Qualche giorno fa a Minneapolis, durante le manifestazioni di protesta per l’uccisione di George Floyd, il sindaco democratico Jacob Frey si è presentato davanti ai manifestanti. L’intenzione era quella di esporre i propri piani di riforma della polizia locale ma alcune richieste degli attivisti presenti l’hanno messo in difficoltà. In particolare gli era stato chiesto se poteva impegnarsi per una diminuzione dei finanziamenti del dipartimento di polizia, una delle richieste più note del movimento Black Lives Matter. Il sindaco ha cercato di non rispondere ma uno degli organizzatori ha continuato a sollecitarne una risposta più precisa. Quando Frey ha infine dichiarato di essere contrario alla totale “abolizione della polizia”, è stato accolto da fischi e prontamente si è defilato dal palco.
Lo slogan “Defund the police” (“riduciamo i finanziamenti alla polizia”) è diventato quindi in pochi giorni uno dei temi principali del dibattito pubblico statunitense. Ma che cosa s’intende per “defunding”? Il termine è utilizzato in maniera molto generale nell’intento di definire una diminuzione del budget della polizia. E in alcuni casi di azzerarlo. L’obiettivo è quello di deviare questi finanziamenti verso le politiche sociali, culturali e dell’istruzione.
Il movimento per la riduzione dei finanziamenti si pone in alternativa ai passati – e lunghi – progetti di riforma contro la brutalità della polizia. E ha tratto forza dal loro fallimento. Ad esempio, il recente disegno di legge presentato dai democratici per mettere al bando alcune modalità d’intervento della polizia, come il ginocchio sul collo di cui è stato vittima George Floyd, rientra nei processi di riforma della polizia. Gli attivisti del Black Lives Matter, tuttavia, hanno più volte sottolineato che queste misure non hanno ostacolato la morte di molti africano-americani. Secondo le numerose associazioni, queste proposte di riforma, che prevedono in generale maggiori fondi, lo sviluppo della polizia di prossimità (community policing) e misure volte a rendere la polizia maggiormente responsabile delle proprie azioni, non hanno dato ad oggi i risultati sperati.
In effetti non ci sono molte prove a sostegno dell’idea che maggiori investimenti nei dipartimenti di polizia porti a una diminuzione dei crimini. E, nel frattempo, la polizia è destinataria di molti fondi comunali. A Chicago il 39 per cento del bilancio comunale va al dipartimento di polizia. A Oakland il 41 per cento. A Minneapolis il 36 per cento. A Los Angeles il 26 per cento. A Houston il 35 per cento. A Baltimore il 26 per cento. La città di New York ha il budget destinato alla polizia più alto (quasi cinque miliardi di dollari), anche se questo equivale solo all’8,2 per cento del bilancio comunale.
È per questa ragione che le associazioni sostengono la necessità di ridurre i finanziamenti della polizia. L’idea è che la riforma del sistema di mantenimento dell’ordine pubblico debba passare attraverso un dirottamento dei fondi dalla polizia ai programmi sociali. Con l’obiettivo di migliorare le infrastrutture delle comunità, l’assistenza all’infanzia, l’istruzione. In un’intervista a Nbc News Alicia Garza, una dei fondatori di Black Lives Matter, ha spiegato:
Quando parliamo di diminuire i finanziamenti della polizia, quello che vogliamo dire è che le risorse debbano essere investite nelle nostre comunità. Gran parte dell’azione della polizia oggi è generata e diretta verso problemi legati alla qualità della vita. Ma noi abbiamo bisogno di aumentare i fondi per l’edilizia, per l’istruzione, per la qualità di vita di quelle comunità che sono maggiormente sorvegliate e oggetto dell’azione della polizia.
Un esempio di quello contro cui si battono coloro che propongono il defunding è il progetto di una nuova accademia di polizia a Chicago, voluta dall’ex sindaco Rahm Emanuel, l’ex capo di gabinetto di Barack Obama. La campagna #NoCopAcademy cerca di bloccare la costruzione del complesso che dovrebbe costare 95 milioni di dollari. Soldi che secondo gli attivisti dovrebbero essere investiti nella comunità marginalizzate della città.
In risposta alle richieste degli attivisti alcuni sindaci hanno deciso quindi d’intervenire sui budget comunali. A Los Angeles il sindaco Eric Garcetti, democratico, ha dichiarato di voler cambiare il proprio progetto di bilancio, pensato inizialmente per rafforzare la spesa del dipartimento di polizia. Garcetti ha annunciato che 250 milioni di dollari saranno diretti a programmi sanitari e di welfare. A New York il sindaco Bill de Blasio, anch’egli democratico, ha annunciato che parte dei finanziamenti dei dipartimenti di polizia saranno utilizzati per iniziative per i giovani e per i servizi sociali. Nella città di Nashville, il consiglio comunale è riuscito ad approvare solo dopo otto ore un bilancio che riduce le spese del dipartimento di polizia. A Portland, in Oregon, la sovrintendenza scolastica ha deciso di rimuovere gli agenti di polizia presenti nelle scuole e d’indirizzare più di un milione di dollari risparmiati verso programmi sociali locali.
