Nubi sulla gestione dell’emergenza a Marghera

Nessuno ha la bacchetta magica per eliminare gli incidenti, ma una sana comunicazione, rapida, efficace e certa può limitare i danni o, almeno, dare sicurezza ai cittadini. Cosa che non è avvenuta l’altro giorno. Buttati all’aria vent’anni di esperienza nel settore dell’informazione di Protezione civile.
ENZO BON
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“C’è una colonna di fumo nero a Marghera”. È questo il primo avviso che, alle 10:15 circa di venerdì 15 maggio, ricevo da un’amica che sta parlando con me in videoconferenza. Fumo nero, denso, brutto segnale; mi manda anche una foto. Chiamo immediatamente mia figlia, che abita a Casier, in provincia di Treviso. Il fumo ci mette un attimo, se tira il vento giusto, ad arrivare. Le dico che non so cosa stia bruciando, ma è meglio che rientri subito dalla passeggiata che sta facendo con la piccola Emma. Come sempre, in questi casi, deve prevalere il principio di massima sicurezza.

Tecnicamente siamo in presenza di un “evento visivo a grande impatto”, ed è per questo che mi aspetto dopo pochi minuti che il sito istituzionale del Comune inserisca la notizia; così pure i profili social. Sicuramente non si sa ancora nulla, lo so perfettamente, ma il protocollo per la comunicazione d’emergenza, in presenza di eventi visivi o uditivi, deve informare immediatamente la cittadinanza, anche solo per dire che si è sviluppato un incendio, che si vede la colonna di fumo e che si è in attesa di avere informazioni su quanto sta accadendo.

Tutto pleonastico, se si vuole, ma i manuali concordano tutti nel bisogno della popolazione, in presenza di un evento reale o percepito, di avere un punto informativo accreditato al quale fare affidamento, prima che parta il tam tam delle notizie da bar o da social, che poi parte sempre e comunque, ma almeno è frenato da una comunicazione certificata. 

Nulla, il sito è bloccato: “bad gateway” è lo stringato messaggio che appare sul sito del Comune di Venezia. Troppe connessioni contemporanee: sono in molti che la pensano come me e che stanno cercando informazioni. Ma neppure i social riportano nulla, e quelli non sono bloccati. Né mi arriva alcun sms dal Sistema integrato per il monitoraggio ambientale e la gestione delle emergenze (SIMAGE), un sistema di prevenzione e intervento attivato per gestire il rischio industriale ed eventuali situazioni di emergenza nell’area di Porto Marghera, al quale sono iscritto ancora dai tempi del lavoro.

Foto di Gianfranco Bettin

Controllo la posta elettronica per verificare il lancio di qualche comunicato stampa da parte del Comune di Venezia. Anche qui niente: l’ultimo comunicato è delle 10:42 e parla della convocazione del consiglio comunale. Conosco bene la professionalità dei colleghi dell’ufficio stampa, e non mi capacito per questa assenza di informazioni anche sul versante stampa; so per esperienza personale che sono stati ben allenati a essere una macchina da guerra, sempre sul pezzo, soprattutto per eventi di questo genere ed è per questo che non capisco questo silenzio. Così comincio a guardare i siti dei giornali, che riportano ampiamente la notizia, la fabbrica dove è avvenuto l’incidente, il numero dei feriti; il tutto con abbondante materiale videofotografico inviato anche dai lettori.

Mancano pochi minuti alle 11: un amico mi chiama da Marghera e m’informa che stanno suonando le sirene per l’allarme chimico. Un suono lugubre, che strazia l’animo: lo sento dal telefono e mi vengono i brividi. Significa, quel suono, che qualcosa di grave sta accadendo. Il protocollo parla di sistema di allertamento in caso di incidente rilevante di origine industriale, e quell’aggettivo “rilevante” la dice tutta. E, più o meno in contemporanea, alle 10:52, circa quaranta minuti dopo l’incidente, finalmente il profilo Facebook del Comune riporta la notizia che l’amministrazione comunale invita la popolazione in via prudenziale a chiudere le finestre e restare in casa.

Seguiranno poi altri post, alle 11:27 dove si raccomanda anche ai residenti di tutto il comune e dei comuni limitrofi di restare al chiuso; alle 11:48 dove si ripetono le raccomandazioni specificando che il vento spira in direzione di Venezia; alle 12:35 per avvisare che a breve partirà una telefonata registrata con la voce del sindaco di Venezia (sic) per invitare in via precauzionale i cittadini a rimanere al chiuso e a non aprire le finestre; alle 12:42, con la nota ufficiale dei Vigili del Fuoco, poche parole questa volta, quelle necessarie, che spiegano al meglio l’accaduto, come sanno fare i nostri pompieri.

Alle 12,49 mi arriva l’sms del Comune che avvisa la popolazione dell’incendio e dei comportamenti da attuare: nel linguaggio tecnico dei disaster manager siamo a T+140 da T0, il che significa che sono passati 140 minuti dall’inizio dell’evento, circa due ore e mezza. Un tempo infinito, se si calcola che il sistema della comunicazione d’emergenza ha significato solo se attuato dopo pochi minuti da quel T0 che rappresenta l’inizio evento.

