Proprio l’altro giorno, una mia amica non nera mi ha chiesto come stavo. Ci sono voluti alcuni secondi passati a fissare silenziosamente il telefono, pensando al modo migliore d’esprimermi per non offendere o rappresentare le mie idee in modo sbagliato. Volevo dirle che sono arrabbiata con il privilegio dei bianchi, sono ferita, sono sconvolta dall’audacia degli americani bianchi, ho il cuore spezzato come mai prima, sono arcistufa e ne ho fin sopra i capelli di sentirmi arcistufa. Sono sopraffatta dal dolore e dalla sofferenza per il maltrattamento e l’uccisione insensata della mia gente, per nessun altro motivo se non il colore della nostra pelle. Parliamo di questo. Ma non ho detto nulla di tutto ciò, ho semplicemente detto che sono triste. Non importa in che modo lo si guardi, non c’è una razionalità. Alla fine di una conversazione sulla razza in America con qualcuno che non è americano nero, spesso provo un senso di tradimento per la loro mancanza di comprensione, quindi ho imparato a non impegnarmi pienamente con loro sull’argomento. Penso che la morte di George Floyd abbia svegliato le persone. Siamo stanchi dei bianchi americani che si rifiutano di capire e scelgono di non riconoscere il loro privilegio e la successiva oppressione su un’intera razza di persone. Non siamo immigrati in America. Non siamo africani in America, sebbene siamo certamente di origine africana. Siamo americani in America, che chiedono giustizia, uguaglianza, rispetto e semplice decenza umana. Non è davvero difficile da capire. Se si etichetta ogni americano nero ucciso ingiustamente come criminale, è come se la persona che commette l’abuso incolpasse chi l’abuso lo subisce. È classico: s’incolpa e si umilia la vittima solo per mascherare la propria sensazione di vergogna. Mi rifiuto di pensare che le persone possano davvero essere così ignoranti intenzionalmente, quindi mi dico che lo fanno come un modo per gestire le loro incontenibili emozioni. Per troppo tempo, un’intera razza di persone è stata sistematicamente oppressa e messa a tacere. Oppressa nel sistema dell’istruzione, oppressa nelle opportunità, oppressa nel mondo del lavoro, oppressa nel settore dell’intrattenimento e così via. Ci viene detto di essere contenti di ciò che ci è stato dato.
In tempi come questi, mi vengono in mente i testi dell’Happy Ending di Sugarland:
Bambino nato nel ghetto
Bambino nato nella bambagia
Uno dice a sua madre che avrà un sogno.
Uno dice a sua madre che camminerà sulla luna.
È una canzone che mi fa sempre venire le lacrime agli occhi perché in quattro righe questo semplice testo riesce a svelare la pura verità del razzismo sistemico nella vita dei neri in America. Si direbbe che la nozione di uguaglianza sia solo di facciata in una delle più grandi nazioni del mondo. La morte di George Floyd ha aperto ferite in ogni cittadino americano, da entrambe le parti, e, diffondendosi globalmente, ha riunito persone in tutto il mondo. Al culmine di una pandemia, Floyd è stato assassinato nientemeno che da un poliziotto. Un poliziotto il cui codice di condotta suona un po’ così:
Come funzionario delle forze dell’ordine del Minnesota, il mio compito fondamentale è quello di servire l’umanità; salvaguardare vite e proprietà; proteggere l’innocente dall’inganno, il debole dall’oppressione o dall’intimidazione e il pacifico dalla violenza o dal disordine; e rispettare i diritti costituzionali di tutti alla libertà, all’uguaglianza e alla giustizia.
Quel poliziotto e gli altri che hanno assistito hanno violato ogni frase di questo giuramento. La divisione tra bianco e nero in America è profondamente radicata nella nostra storia. Il silenzio tra noi è pieno di rabbia, vergogna, giudizio e diniego. I neri americani sono stati trattati ingiustamente per generazioni e ne abbiamo avuto abbastanza. Gli americani bianchi non vogliono parlare della nostra storia in relazione alla razza. Non vogliono provare la vergogna dei loro antenati, quindi dicono cose come “tutte le vite contano” (“all lives matter”) oppure “lui/lei era comunque probabilmente un criminale”.

Non è così che risolviamo il problema. L’unico modo per risolvere il problema è riconoscere innanzitutto l’ingiustizia che i neri subiscono quotidianamente. Di recente ho avuto un amico che ha nascosto il proprio sostegno ai manifestanti neri in America attraverso le sue esperienze di persona asiatica che ha viaggiato in tutto il mondo. Non ci dimentichiamo delle altre minoranze ma è importante ricordare che quella di oggi è la questione dei bianchi contro neri e che risale a più di quattrocento anni fa. Tutto ciò che chiediamo a coloro che stanno con noi è riconoscere la situazione attuale e stare insieme per affrontarla e lottare per l’uguaglianza.
Cercare di far luce su altre questioni che non sono in alcun modo rilevanti nella lotta per l’uguaglianza dei neri americani – per quanto di per sé altrettanto importanti – toglie il significato alle morti di George Floyd, Breonna Taylor e Ahmaud Arbery. E a quello per cui ci stiamo battendo. Quindi restate al nostro fianco e combattete con noi. Ma non cambiate argomento. Ogni cittadino americano merita la parità di trattamento ai sensi della costituzione ed è tempo che i neri americani ricevano il giusto rispetto. È tempo che quelli così desensibilizzati dalla difficile situazione di pochi, si alzino per proteggere la nostra Unione e gli ideali americani di libertà, autonomia e giustizia per tutti.

I neri americani e i bianchi americani di qualsiasi status socioeconomico stanno parlando, per unire le forze e proteggere il nostro grande paese. Musicisti di tutti i generi stanno parlando. Le aziende e l’industria dell’intrattenimento si muovono. Solo un anno fa, non sarebbe stato così. Quindi, sebbene il mio cuore sia gravato da anni di oppressione, dalla sensazione di combattere sempre un’invisibile battaglia in salita da quando sono nata trent’anni fa, vedo un barlume di speranza per il futuro. Un uomo può cambiare il mondo e sfido ogni persona non nera a educare se stessa e diventare più consapevole del proprio comportamento nei confronti dei neri in tutto il mondo. Pensateci due volte prima di seguire qualcuno in un negozio, prima di stringere un po’ più forte la borsa, prima di basare le vostre ipotesi solo a causa del colore della pelle di qualcuno, prima di giudicare la musica che ascoltano o i libri che leggono, prima di fare dei commenti su quanto sia piccolo il loro naso o su quanto siano intelligenti in relazione al colore della loro pelle. Noi, i neri, ci sentiamo come qualsiasi altro essere umano e ciò che sentiamo equivale a sofferenza, rabbia, disgusto e spesso vergogna. Noi mascheriamo il dolore e la vergogna con l’orgoglio e poi ci viene detto che siamo razzisti perché orgogliosi di essere neri. È tempo che l’America sfili via il coltello dal nostro corpo e ci consenta di vivere e prosperare come una qualsiasi delle nostre controparti americane bianche e ringraziamo quelle persone non nere che ci hanno sempre accompagnato e che continuano a fianco a noi nella lotta per i posteri.

traduzione di Marco Michieli

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