Venezia. Un pilota di vaporetto racconta

Muoversi con un mezzo pubblico in laguna sarà un gesto che richiederà sempre più attenzione. Come si realizza infatti il distanziamento sociale a bordo di un vaporetto o di un autobus? Una nuova normalità per una città dove questi mezzi rappresentano anche un’esperienza sociale particolare.
ALBERTO CANCIAN
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A Venezia l’esperienza sociale del muoversi col vaporetto (oppure bus più vaporetto) è un aspetto molto importante. Nella città lagunare il mezzo pubblico è il prolungamento naturale della vita di tutti i giorni tra le calli e i campielli. Oggi, anche i gesti che compivamo per salire e scendere assumeranno – e già assumono – un significato diverso. A cui dovremo abituarci. Benvenuti nella nuova normalità!

Quel che facevamo senza pensare, dovrà diventare un gesto ragionato. La spensieratezza che avevamo nel prendere il vaporetto è certo che cambierà. Ho sempre pensato che prendere il vaporetto fosse come partecipare a una sorta di sfilata di moda. Non scherzo. Sì, proprio una sfilata di moda. Avete mai fatto caso al comportamento di uomini o donne prima di arrivare a un qualsiasi capolinea? Ci si alza sempre qualche minuto prima di arrivare per sfilare davanti a tutti perché tutti devono vedere il tuo ultimo paio di scarpe, la tua borsetta, la tua acconciatura, il tuo profumo.

Adesso non è così perché chi ti guarda ti teme. Perché potresti essere contagiato e contagioso. Perché dobbiamo distanziarci socialmente. Perché è previsto dal protocollo di sicurezza del dpcm – il decreto del presidente del consiglio dei ministri – parola nuova da molti appresa in tempi bui di Covid-19. 

Già, proprio i dpcm. Anche l’Actv, l’azienda del trasporto pubblico veneziano, ha adeguato i propri servizi ai vari decreti che si sono succeduti nel tempo. Durante la fase uno i mezzi in circolazione erano circa il 40 per cento. Su una flotta di circa centosessanta mezzi acquei e seicento mezzi su gomma. Una scelta necessaria per soddisfare il regime dei servizi minimi essenziali.

Adesso, invece, in piena fase due sono stati aggiunti nuovi servizi perché il decreto parla di “servizi necessari alla cittadinanza”. Ma cosa significa necessari? Considerato i rischi del droplet – il termine utilizzato in campo epidemico per descrivere la saliva nebulizzata – a bordo dei mezzi possono salire solo pochi eletti. Con le risorse a disposizione il parco mezzi acquei riesce a soddisfare il fabbisogno quotidiano di ogni cittadino? Sembra proprio di no. 

Perché chi resta a terra non è mai contento. Perché il mezzo successivo prevede un’attesa che può andare da venti minuti a un’ora. Come nel caso della linea 5.1 o 5.2. Qui vengono previste corse bis. Ma tutto dipende dal personale a disposizione.

Ci sarebbe quindi bisogno di fondi per assicurare un servizio regolare. Adesso arriva la stagione calda e tutti vogliono uscire o magari andare in spiaggia. E a questo punto il trasporto potrebbe davvero rischiare il collasso.

Il pilota nella foto è Alberto Cancian

Quali soluzioni? Innanzitutto dovrebbe essere riconosciuta la specificità del trasporto pubblico lagunare attraverso un fondo che sia in grado di offrire un servizio pubblico sufficiente. Ma soprattutto degno del nome della città di Venezia. Almeno fino a quando non tornano i turisti.

Però bisogna anche che l’attuale e le prossime amministrazioni comunali inizino a pensare a politiche non solo rivolte al turismo ma a sostegno della popolazione. Per favorire il ritorno dei cittadini nelle case vuote del centro storico e della terraferma. Cittadini che sono la linfa vitale di questa città. Cittadini che rimettano in moto un altro tipo di economia che sia complementare a quella turistica.

Certo Venezia è di tutti e tutti hanno diritto di visitarla, ma non con i ritmi e con i numeri che tutti conosciamo. E che ne hanno distrutto il tessuto sociale. L’abbiamo visto anche in questi mesi.

Un periodo in cui abbiamo però anche goduto della bellezza della laguna semideserta e priva di moto ondoso. E delle calli vuote. Una bellezza che mette però anche molta paura. Ci fa sentire più soli. Perché anche le imprecazioni di cittadini residenti o pendolari contro i turisti che stanno sempre in mezzo ai piedi, che non si spostano, con quelle valige (come se solo a Venezia si arrivasse con le valige) ci mancano un po’. Anzi abbastanza, perché anche l’incontro-scontro col turista rientra nell’esperienza sociale di prendere il mezzo pubblico a Venezia.

Questo dovrebbe averci insegnato qualcosa per quella che sarà la nuova normalità che dovremo costruirci. La nuova normalità che dovrà essere ancora quell’esperienza sociale che, in fin dei conti si prova solo a Venezia scendendo dall’autobus o dal treno e salendo a bordo di un vaporetto.

Dove ci sarà sempre qualcuno che ti inviterà a fare attenzione al passo e di andare avanti in cabina. Perché in fin dei conti è proprio questa la normalità di cui abbiamo bisogno.

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Venezia. Un pilota di vaporetto racconta ultima modifica: 2020-05-08T19:34:35+02:00 da ALBERTO CANCIAN
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