L’attività sportiva, come confermano numerosi studi scientifici, è un’assicurazione sulla vita per tutte le età, aiuta a proteggere il cuore e a migliorare il benessere generale. La stessa Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha sottolineato come un’attività fisica regolare e adeguata sia imprescindibile per il mantenimento di un buono stato di salute e la prevenzione di malattie croniche. La Federazione medico sportiva italiana (Fmsi) ha diffuso le indicazioni, rivolte a tutta la popolazione, per incentivare la regolare attività fisica durante e dopo l’emergenza sanitaria legata al coronavirus.
Il contesto che stiamo vivendo ci obbliga tuttavia anche a fare una riflessione sul tipo di esercizio che scegliamo per il nostro benessere.
I tempi odierni e il coronavirus in particolare rappresentano lo spunto di un’importante riflessione sul fatto che, attualmente, è meglio preferire una camminata alla corsa.
Partiamo dall’inizio: per vivere ci serve ossigeno
L’ossigeno è indispensabile ai processi metabolici che permettono la sopravvivenza delle nostre cellule. L’aria che respiriamo però contiene solo circa il venti per cento di ossigeno, che si trova mescolato ad azoto (78 per cento), anidride carbonica (0,04 per cento), argon (0,9 per cento) e altre sostanze che variano a seconda del luogo e della stagione, come i pollini, le polveri di ogni genere, da quella domestica a quella silicea, il particolato fine, le particelle microbiche, il cloro e tante altre. Ogni volta che inspiriamo, perciò, non è solo l’ossigeno ad entrare nelle nostre vie respiratore, ma una miscela di gas e sostanze volatili che si trovano nell’aria intorno a noi.
Ogni inspirazione “tranquilla” porta nelle nostre vie respiratore tra i trecento e i cinquecento ml d’aria. Di questa quantità una parte si ferma nelle vie aeree (naso, trachea, bronchi e bronchioli terminali) mentre circa 150-300 ml raggiungono la membrana alveolare, nei nostri polmoni. Qui si verifica lo scambio di gas: è assorbito l’ossigeno e rilasciata l’anidride carbonica.

Cosa accade quando si fa attività fisica?
Durante l’esercizio fisico, poiché la necessità di ottenere ossigeno e di eliminare anidride carbonica è maggiore, la ventilazione aumenta. Accade così che la frequenza dei nostri respiri, circa quindici al minuto quando siamo a riposo, arrivi in fase di esercizio a quaranta-sessanta atti al minuto, e la quantità di aria che entra ed esce dai polmoni a ogni atto respiratorio, triplichi il proprio volume corrente. Questo porta la ventilazione polmonare a molte decine di litri di aria. Va sottolineato inoltre che durante un esercizio prolungato, in genere, la respirazione è orale e non nasale, perciò l’aria che raggiunge le vie respiratorie basse, come bronchioli e alveoli, sarà più fredda e soprattutto meno filtrata a causa del percorso più breve che compie per arrivare a destinazione.
Tutto ciò non vale proprio per tutti gli sport. L’esercizio fisico causa sempre un maggiore flusso d’aria a livello polmonare, ma gli esercizi non sono tutti uguali. Gli sport di resistenza, come la maratona, lo sci di fondo, il ciclismo, comportano una maggiore esposizione all’aria e all’ambiente esterno, e quindi un maggiore rischio di contatto del polmone con sostanze tossiche e agenti dannosi presenti nell’ambiente.

Ambiente urbano e le sue caratteristiche: cos’è il particolato fine?
Il particolato fine è l’inquinante oggi più diffuso nelle aree urbane. È formato da particelle sospese nell’atmosfera, sia di origine naturale, come sabbie, polveri, pollini, sia di origine antropica. Queste ultime, di grande rilevanza per la salute umana, derivano in particolare dalla combustione e dai mezzi di riscaldamento domestico.
Le tipologie più dannose sono dette PM10 e PM2.5 (rispettivamente composti da polveri dal diametro di 10 e 2.5 micron), capaci, proprio per le loro ridotte dimensioni, di penetrare nelle basse vie respiratorie.
Come dobbiamo regolarci quindi?
Sebbene l’esercizio fisico sia universalmente riconosciuto come fattore protettivo per le patologie cardiovascolari, metaboliche e non solo, è importante conoscere le condizioni dell’ambiente in cui si pratica sport. L’attività fisica ci mette in condizione di aumentare la nostra interfaccia con l’ambiente esterno, in particolare con le sostanze invisibili che ci circondano e che possono essere dannose.
Una passeggiata della durata di venti minuti, ad esempio, comporta un flusso di circa 240 litri d’aria nel nostro sistema respiratorio, mentre con una corsa della stessa durata si possono raggiungere 2000 litri di flusso. Considerando i rilevamenti di particolato fine (PM10 e PM 2.5) nell’aria delle nostre città, è immediato osservare come la corsa porti a inalare una quantità decisamente maggiore di sostanze nocive rispetto alla camminata. Per dare un’idea pratica, a conti fatti – basandoci sui dati forniti dall’Agenzia ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente) di fine marzo – in una città come Milano, o Bergamo, una corsa di 20 minuti ci espone all’inalazione di circa 68 microgrammi di PM 2.5 e circa 80 microgrammi di PM10. Per raggiungere tale quota passeggiando, dovremmo camminare per circa tre ore.
Quali effetti hanno queste sostanze sull’organismo?
Il particolato fine ha un’azione sostanzialmente pro-infiammatoria ed è correlato a effetti acuti come crisi d’asma, tosse e ricoveri ospedalieri per patologia respiratoria. Un’esposizione cronica a questa sostanza s’associa invece a Bpco (Broncopneumopatia cronica ostruttiva), insufficienza respiratoria, patologie cardiovascolari. Le polveri fini inquinanti sono capaci di indebolire e distruggere la membrana alveolare, rendendola più suscettibile a ogni genere di attacco, compreso quello infettivo. Il danno mediato da queste sostanze è dimostrato, tantoché secondo l’Organizzazione mondiale della sanità non esiste un vero valore soglia al di sotto del quale non c’è pericolosità, e la concentrazione deve essere tenuta più bassa possibile. Teniamo bene in mente quindi che correre a Milano, così come a Bergamo, e in tutte le località dove i livelli di PM10 e PM2.5 sono vicini oppure superiori ai valori soglia, può significare sostanzialmente fare una scorpacciata di fattori inquinanti pro-infiammatori che potrebbero rendere i polmoni più suscettibili a infezioni e complicanze, comprese la sindrome respiratoria acuta grave da coronavirus-2 (SARS-CoV-2). Un messaggio da tenere a mente, anche quando le restrizioni negli spostamenti e nella pratica di attività fisica all’aperto termineranno.

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