Il termine defunding sembra però avere significati diversi a seconda di chi l’utilizza. Tra le varie proposte, molte non puntano soltanto a una diminuzione dei finanziamenti. Sono infatti numerose le voci che si sono alzate nei giorni scorsi per chiedere lo smantellamento dei dipartimenti di polizia, finanche la loro abolizione. È quello che è successo proprio a Minneapolis, la città dove Floyd è stato ucciso. Domenica scorsa la maggioranza in consiglio comunale si è espressa per lo smantellamento del dipartimento di polizia locale, per ripensare completamente la sicurezza pubblica.
I sostenitori della proposta ritengono che molto spesso la polizia istighi alla violenza piuttosto che prevenirla. Inoltre molti dei compiti che oggi sono realizzati dai poliziotti – l’intervento in casi di overdose o di persone con disturbi mentali o senzatetto – potrebbero essere svolti da infermieri o assistenti sociali. Uno dei modelli è quello di Cahoots, un programma di intervento – meno costoso – per gestire emergenze legate ai disturbi mentali, realizzato da personale specializzato nella città di Eugene in Oregon.
La parola finale spetterà al sindaco da cui il dipartimento di polizia dipende. E Frey, come abbiamo già detto, non intende smantellare il dipartimento. Ma le pressioni potrebbero fargli cambiare idea. Il prossimo anno si vota nella città e la deputata che rappresenta Minneapolis, la democratica Ilhan Omar, ha già fatto sapere che non vede altra soluzione che la dissoluzione del dipartimento di polizia e la creazione di un nuovo dipartimento su modello Camden in New Jersey. Questa città di settantamila abitanti è balzata agli onori delle cronache di questi giorni proprio per avere smantellato il dipartimento di polizia. Per poi crearne un altro basato sul principio della polizia di prossimità.
Anche tra coloro che vogliono abolire il dipartimento di polizia vi sono molti approcci. Andrea Ritchie, ricercatrice del Barnard College e autrice di Invisible No More: Police Violence Against Black Women and Women of Color, intervistata da Nbc News ha dichiarato:
L’obiettivo non è solo chiudere i dipartimenti di polizia ma piuttosto quello di modificare la struttura e le condizioni delle persone che oggi sono criminalizzate e rendere la polizia obsoleta. Se le persone avessero l’assistenza sanitaria, una casa e l’accesso a buoni lavori e a una buona istruzione, ci sarebbero meno crimini e meno bisogno della polizia.
L’abolizione dei dipartimenti quindi come obiettivo di lungo termine, secondo i suoi sostenitori. Un’idea sostenuta anche Christy E. Lopez, professoressa alla Georgetown University, in un editoriale al Washington Post:
L’abolizione del dipartimento di polizia significa ridurre – fino ad eliminare – la nostra dipendenza dalla polizia per garantire la sicurezza pubblica.
Alex Vitale, autore di un fortunato libro sul tema (The End of Policing) e docente di sociologia al Brooklyn College, sostiene qualcosa di simile. Poiché la polizia è diventata uno strumento non solo di lotta al crimine ma per trattare con senzatetto, persone affette da disturbi mentali, violenza giovanile e altro, è necessario ripensarne il ruolo:
Quello che dicono gli abolizionisti è semplice: “cerchiamo di capire perché stiamo facendo questo e proviamo a sviluppare nuove strategie di prevenzione”. Non tutti gli omicidi sono uguali. È un caso di violenza domestica? Si tratta una sparatoria in una scuola? È il frutto di un affare di droga finito male? Nel caso delle sparatorie a scuola sappiamo che molte persone erano preoccupate che un evento del genere potesse verificarsi. Ma non l’hanno comunicato a nessuno. Non l’hanno detto alla polizia e la polizia non aveva i mezzi per intervenire.
E si domanda quindi:
Che cosa sarebbe accaduto se avessimo un sistema dove, quando un ragazzo o una ragazza pensa che il proprio amico o compagno di scuola possa fare qualcosa di spaventoso, questi possano parlarne con un adulto responsabile senza doversi preoccupare che la polizia sia coinvolta e diventare la “spia” che ha collaborato con la polizia o che l’amico sia espulso dalla scuola a causa della politica di tolleranza zero?
