Benvenuti al festival del cinema che non c’è. Cannes, peraltro, i primi della classe, che per bocca del delegato generale Thierry Frémaux ha voluto rendere noto il “catalogo” dei film selezionati e ovviamente mai presentati nell’inesistente edizione di quest’anno. Trovata pubblicitaria all’insegna della solita grandeur d’oltralpe? Può ben darsi, un essere oltre l’esistente che magari avrebbe messo in imbarazzo – restando da quelle parti – tanto Montaigne quanto Pascal. Ma sicuramente non Guy Debord: come trovata situazionista, alla lettera, non è affatto male.
D’ora in poi ciascuno di quei cinquanta film selezionati, molti dei quali di firme pregiate, potrà girare per il mondo con il brand del festival più prestigioso. E pazienza se non s’è potuto procedere all’assegnazione dei premi, la favolose Palme. Sarà per un’altra volta? Speriamo proprio di no. Resta tutto da vedere che quel marchio, appiccicato a titoli non provati sul campo da pubblico e critica, sia di per sé un viatico di successo nelle sale e oltre. Magari soltanto l’espace d’un matin (sui giornali) o poco più. E naturalmente le porte chiuse dei festival concorrenti, a cominciare da Venezia, che non si metteranno certo a programmare film altrove già “selezionati”. Ecco, se c’era da dimostrare che l’unione fa la forza, possiamo ben dire che la disunione regna una volta di più sovrana, con il conseguente indebolimento dell’intero sistema cinema.
Noi ci scherziamo sopra ma non c’è molto da ridere. E il cinema non se la passa affatto bene. Insieme al teatro e agli altri settori dell’offerta culturale che mirano al grande pubblico, nozione di per sé oggi pericolosamente affine ai vietatissimi assembramenti. E se la Mostra di Venezia, che ha confermato le sue date, dal 2 al 12 settembre, avrà il suo bel da fare per tener fede all’impegnativa promessa, peraltro precisando che si tratterà di una edizione pur sempre di assoluta emergenza, l’imminente riapertura delle sale cinematografiche – metà giugno – segnala uno stato di assoluta incertezza. Quante sale riapriranno? E con quali film?

Scorrendo i siti che annunciano le uscite di prima visione, a cominciare da comingsoon.it, scopriamo che il deserto è pressoché assoluto. E dunque mesi di riprese per chi se la sentirà di aprire. Film già usciti fra gennaio e febbraio, poi falcidiati dal lockdown, ma neanche tutti: pare infatti che Volevo nascondermi di Giorgio Diritti, Orso d’argento a Berlino per l’interpretazione di Elio Germano nei panni del pittore Ligabue, venga riprogrammato a settembre, escludendo riprese intermedie. Mentre, magari, vedranno per la prima volta la luce delle sale titoli peraltro belli ma di nicchia come I miserabili di Ladj Ly, Favolacce di Fabio D’Innocenzo e Dopo il matrimonio di Bart Freundlich, nel frattempo ospitati sul web da piattaforme d’autore come MioCinema (filiazione della Lucky Red di Andrea Occhipinti), sorta a causa o in concomitanza del confinamento domestico. Per i pezzi forti del box office, a cominciare da Tenet di Christopher Nolan o il nuovo 007 di No Time to Die, ci risentiamo in autunno (con relativi debiti scongiuri).

Se ripartenza delle sale davvero sarà, fra una settimana o poco più, scordatevi le campane del dì di festa. E si capisce che molti esercenti abbiano più di un dubbio a riaprire. Davanti, tre mesi estivi da coprire a suon di riprese. E qui, volendo, ci sarebbe da ribadire la fragilità di un settore che non scopre certo oggi i suoi limiti: la programmazione corta, da settembre a maggio, con conseguente abituale abbandono dei mesi estivi (proprio quelli che quest’anno dovrebbero accompagnare la ripresa); la scarsa coesione “strategica” fra i diversi comparti o segmenti della filiera (fra distributori ed esercenti, per essere più espliciti); il pericolo sempre più incombente di una concorrenza digitale vincente sugli schermi domestici, sul versante seriale ma non solo.
Se programmazione corta e scarsa coesione strategica sono mali antichi, la concorrenza digitale è relativamente recente, resa però ancor più micidiale dall’altrimenti salvifico #iorestoacasa imposto dal coronavirus. E cerchiamo di essere realistici: mica la battaglia del #torniamoalcinema possiamo pensare di combatterla e vincerla con i drive in. Ci sarebbero le arene, ma quanti esercenti se la sentirebbero di sobbarcarsene oneri e incognite (organizzative) coi tempi che corrono?
Fossi il ministro Franceschini farei di tutto per convincere la Filmauro di De Laurentiis a scommettere sull’uscita fra giugno e luglio del nuovo film di Carlo Verdone Si vive una volta sola, già pronto a fine febbraio. Magari con il popolare attore e regista romano in giro per l’Italia a promuoverlo. In assoluta sicurezza, naturalmente. Non male come riapertura dei giochi…
A proposito di arene, pare che la Biennale sia intenzionata ad allestirne una di apposita ai Giardini in occasione della Mostra. Magari già in luglio/agosto per i classici. Sarebbe il ritorno in grande stile del cinema all’aperto a Venezia, dove la tradizione – fosse San Polo, Sant’Angelo o la stessa arena adiacente al palazzo del cinema – era di casa. Altri tempi, buon segno se per la fattispecie tornassero.

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