Quarant’anni: tanto è il tempo che separa la nascita di Franco Baresi, leggendario capitano del Milan di Sacchi e Capello, da quella di Sandro Tonali, giovane promessa del Brescia che alcuni osservatori paragonano a Pirlo e che per questo è già finito nel mirino dei club più prestigiosi d’Italia e d’Europa. Nati entrambi l’8 maggio, l’uno a Travagliato, in provincia di Brescia, l’altro a Lodi, sono solo due degli infiniti frutti prodotti dalla fucina lombarda che annovera tra le proprie file lo stesso Pirlo, Trapattoni, Paolo Maldini, Scirea e molti altri ancora.

Di Baresi sappiamo tutto: la sua maglia numero 6, che il Milan ha ritirato per eternarne il ricordo, la sua classe cristallina, il suo essere stato uno dei tre liberi più forti di tutti i tempi (gli altri due sono stati Beckenbauer e Scirea), la sua autorevolezza nel comandare la difesa rossonera, la messe di trofei che ha sollevato in carriera, alcune sfide leggendarie come la vendemmia dell’aprile ’89 contro il Real Madrid o il 4 a 0 inflitto un mese dopo alla Steaua Bucarest, la rottura del menisco ai Mondiali americani del ’94, il ritorno in campo dopo appena un mese, l’errore dal dischetto nella finale di Pasadena, il lento ma inesorabile declino e la tragica stagione conclusiva di una carriera che avrebbe meritato ben altro finale, culminata, il 6 aprile del ’97, con l’1 a 6 casalingo subito ad opera della Juventus.
Di Tonali sappiamo assai meno, se non che Juve e Inter se lo contendono a suon di milioni e che, con ogni probabilità, sarà uno dei perni del centrocampo azzurro nei prossimi dieci-quindici anni. Fatto sta che questo ventenne di belle speranze sembra davvero un predestinato: la maturità con cui gioca e si comporta ogni giorno dà l’impressione di un talento completo e già pronto per il decollo. Ora bisogna lasciarlo crescere, evitare confronti che non siano scherzosi come quello di quest’articolo, dovuto unicamente alla coincidenza della data di nascita, e non gettargli la croce addosso al primo errore, dovendo già fare i conti con un presidente vulcanico come Cellino e con le conseguenze che il coronavirus ha e avrà nei prossimi mesi sull’intero mondo del calcio.

La certezza è che di Baresi non ce ne dimenticheremo mai, di Tonali ne sentiremo parlare ancora a lungo.
Ad accomunarli, in conclusione, c’è anche la sobrietà: innata in entrambi i casi, figlia di un modo di intendere il calcio e la vita che ha nella pacatezza la propria virtù distintiva.
Quarant’anni e un destino. Sotto il segno dell’8 maggio e di una passione genuina, tipica dei campioni d’altri tempi, che probabilmente è la ragione per cui, nonostante tutto, amiamo ancora quel pallone che rotola.

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