La Germania con ottanta milioni di abitanti conta circa 160.000 casi di coronavirus conclamati e “soli” 6.500 morti rispetto ai 200.000 casi registrati in Italia (che conta sessanta milioni di abitanti) e quasi 30.000 morti. Si sono fatte tante congetture sul motivo di questa abissale differenza, ma il comun denominatore di tale successo ha un nome e cognome: Angela Merkel. Non sono mai stato un fan della politica della Merkel, ma in questo caso devo dire di essere stato positivamente colpito da come la cancelliera sia riuscita a guidare il proprio paese.
Forse mi sbaglio, ma intravedo nella gestione dell’attuale emergenza ora più che mai la formazione scolastica e l’esperienza lavorativa avuta dalla Merkel nella defunta Germania dell’Est.
Laureata in fisica all’università Karl Marx di Lipsia, l’allora ventiquattrenne Merkel conseguì un dottorato in chimica quantistica lavorando all’istituto di chimica-fisica dell’Accademia delle Scienze di Berlino. Nel 1989, a differenza di molti suoi connazionali, non partecipò ai festeggiamenti per la caduta del muro, ma subito dopo iniziò a frequentare movimenti di ispirazione democratica e a intraprendere i suoi primi passi nella politica, sino a diventare ministro dell’ambiente e della sicurezza nucleare nel governo Kohl.

Da politica, la Merkel non ha mai lasciato l’amore per la scienza, anche perché ha con essa un contatto quotidiano, dato che il marito è professore di chimica. E la sua stessa politica è intrisa di metodo sistematico: lavora scientificamente portando la scienza nella politica (senza con questo farsene comandare) e prima di prendere decisioni si consulta con gli esperti (quelli veri).
È lo stesso metodo che ha utilizzato per confrontarsi col Covid-19 ed è stato un innegabile successo. Prima dell’arrivo in Germania del Sars-CoV-2 la carriera della Merkel era sull’orlo della catastrofe ed erano in molti a darla per spacciata. Il virus, a differenza di altri suoi colleghi, l’ha riabilitata non solo agli occhi dei tedeschi, ma anche del mondo.
Al successo indiscusso della politica della Merkel hanno giocato diversi fattori: un sistema sanitario efficiente che non ha subito martiri e tagli pubblici causati da scelte scellerate, la decisione di effettuare test virali e, per i soggetti ritenuti a rischio, un sistema di tracciamento dati. Infine, la Germania è stata in un certo senso favorita nella gestione dell’emergenza grazie all’età più giovane dei soggetti colpiti dal Sars-CoV-2 rispetto ad altri paesi.
Ma al di sopra di tutto questo c’è stato lo stretto contatto voluto con forza dalla Merkel in persona con le istituzioni scientifiche e i centri di ricerca del paese. Un contatto sommesso e poco manifesto, ma decisivo nell’efficiente politica di contrasto al Sars-CoV-2. Non troveremo mai tra le istituzioni tedesche i proclami altisonanti autocelebrativi e da primato mondiale che abbiamo sentito in Italia. In Germania lavorano. E devo dire che lavorano bene.
La Merkel ha portato nel suo governo il sistema di fare politica imparato durante la gioventù nella Repubblica Democratica: si è circondata di pochi, ma autorevoli esperti che parlano poco, ma dicono e fanno molto. Una differenza sostanziale da quanto vediamo in Italia, dove in ogni trasmissione vediamo miriadi di personaggi, politici, comici, massaie, medici, infermieri di cui non si capisce bene il ruolo e l’esperienza e che si contraddicono continuamente a vicenda, così da giocare allo sport mediatico preferito: parlare tanto per far capire poco o nulla.
Il risultato è che i tedeschi hanno acquistato fiducia nella politica e nella scienza e seguono diligentemente (senza con questo rinunciare alle critiche) le direttive della Merkel.

Alle battutine puerili e sterili lanciatele dai vari politucoli italiani (pressoché tutti), la Merkel ha sempre preferito non rispondere per lavorare onestamente (a volte riuscendovi, altre no) per il proprio paese, portando la politica a collaborare con la scienza senza però che questa prevaricasse sulla prima. Un gioco da equilibrista imparato dalla sua gioventù nella Germania dell’Est.
Dobbiamo riconoscere che la Germania è riuscita a diventare il paese che è diventato nonostante sia uscita letteralmente devastata e umiliata dalle due guerre mondiali. Era il paese più povero dell’Europa; in pochi decenni è riuscita a rinascere e a trasformarsi in uno dei paesi più ricchi e potenti del mondo. Non è solo merito dei tedeschi, ma è in gran parte merito loro. Noi abbiamo seguito il percorso inverso e oggi, non sapendo a chi dare la colpa della nostra miseria, incolpiamo chi ha avuto più successo di noi.
E ora continuiamo pure a darci le pacche sulle spalle facendo finta di credere che “meglio di noi italiani nessuno” e di avere il sistema sanitario migliore al mondo.
Siamo rimasti solo noi a crederlo. E neppure tutti, ormai.

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