Tra gli argomenti connessi alla soluzione di almeno parte dei problemi di carattere ambientale, in particolare quello del pesante inquinamento dell’aria nelle città a elevata circolazione, è preminente quello concernente il motore dei veicoli e l’impiego di propulsori elettrici o quantomeno di apparati di tipo “ibrido” (cioè ad azionamento commisto dei propulsori con motori endotermici e motori elettrici).
Strumento fondamentale della ricerca futura al riguardo potrebbe essere la messa a punto del preconizzato “computer quantistico” che, sfruttando l’interferenza messa in rilievo dagli esperimenti di quantistica con doppia fenditura ed entanglement, potrebbe consentire di raggiungere velocità di calcolo che, come è stato scritto, farebbero sembrare il più veloce dei computer classici poco più di un abaco nelle mani di un mutilato. La già impostata “progettazione computazionale ad alto rendimento” potrebbe permettere, nel campo che c’interessa, di effettuare la ricerca delle qualità richieste per gli accumulatori di energia mediante l’input contemporaneo nel computer delle proprietà di migliaia di componenti, attuando la ricerca in unica soluzione anziché con i tempi lunghissimi che oggi richiedono le operazioni eseguite per poche qualità per volta.
Il veicolo totalmente elettrico con prestazioni analoghe a quelle dell’attuale veicolo a combustione, ma senza i suoi inconvenienti, ci verrà un giorno consentito dalla fisica quantistica? E a quali costi, se si considera che gli oneri economici dell’auto sono un ulteriore motivo per la ricerca di soluzioni più valide ai problemi della mobilità dell’uomo? Le soluzioni relative all’accumulazione di energia ipotizzate con l’ausilio della meccanica quantistica sono ancora tutte a livello astratto e teorico, e quindi gli studi di cui si ha notizia sono a carattere concettuale: non è quindi né possibile né prudente scendere in dettaglio su quanto si potrà ricavarne.
Senza pretendere di entrare nel merito della congruità dei costi di acquisto e di esercizio dell’autoveicolo, si può tuttavia osservare che le questioni economiche poste dall’elettrico (e anche dall’idrogeno) non giocano a favore della sopravvivenza dell’auto attuale. Nonostante lo sviluppo della tecnologia e l’incremento delle utenze, il costo iniziale dell’automobile anziché tendere a ridursi continua ad aumentare: ai fini di un pur approssimativo confronto possiamo dire che per una vettura di media cilindrata, rispetto al milione di lire che poteva essere un indice del costo di acquisto alla metà del secolo scorso, oggi s’arriverebbe a cinquanta volte tanto (quindi con un incremento molto superiore a quello determinato dalla svalutazione monetaria) per un oggetto certamente più prestazionale, ma con una tendenza inversa rispetto a quella che si registra, ad esempio, per i prodotti dell’elettronica che, pur avendo seguito una progressione scientifico-tecnologica certo non inferiore, hanno costi in discesa.
Quali motivi possiamo addurre a giustificazione di questo? Tra i principali si deve annoverare certamente il problema del costo delle moderne batterie (e anche degli elettrolizzatori, dispositivo più comune per ricavare dall’acqua l’idrogeno ipotizzabile quale futuro propellente per l’auto).
Si verifica infatti che né la propulsione totalmente elettrica né la sistemazione “ibrida” rispondano al criterio del risparmio dell’impegno di energia e di spesa, essendovi la necessità di trasferire la potenza tramite batterie e meccanismi elettrici che innalzano i costi di produzione e di esercizio e che rendono inutile nella carica una notevole percentuale dell’energia prodotta. La situazione non è migliore per le unità che effettuano la ricarica delle batterie da impianti a terra, con alimentazione da grandi centrale elettriche, con rendimenti superiori agli impianti di bordo ma soggetti alle perdite per la trasmissione a distanza e gravate dalla scarsità di rendimento e dagli altri inconvenienti degli accumulatori sul veicolo, oltre all’impegno economico necessario per la realizzazione di impianti di rifornimento energetico.

La rivista Le Scienze riferiva dello studio di ricercatori dello svizzero Empa (Federal Laboratories for Material Science) da cui risulta che, a meno che l’energia con cui si caricano le batterie non sia di esclusiva fonte rinnovabile (situazione praticamente non realizzabile stante la limitata produzione di queste), l’impatto ambientale di un’auto ibridata non differisce da quello procurato da un autoveicolo tradizionale che soddisfi la normativa Euro 5 sulle emissioni.
Alla ricerca della soluzione, esperimenti e ritrovati sono continuamente messi in atto, con spese non indifferenti che già gravano oggi e graveranno sempre in futuro sulla produzione dell’autoveicolo, per cui non ci si può attendere che un domani i costi di impianto del mezzo vengano a decrescere, così come non diminuiranno i costi di esercizio, che dovranno sempre scontare il gravame delle batterie e della necessità della loro ripetuta sostituzione al termine del loro periodo di vita.

In nessun caso la possibilità di risolvere radicalmente il problema dell’accumulazione di energia, e quindi dell’auto elettrica, si prospetta di immediata soluzione, ferma restando la questione che con l’uso prevalente della combustione le emissioni inquinanti tenderebbero ad aumentare, per cui oltre ai mezzi di trasporto elettrici (prevalentemente alimentati da questi sistemi inquinanti) occorrerebbe rivolgersi a più efficaci metodi di decarbonizzazione non solo nel trasporto ma anche in altri settori nevralgici, come il riscaldamento. Ecco quindi un motivo ulteriore per non trascurare da subito l’esame della possibilità di ridurre, e al limite eliminare, l’uso dell’automobile per rivolgerci a una più innovativa modalità di trasporto, e quindi anche a un corrispondente diverso modello di vita. Se il mondo si presenta oggi colmo di contraddizioni, pare ovvio che ci si dia da fare per apportarvi utili ritocchi.
Sorvolando sulle promesse di giungere rapidamente nei trasporti all’impiego delle celle a combustibile e dell’idrogeno e preso atto che la propulsione ibrida è solo un palliativo, seppure nella giusta direzione, si può condividere l’opinione espressa in ambienti qualificati secondo cui, in attesa del meglio, nel prossimo futuro si deve prevedere un primo periodo sino agli anni 2030 nel quale si dovrà contare su di una maggior efficienza del motore a combustione, per far seguire una fase, che potrà avere inizio già negli anni Venti, in cui i problemi saranno più efficacemente risolti rivolgendosi a una tecnologia che preveda il prevalente impiego dell’elettricità e dell’idrogeno.

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