Siamo nella seconda fase della pandemia, tra la voglia e la paura. Tra la difesa della propria vita e la paura dell’economia che non gira. In compenso arrivano buone nuove da Bruxelles. Un aiuto alla crisi economica impensabile soltanto pochi mesi fa, un aiuto non ancora definitivamente deciso ma neppure osteggiato in modo netto dai Frugal four (cinquecento miliardi senza rimborso, per esempio). Un brutto momento per rifiutare l’Europa, da parte dei sovranisti. Un buon momento per noi italiani, per cercare di correggere i nostri difetti più gravi, che frenano gli investimenti (certo non per mancanza di soldi).
In attesa di capire come andranno le cose dal 3 giugno, quando ci si potrà spostare tra regioni, ci dedichiamo alla cucina, con due ricette magrebine. Una tradizionale, l’altra innovativa.
RICETTA DELLA TRADIZIONE: OJJA (CHAKCHOUKA)
È un piatto tunisino, per meglio dire maghrebino, escludendo la Libia che con la cucina non ci azzecca proprio. Piatto popolare e facile da fare, esiste in una infinita varietà di versioni, secondo l’estro e i gusti di chi lo prepara. Si tratta in sostanza di un piatto a base di uova, verdure, spezie e le loro salsicce (merguez) che sono fatte con manzo, montone ed harissa (salsa di peperoncino).
Fate soffriggere della cipolla con cumino, curcuma e cardamomo, harissa e aglio sminuzzato. Aggiungete del peperone a fette e del pomodoro fresco ed anche un po’ di concentrato di pomodoro, molto amato da queste parti. Un mestolino d’acqua e fate cuocere. Aggiungete poco dopo le salsicce a pezzi grossolani. Fatele cuocere ancora per una decina di minuti e a questo punto aggiungete le uova, una per commensale. Le uova potete lasciarle intere o strapazzarle avendo cura di farlo a fuoco bassissimo, se non addirittura spento, di modo che il risultato sia una pietanza quasi liquida. Questa pietanza ha varianti tante quante sono le famiglie: si possono aggiungere patate, e prende il nome di chakchouka, carne di agnello o manzo a mo’ di spezzatino. Ciò che resta costante sono la cipolla, il peperone, le spezie e le uova.
Ma la ojja che io trovo deliziosa è quella con i frutti di mare. Quando arrivavo alla Goulette (è Mario che racconta), il porto di Tunisi – è accaduto per un certo periodo della mia vita – mi fermavo sempre in una bettola del porto che me la serviva con un buon bianco o rosé locale (il pelure d’oignons). Come informazione vi dico che in Tunisia, almeno lungo la costa fino alla Libia, si mangia in qualunque buco per quanto piccolo, a qualunque ora del giorno e della notte.
La base è sempre la stessa: cipolla, peperone, pomodoro, spezie. Poi aggiungete ciò che vi piace: seppie e calamari a pezzi, gamberi, scampi, cozze, vongole… da ultimo le uova, mescolandole dolcemente di modo che addensino il tutto che deve però rimanere morbido e semiliquido.
Provate! È semplice da fare ed il risultato merita.

RICETTA NUOVA: POTAGE OPERA PRIMA (SH0RBA JEDIDA)
Questa ricetta sfrutta il modo abituale di tagliare le verdure di questa area, che arriva almeno fino alla Turchia: in pezzetti minutissimi, mezzo centimetro di lato, più o meno. Vi sarà capitato ad Istanbul di ricevere un’insalata mista tagliata così, per antipasto.
Preparate quindi le verdure, con pazienza, tagliate in quel modo: cipolla bianca o rossa, carota, sedano, porro, pomodori “perini” (sbucciati), peperone, zenzero, ravanelli. Le proporzioni: una cipolla e una carota, due gambi di sedano, il quarto di un porro grande, quattro pomodori, la metà di un peperone grande, quattro ravanelli. Lo zenzero a piacere, grattugiato fresco.
Fate bollire le verdure per una decina di minuti in acqua, aggiungendo il sale. I ravanelli inseriteli all’ultimo, che restino croccanti. Non serve insaporire con un brodo o un dado vegetale, le verdure tagliate così piccole rilasciano molto sapore e sono sufficienti, ma se volete potete aggiungere moderatamente un po’ di dado vegetale non invadente.
Dopo dieci minuti togliete dal fuoco e lasciate riposare, il brodo deve risultare limpido. A questo punto prendete dei gamberi rossi grandi, o degli scampi (due a testa), puliteli togliendo il carapace ma lasciando le teste attaccate e tuffateli nel brodo di verdure. Rimettete la pentola sul fuoco e fate bollire per qualche minuto. A questo punto recuperateli, togliete le teste e rimettete le code nel brodo.
Lo zenzero conferisce di suo un po’ di mordente, ma se vi piace un piccante più intenso potete aggiungere del berberé, direi con moderazione.
È una minestra elegante, di piena soddisfazione, di un sapore inusuale. Nata dalla collaborazione tra un marocchino e un’italiana.

la serie #ricetteanticrisi
è illustrata dall’artista Olimpia Biasi


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