corto e medio raggio”.
L’ex amministratore delegato di Air France-Klm ha osservato anche che i fattori di carico in pareggio sulle rotte a corto raggio sono in genere intorno al 70-75 per cento – “un obiettivo irraggiungibile nel caso in cui i requisiti di distanza sociale significhino, ad esempio, che i vettori debbano lasciare ogni posto intermedio vuoto in una formazione 3-3”.
Di conseguenza, spiega de Juniac, “se vendi il biglietto allo stesso prezzo medio di prima, perdi un’enorme quantità di denaro”. Descrive questa situazione come “impossibile” per qualsiasi compagnia aerea, “in particolare per i vettori low cost”.
La soluzione per mantenere un minimo profitto per le compagnie aeree, suggerisce de Juniac, sarebbe di aumentare il prezzo minimo dei biglietti del cinquanta per cento: la conseguenza, afferma il direttore della Iata è che “se viene imposto il distanziamento sociale, i viaggi low cost sono finiti”.
In questo mondo alla rovescia del coronavirus, c’è l’incredibile totale sintonia nelle posizioni contro il distanziamento sociale a bordo degli aerei tra Monsieur Alexander de Juniac, direttore generale della Iata, un’associazione delle compagnie aeree con settantacinque anni di storia, e il funambolico Michael O’Leary di Ryanair.

In un’intervista del 22 aprile al Financial Times, Michael O’Leary annunciava che la compagnia aerea low cost irlandese non tornerebbe a volare qualora i governi decidessero di prolungare le misure di distanziamento sociale limitando i posti vendibili all’interno degli aerei.
Ha dichiarato infatti che Ryanair ha già avvisato il governo irlandese che se dovesse imporre tale regola, “o il governo paga per il posto intermedio o non voleremo”:
Non possiamo guadagnare denaro con solo il 66 per cento dei posti installati vendibili. Anche se lo fai, il posto intermedio non fornisce alcun distanziamento sociale, quindi è una specie d’idea idiota che non ottiene comunque nulla.
O’Leary ritiene che Ryanair possa riprendere l’80 per cento dell’operatività del network entro settembre, a condizione che i voli in Europa possano ripartire in modo regolare da inizio luglio. Secondo le sue tempistiche, stima che Ryanair effettuerà il quaranta per cento dei suoi voli a luglio, con un coefficiente di riempimento dal cinquanta al sessanta per cento.
Aumenterebbe quindi la capacità al 60 per cento in agosto e all’80 per cento il mese successivo, prima di procedere con la riduzione dell’operativo, solitamente al 60 per cento con l’entrata in vigore dell’orario invernale, dove c’è una naturale discesa della domanda.
L’amministratore delegato della compagnia irlandese ha anche affermato che i piani verrebbero vanificati se si continuasse con “alcune misure di allontanamento sociale – del tutto inefficaci – come avere posti a sedere vuoti alternati” perché se un terzo dei posti a bordo degli aeromobili non può essere utilizzato Ryanair non tornerà a volare. Ryanair ha sospeso dal 10 marzo la quasi totalità dei suoi voli.
Le compagnie di bandiera europee, continuando invece a effettuare pochi ma importantissimi collegamenti, sono costrette a implementare politiche non omogenee di distanziamento sociale a bordo degli aeroplani. Le soluzioni sono molto differenti: alcune compagnie come Belavia in Europa e la maggior parte delle compagnie statunitensi non adottano alcun tipo di distanziamento, occupando tutti i posti presenti a bordo.
Altre invece applicano misure di distanziamento intermedio – adottate da Lufthansa, British Airways e Emirates – dove si alterna un sedile vuoto a uno occupato da un passeggero, consentendo comunque la prossimità a passeggeri appartenenti allo stesso nucleo familiare.

Su aerei di medio raggio come gli Airbus 320 questo significa volare con solamente il 66 per cento dei posti a disposizione.
All’altro estremo c’è Alitalia, che adotta una politica simile nei voli nazionali, ma in quelli internazionali continentali che rientrano in Italia utilizza solamente due posti per fila dei sei disponibili, volando con solo il 33 per cento della capacità degli aeromobili della famiglia A320. Una situazione economicamente insostenibile.
Tra le misure adottate da Alitalia c’è la misurazione della temperatura prima dell’imbarco e la distribuzione di mascherine chirurgiche a tutti i passeggeri. Inoltre, l’imbarco e lo sbarco dei passeggeri viene effettuato facendo rispettare delle distanze di sicurezza in modo da evitare assembramenti all’interno dell’aereo.
È evidente che queste misure di distanziamento a bordo degli aerei, molto disomogenee, come ha sottolineato la Iata, sono insostenibili da un punto di visto economico a meno di un aumento del 50 per cento dei prezzi dei biglietti.
In questo momento di transizione, da un lockdown a una parziale riapertura alle attività economiche, il distanziamento sociale è uno degli indicatori chiave delle misure ancora in essere dettate dal coronavirus.
La capacità del settore aereo di tornare alla “normalità” è quindi indissolubilmente legata alla sua applicazione. Le preoccupazioni delle persone riguardo un possibile contagio iniziano nel momento in cui escono dai loro luoghi di isolamento.
Anche se le compagnie aeree riuscissero miracolosamente – e proficuamente – a creare oasi di viaggio a rischio zero a bordo dei loro aerei, ciò non cambierebbe il fatto che le restrizioni di distanza sociale potrebbero essere in atto per i viaggiatori in ogni altra fase dei loro viaggi. Fino a quando tali restrizioni saranno in vigore, sia legalmente applicate sia attraverso consigli espressamente formulati, è probabile che la domanda di trasporto aereo rimanga molto bassa.
E in termini di praticità relative al distanziamento sociale sui voli, una rapida valutazione dell’applicazione di uno spazio di due metri tra i passeggeri indica che una persona, in una tipica cabina di classe economica, avrebbe bisogno di una decina di posti vuoti verso l’alto. Questo prima di considerare l’impatto dell’equipaggio e dei passeggeri che si muovono attorno all’aeromobile.

Il concetto di “posto intermedio vuoto” è quindi completamente inutile nel contenere efficacemente il contagio a bordo degli aerei.
Tutto ciò non significa che le compagnie aeree dovrebbero entrare in un periodo di recupero come se nulla fosse cambiato. Devono dimostrare di fare tutto il possibile per ridurre il rischio di infezione durante i voli, nei limiti del mantenimento di attività redditizie.
Avere un equipaggio ben addestrato, aeromobili puliti e un adeguato servizio di bordo sarà importante. Misure più ampie introdotte negli aeroporti e dagli organismi di regolamentazione saranno aggiunte al mix.
Sarà anche possibile, all’inizio della ripresa, che i posti intermedi rimangano vuoti, semplicemente perché meno persone stanno volando. Ma i vettori non devono erroneamente affermare che tale approccio sia guidato dalla scienza medica o che sia sostenibile, se le persone vogliono viaggiare in aereo a basso costo.
In definitiva, le compagnie aeree devono sperare in uno scenario in cui, per qualsiasi motivo, i requisiti e gli istinti di distanziamento sociale della popolazione diminuiranno nei prossimi mesi – probabilmente con qualche singhiozzo lungo la strada – al punto in cui i fattori di carico maggiori del 70 per cento saranno realizzabili il prima possibile.

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