Badanti nell’Italia che invecchia

Sono circa 403mila gli/le assistenti familiari. Nel 2030 saranno già sessantamila in più e alla metà del secolo, nel 2055, arriveranno a essere un vasto esercito di 685mila persone.
VITTORIO FILIPPI
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Secondo il rapporto 2019 di Domina e del suo Osservatorio sul lavoro domestico, in Italia vi sono oggi circa 403mila badanti o assistenti familiari che dir si voglia. Nel 2030 saranno già sessantamila in più e alla metà del secolo, nel 2055, arriveranno a essere un vasto esercito di 685mila persone. Ciò significa un aumento del settanta per cento, una percentuale uguale a quella dell’Emilia ma che arriverà all’ottanta per cento in Veneto e addirittura al raddoppio in Trentino. Sono cifre che la dicono lunga sulle trasformazioni prossime venture della società italiana.

La prima è quella dell’invecchiamento longevo di massa, che trascina all’insù i numeri degli anziani e soprattutto dei cosiddetti grandi anziani. Che sono, demograficamente, l’onda lunga di tutti quei nati in abbondanza a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta. Tuttavia, nonostante l’evidente giovanilismo di questi nuovi anziani, l’invecchiamento longevo amplifica inevitabilmente patologie e disabilità che sempre più la medicina riesce a bloccare o a rallentare cronicizzandole. Ma è evidente che così si genera una domanda di assistenza intensa quanto crescente: si pensi solo al robusto carico assistenziale prodotto dalle malattie neurodegenerative correlate all’età.

Dall’altro ci sta, viceversa, la sempre maggior debolezza della famiglia. Una debolezza a tutto tondo, che si coglie nel calo dei primi matrimoni, nella riduzione del numero dei figli, nella crescita delle rotture coniugali, nel diffondersi di formule affettive “leggere”. Debolezze che ovviamente portano a una debolezza di capacità assistenziale, resa inevitabile anche dalla partecipazione delle donne al mercato del lavoro iniziata negli anni settanta: con la conseguente scomparsa dal vocabolario corrente delle parole massaia, casalinga, donna di casa.

Il terzo punto rimanda all’immigrazione dei lavoratori – sarebbe meglio dire delle lavoratrici – della cura. È stata definita una immigrazione silenziosa ed invisibile, quanto massiccia e domestica che più domestica non si può. Un’immigrazione socialmente strategica perché insostituibile che gestisce concretamente buona parte del processo di invecchiamento longevo del nostro paese, tra l’altro non solo nel badantato in casa, ma anche nelle strutture di assistenza e di riposo. Tre quarti delle badanti sono infatti straniere spesso extracomunitarie, dato che provengono da quei paesi post socialisti dell’est europeo oggi paradossalmente in crisi demografica proprio a causa dei massicci flussi emigratori.

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Badanti nell’Italia che invecchia ultima modifica: 2020-06-10T11:51:39+02:00 da VITTORIO FILIPPI
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