Mia suocera (la prima suocera di Adriana ndr) è l’unica persona che mi ha fatto mangiare la gallina in brodo con il ripieno, che fa parte dei cibi che ci accarezzano, ci tranquillizzano, ci fanno ritornare alla civiltà contadina da cui noi, quasi tutti, veniamo. Curiosamente, nel più importante libro della cucina regionale italiana c’è una sola gallina in brodo con ripieno, ed è lombarda, con verdure (verza), pancetta, formaggio e uova. In ogni caso dovete procurarvi una gallina cresciuta all’aperto con cibi naturali.
La ricetta di cui vi parlo oggi è, direi, più raffinata. Il ripieno è fatto con un trito delle interiora (durello, fegato, cuore), cui si aggiunge un po’ di salame (una fetta grossa basterà, circa mezzo etto, preferibilmente di salame veneto fresco, un po’ grasso), un trito di aglio (poco) e prezzemolo, uvetta (precedentemente ammorbidita in acqua tiepida), pinoli tritati grossolanamente, noce moscata. Si aggiunge del pane bagnato nel latte e strizzato, un uovo intero. Si impasta omogeneamente il tutto, se troppo morbido si può aggiungere del pangrattato, e il sale quanto basta.
Con questo composto si farcisce la gallina, si cuciono le due estremità con del filo e si fa bollire con le solite verdure.
Per servirla, togliere i fili, tagliarla in quattro pezzi almeno, togliere il ripieno e affettarlo, disponendolo sul piatto di portata insieme ai quarti di gallina.
A questo punto c’è chi pretende che una gallina ripiena vada servita disossata. Personalmente non ho una pretesa di questo genere, sono portate che si servivano nelle cucine dei contadini il giorno di festa, con le erbette lessate e ripassate. Non erano le ossa a creare problemi. Lo capirei invece se sulla gallina (o sulla tacchinella) versassi una besciamella ai tartufi. I signori non devono scomodarsi a togliere le ossa, che stonano con il morbido della béchamel.
Disossata prima o dopo la cottura? Naturalmente prima, a togliere le ossa dopo sono buoni tutti! Se così dev’essere, vi dirò come si fa.

COME SI DISOSSA IL POLLAME
Non è difficile né particolarmente lungo; richiede solo un po’ di pazienza e interesse per ciò che si sta facendo, un coltello tagliente con lama flessibile non più lunga di 16 cm. (che poi andrà bene anche per sfilettare pesci), e l’uso delle dita (serve a staccare la carne dalle ossa, specie le piccole, lungo i cosiddetti piani di clivaggio). È evidente che imparato a disossare un pollo, qualunque volatile da cortile, beneficerà della stessa tecnica.
Serve un buon tagliere in legno, o altro materiale, di dimensione tale che contenga l’animale tutto. Spero che dirlo sia pleonastico, ma troppe volte nelle case attuali, trovo taglieri che vanno bene per le bambole, non per preparare la cena.
Ponete l’animale con il petto rivolto verso il basso, e praticate una incisione partendo subito a lato del moncone del collo e correndo verso il basso rimanendo al centro del dorso. Scegliete di lavorare prima su di un lato e poi sull’altro. Inserite la punta del coltello sotto il taglio eseguito e rimanendo ben aderenti alla superficie ossea seguitene la curvatura, aiutandovi tenendo alzata la pelle con l’altra mano. Scalcate fino a metà pollo verso il basso, poi affrontate la metà controlaterale. Questo perché avete due ostacoli da superare: Il primo è la forcella che è proprio in centro sotto il collo: Per vederla meglio rivolgete verso di voi il moncone del collo. Per staccarla potete fare anche con le dita, spostando con l’unghia la carne fino a scarnificarla tutta. Aiutatevi con piccoli colpi del coltello.
Poi scendendo verso il petto trovate l’inserzione dell’ala al torace. Muovete l’ala con la mano, forzandola, e vedrete comparire la loggia articolare con dei filamenti bianchi: sono i tendini che la tengono in sede. Tagliateli e l’ala si staccherà. Non occupatevene ora, ma continuate a scendere sempre continuando ad alzare la carne, lungo la rotondità dell’animale e staccherete tutto il petto. Qui dovete stare attenti perché la direzione di taglio cambia perché lo sterno scende in verticale. E non dovete tagliare la pelle. Il modo migliore è, completati i lati, rovesciare la bestia e tagliare lungo il bordo dello sterno con la lama leggermente ruotata verso l’osso.
Ora cominciate a fare lo stesso lavoro, sempre con il coltello adeso alla superficie ossea, nella metà inferiore e troverete subito l’articolazione della coscia: muovetela per disarticolarla e tagliatene i tendini. Quella che ora ho chiamato coscia (perché è sostenuta dal femore), il pollivendolo la chiama sovracoscia, mentre ciò che noi chiediamo in macelleria come coscia di pollo è in realtà la nostra gamba con tibia e perone. Bene a questo punto, liberata anche l’articolazione “coxo-femorale” non vi resta che finire il giro. Tenete presente che i due petti sono tenuti insieme solo da un lembo di pelle.
Ora il pollo è totalmente staccato dalla carcassa. È facile con il coltello strisciare lungo la rete dell’omero (ala), e del femore e della tibia. Ricordatevi che c’è anche il perone che si presenta come una lunga spina adesso al lato della tibia.
Non è semplice descrivere una operazione del genere. Un valido aiuto lo si può trovare in un sito Internet (Come disossare un pollo – Wiki How) che mi pare chiaro e simile a quanto ho descritto.
A lavoro completato, disponete la carne con la pelle di sotto e farcitelo a piacere. Se avete preparato la farcia sopra descritta, che ha un volume consistente, non c’è problema in quanto il vostro ripieno prenderà il posto della gabbia toracica e del volume addominale che non esistono più. Prendete la pelle destra e sinistra, avvicinandole come a ricomporre la forma originaria del pollo. Potete pinzare i due lembi con volgari mollette da bucato per mantenere temporaneamente la posizione. A questo punto sostituite le mollette eseguendo, con un ago grosso e un filo da cucito consistente, una sutura dal petto all’addome, avendo cura per ogni lato di prendere oltre alla pelle un po’ di polpa muscolare. Vi sentirete dei chirurghi!
la serie #ricetteanticrisi
è illustrata dall’artista Olimpia Biasi


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