Il dibattito è aperto. Se per molti osservatori è difficile che si smantellino i dipartimenti per sostituirli con altre forme di organizzazione, le varie anime del movimento per il defunding hanno già messo a segno dei punti. Il contesto, infatti, sembra essere particolarmente attento a queste proposte. Non solo per lo shock dell’assassinio di Floyd. Il Covid-19 ha avuto un impatto devastante anche sulle finanze dei governi locali, i comuni in primis. La riduzione delle entrate fiscali, il record di disoccupazione e l’aumento dei costi sanitari spinge molti sindaci a riconsiderare la spesa pubblica cittadina. Molto spesso a danno di infrastrutture e istruzione. La richiesta di riduzione dei finanziamenti ai dipartimenti di polizia sta però modificando quest’approccio. Città come Los Angeles e New York hanno deciso di modificare i progetti di bilancio, che prevedevano tagli per tutti i settori tranne che per il dipartimento di polizia.
Anche se restano moltissimi ostacoli. I sindacati di polizia, soprattutto.
I sindacati sono ovviamente i maggiori oppositori alla riduzione dei finanziamenti. E fanno sentire la loro voce. A Los Angeles, in risposta alle modifiche volute da Garcetti, il sindacato ha dichiarato pubblicamente che il sindaco “ha apparentemente perso la testa”, è “instabile”. A New York è stato uno dei dirigenti dei sindacati di polizia a postare su Twitter il rapporto della polizia che forniva informazioni sulla figlia del sindaco de Blasio, arrestata durante la protesta.
Una “resistenza” che non si manifesta soltanto rispetto alla riduzione dei finanziamenti. Ma anche contro i progetti di riforma più “moderati”, come il bando di alcune “tecniche” d’intervento, di cui è stato vittima George Floyd. Oppure contro misure che ritengono “ingiuste”. A Buffalo il sindacato ha affermato di sostenere al cento per cento gli agenti che erano stati sospesi per un video virale in cui spingono un uomo anziano che cade per terra, riportando delle ferite alla testa. Secondo il sindacato stavano “solo eseguendo degli ordini”. E cinquantasette poliziotti si sono dimessi a sostegno dei due colleghi.
Il potere dei sindacati non è esiguo. A New York, ad esempio, il sindacato che rappresenta soltanto i poliziotti di pattuglia conta circa ventiquattro mila membri attivi. Molto spesso questo potere il sindacato lo esercita in maniera plateale nella copertura dei poliziotti accusati di “cattiva condotta”. A Chicago, ad esempio, quando nel 2014 il poliziotto Jason Van Dyke uccise il diciassettenne Laquan McDonald, si scoprì che l’ufficiale era stato oggetto di molteplici segnalazioni. Tutte finite male per una sorta di “codice del silenzio” – messo in luce dalla task force che indagò sulla vicenda – inserito all’interno del contratto collettivo del lavoro concluso tra sindacati e comune. La copertura si realizza anche attraverso il pagamento delle spese legali. E le conseguenze per i poliziotti sono rare, come ha dichiarato Kate Levine, che insegna legge alla Benjamin N. Cardozo School of Law:
Esistono ostacoli alla messa in stato d’accusa e alla condanna di un poliziotto. I pubblici ministeri lavorano a stretto contatto con i dipartimenti di polizia. Il che significa che possono essere riluttanti a mettere a repentaglio tale relazione perseguendo procedimenti contro degli agenti. I contratti degli agenti di polizia spesso li proteggono anche dalle tecniche di interrogatorio che vengono utilizzate sui civili. E nei casi in cui si arriva al processo, i giudici e le giurie potrebbero essere più inclini a credere alle forze dell’ordine quando affermano che le loro vite sono state minacciate.
L’attività di lobbying è costante nei confronti dei legislatori a livello statale e federale. Quando qualche giorno fa Joe Biden, il candidato democratico alla Casa Bianca, si è detto convinto della necessità di una riforma profonda delle forze di polizia, il direttore esecutivo dell’associazione nazionale dei sindacati di polizia l’ha criticato di “spostarsi troppo a sinistra”.
Parole non molto diverse da quelle di Donald Trump che, via numerosi tweet, ha fatto sapere che “i democratici sono radicali di sinistra completamente matti”, impegnandosi per il ripristino di “legge e ordine” e opponendosi a qualsiasi forma di “de-finanziamento” o “abolizione” dei dipartimenti di polizia. Critiche che hanno obbligato il portavoce di Biden a dichiarare che l’ex vice-presidente non sostiene la riduzione dei finanziamenti ai dipartimenti di polizia, “anche se sostiene l’idea di attribuire maggiori finanziamenti a istruzione e politiche giovanili”. Una posizione non molto diversa dalla maggior parte dei democratici.

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