Di che cosa ha bisogno Venezia per cambiare rotta?

Trasparenza, democrazia e cultura, le prime parole di un’agenda per il presente e soprattutto per il futuro della città.
TIZIANA PLEBANI
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A questa domanda che si fanno in molti e che questo giornale ha rilanciato, mi viene subito da rispondere: trasparenza. La trasparenza che le acque dei canali e della Laguna hanno riconquistato per l’arresto delle attività. Una trasparenza di governo, di prospettive, di orientamenti che è del tutto mancata in questa amministrazione ma che era assente già prima. La città era infatti malata da tempo e le sue acque erano opache e inquinate. Troppe decisioni, cattive per lo più, prese nel chiuso di qualche stanza, troppi interessi e massima spregiudicatezza.

C’è un tema pertanto che si impone con una grande forza, specie oggi, perché i nodi da sciogliere sono tanti e da troppo tempo rimandati a un domani che non attende più: come si prendono le decisioni? Soprattutto quando le decisioni riguardano dei vulnus della nostra città? Come si riporta la trasparenza, che qui uso come sinonimo di democrazia reale, in un tessuto cittadino che è stato schiacciato e mortificato da decisioni sciagurate, come la vicenda Mose e l’omertà e l’inquinamento morale che ne sono derivati, ma anche il danno delle Grandi navi e la dimensione mostruosa che ha assunto il turismo, scacciando la residenza.

Serve un cambio di passo radicale in chi deve governare che non può contemplare né un uomo solo al comando (e l’uomo, vedi un po’, è sempre un maschio), né un accentramento di autorità. C’è invece bisogno di umiltà e di riconoscere che chiunque e qualsiasi formazione politica non può che rappresentare solo una parte, all’interno di un profondo deficit ormai di rappresentanza e di insufficienza della democrazia elettiva. La consapevolezza dei limiti e della parzialità della propria azione politica porta a spostare il baricentro e a chiedere aiuto, mettendo a fuoco che i saperi e le conoscenze che necessitano per “condurre per mano” una città sono davvero tanti. Tuttavia questi si ritrovano nel corpo sociale e vanno ascoltati e valorizzati. Sono saperi professionali e tecnici ma anche saperi dei comuni cittadini e delle cittadine, perché chiunque sa esprimere, se è radicato in un luogo e ha accesso alle informazioni, ciò che manca e ciò che potrebbe migliorare la vita quotidiana e di tutti. 

Per mettere tutto questo assieme e affinché i diversi saperi dialoghino con efficienza e senza spreco di tempo, serve guardare alle migliori esperienze della democrazia partecipativa che si sono sviluppate in tutto il mondo e da cui abbiamo molto da imparare. Ma, l’ho toccato con mano io stessa, i politici nostrani in genere credono di sapere già tutto e di non avere bisogno di apprendere da altri. E se pensano di rivolgersi alla cittadinanza, lo fanno come fa un principe che intende accontentare con qualche moneta il popolo lamentoso. Invece il cambio di rotta, ben lontano da un populismo d’accatto, impegna le parti in una crescita reciproca, in uno scambio che è fatto di lavoro e di cura e che ben va oltre il principio della sussidiarietà, che del resto è già sancito dall’articolo 118 della Costituzione italiana.

Tutto ciò fa parte di una cultura amministrativa differente e la parola cultura è la chiave di volta di questa nuova prospettiva. Perché ciò che può risanare Venezia è proprio la cultura che dovrebbe informare ogni attività e innervare il lavoro che c’è e quello che manca. Venezia è cultura per vocazione storica, per eredità che si legge nelle pietre e nella sua stessa struttura urbanistica, ma anche nel patrimonio culturale immenso che è presente in città, dalle grandi istituzioni culturali e di ricerca alle sue prestigiose Università, dalla rete delle biblioteche agli archivi statali, religiosi, industriali e ai musei. Questo patrimonio non va “usato” e svenduto nel marketing bensì deve spingere a rilanciare Venezia a livello internazionale come città di cultura, di ricerca, di sviluppo di innovazioni e saperi in diverse direzioni (arti, artigianato di qualità, restauro, scienza e nuove tecnologie connesse alla conoscenza). Si tratta di alimentare saperi specialistici, di alta qualità, e insieme fare della cultura un potente integratore sociale, capace di creare occupazione e lavoro, sviluppando alcuni settori cruciali per la vita della città, della sua laguna, dell’intero pianeta: la green economy, il contrasto all’emergenza climatica e le nuove strategie ambientali.

Trasparenza, democrazia e cultura, le prime parole di un’agenda per il presente e soprattutto per il futuro della città.


Il filo d’Arianna per non perdere Venezia di Andrea Martella

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Di che cosa ha bisogno Venezia per cambiare rotta? ultima modifica: 2020-05-30T21:09:49+02:00 da TIZIANA PLEBANI
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1 commento

ytali. - Non ho ancora capito cosa sia Venezia 4 Giugno 2020 a 19:06

[…] un articolo teso a illustrare lo spirito e i contorni entro cui avviene questa discussione. È intervenuta Tiziana Plebani, quindi Michele Mognato. Oggi pubblichiamo volentieri il saggio di Franco […]

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