C’è però un’occasione d’oro per sentire le parole del sindaco, che è il capo della Protezione civile comunale: alle ore 13 di quel venerdì, infatti, è convocata una conferenza stampa per gli aggiornamenti sulla fase 2 dell’emergenza coronavirus. Mi piazzo davanti al computer per seguirla in diretta e m’aspetto che Brugnaro dia tutte le spiegazioni ai giornalisti presenti e a chi segue da casa, lui che è uomo di dirette Facebook portate avanti con piglio da anchorman. Ma resto deluso. Perché in apertura dice che la popolazione non è in pericolo, che ci sono due feriti gravi, che non sa altro della situazione e che andrà sul posto a verificare, che per prudenza è meglio stare al chiuso, che si aspettano i dati Arpav ma che al momento non c’è nessuna ricaduta e che teniamo l’allarme solo per un fatto di sicurezza.

Che significa nulla e il contrario di nulla: perché o si sa che non ci sono ricadute, o non lo si sa; e che la popolazione è o non è in pericolo in base alle ricadute di sostanze nocive, e non a capocchia. Insomma, se la cava in un minuto e quindici secondi, perché poi si parlerà del tema della conferenza stampa. Poco più di un minuto per commentare il più grave incidente avvenuto a Porto Marghera dopo quello altrettanto tragico del 28 novembre 2002 alla Dow Chemical. Che fu, ironia del destino, l’incidente che fece nascere il sistema di comunicazione d’emergenza del Comune di Venezia, uno dei primi se non il primo in Italia, voluto dal sindaco Costa e portato a termine, in seguito, dal sindaco Cacciari. Sistema che fu più volte premiato e portato a esempio quale principale metodo di informazione di eventi calamitosi alla cittadinanza.

Alle 13:38 un ulteriore aggiornamento che riporta il comunicato dell’Arpav, che dichiara la ricaduta di sostanze inquinanti solo all’interno dello stabilimento (mi spiegassero come mai la nuvola si muove e gli inquinanti sono solo all’interno del perimetro della fabbrica), e infine, poco prima delle 14, il cessato allarme.

E poco dopo il sindaco Brugnaro, intervistato dichiara che non c’è stato nessun rischio, che il sistema ha funzionato e che è stato uno scampato pericolo per la popolazione. Su che dati lo dica nessuno lo sa, perché poi confessa di non sapere cosa stesse bruciando. E infatti, a tre giorni di distanza, si scopre che in laguna sono state sversate tonnellate di acetone e altri composti chimici, tanto da causare una moria di pesci, come afferma l’ufficio antinquinamento del Provveditorato alle opere pubbliche di Venezia. E in aria, cosa è andato? Cosa abbiamo respirato noi che abitiamo a Venezia, Marcon, Spinea, Casier, Treviso, Mirano, Dolo, Padova? Perché la nuvola non conosce ostacoli e confini. E quello che è caduto in laguna è parte di quello che, speriamo in dose minore, è probabile che ci siamo respirati tutti noi.

Intervento dell’Arpav di rimozione del pesce morto dalla Darsena della Rana dopo l’incendio di Porto Marghera

Purtroppo nessuno ha la bacchetta magica per eliminare gli incidenti, ma una sana comunicazione, rapida, efficace e certa può limitare i danni o, almeno, dare sicurezza ai cittadini. Cosa che non è avvenuta l’altro giorno, come alcune fonti ben informate di Ca’ Farsetti affermano: che si sono buttati all’aria vent’anni di esperienza nel settore dell’informazione di Protezione civile, non rispettandone i basilari protocolli.

E a proposito di protocolli, evidentemente ce n’è uno che va in voga molto in questo periodo. Dopo la telefonata registrata del sindaco ai numeri fissi dei cittadini del Comune di Venezia per annunciare l’invio delle mascherine chirurgiche (che i cattivi dicono siano farlocche perché acquistate dalla stessa ditta cinese che ha rifornito l’ex presidente della Camera, Irene Pivetti, ora indagata per questo), come detto prima, alle 12:15 circa sono partite le telefonate ai cittadini con la voce registrata del sindaco per informare dell’incendio di Marghera. Nulla da eccepire sulla telefonata, che si dirà rivolta alle persone che non hanno possibilità di usare i mezzi informatici; qualcosa invece c’è da eccepire sulla voce. Avrebbe potuto essere la voce di qualsiasi persona con buona dizione a registrare il messaggio. Ma, evidentemente, più del messaggio interessava il mezzo, in questo caso la voce. Che anche quella, oltre l’occhio del padrone, ingrassi il cavallo? Forse questo è il pensiero di chi ora governa la comunicazione a Ca’ Farsetti. Ora, quando cioè manca poco alle prossime elezioni amministrative.

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Nubi sulla gestione dell’emergenza a Marghera ultima modifica: 2020-05-18T19:52:39+02:00 da ENZO BON
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1 commento

Marco 19 Maggio 2020 a 18:16

a me il messaggio del SIMAGE è arrivato alle 11:01

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