L’umanissimo e sapiente sarcasmo di Alberto D’Amico

FRANCO MIRACCO
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Viveva a Cuba, dove è morto nella notte tra il 18 e il 19, il cantautore veneziano Alberto D’Amico. Il canzoniere della Venezia popolare aveva 76 anni.
Professore in pensione, dopo essersi trasferito a Santiago di Cuba, nel 2005 pubblica, dopo quindici anni d’inattività artistisca, il suo quinto album, Flores – Un veneziano a Cuba. Nel 1964 era entrato far parte del Nuovo Canzoniere Italiano. Con Luisa Ronchini e Gualtiero Bertelli aveva dato vita al Canzoniere Popolare Veneto, che riscopre e valorizza il patrimonio delle canzoni popolari e dei canti di lavoro di Venezia e della laguna, canta le lotte operaie di fine anni Sessanta e le trasformazioni sociali del veneziano e della città. Nel 1966 s’era iscritto al Pci.

Difficile scrivere del “non detto” perché con Alberto D’Amico c’è stato soltanto un “non detto”, come accade a chi, pur condividendo parte di un cammino, un tratto di strada percorso assieme, non sente il bisogno di comunicare con chi gli sta accanto mediante parole o lunghi ragionamenti. Parole e ragionamenti che restano, o meglio, che restavano dentro ciascuno di noi, come sarà accaduto a moltissimi di coloro che frequentavano le sezioni del Partito comunista o che partecipavano alle grandi manifestazioni popolari o che s’incontravano nelle Feste dell’Unità, magari proprio per ascoltare le canzoni di Alberto. A farti sentire “prossimo” con altri era la comune militanza, il ritrovarsi vicini nelle manifestazioni per il Vietnam o ancor prima per l’indipendenza dell’Algeria o contro la Spagna franchista o a sostegno degli scioperi degli operai di Porto Marghera o delle lotte dei portuali veneziani.

Tuttavia era impossibile rimanere “estraneo” se ti capitava di rispondere con uno sguardo e un saluto allo sguardo e al sorriso di chi, come Alberto, sembrava aver appena finito di scrivere una canzone. Sguardo del musicista e sguardo del poeta che, per la loro intensità, ritrovi in ognuna delle sue canzoni, nei suoi canti bellissimi con il sollevarsi di pensieri e di quella storia “mai esistita”, dunque di una storia rovesciata per far cadere giù l’altra verità, quella non detta, quella dei vinti, quella degli ultimi. Comunque, una verità raccontata con umanissimo e sapiente sarcasmo, una verità appunto smitizzante.

Credo che ad Alberto D’Amico non sarebbe dispiaciuta questa riflessione scritta da Antonio Gramsci:

Nel caso dell’azione storico-politica l’elemento stilistico adeguato, l’atteggiamento caratteristico del distacco/comprensione, è il “sarcasmo” e ancora in una forma determinata, il “sarcasmo appassionato”. Nei fondatori della filosofia della prassi si trova l’espressione più alta, eticamente ed esteticamente, del “sarcasmo appassionato”.

E dotati di simile sarcasmo furono Marx e lo stesso Gramsci. Forse che in canzoni come “Ariva i barbari” o “Venessia patria mia dileta” o “Giudeca” o in tutte le altre scritte da Alberto, etica ed estetica musicale non siano frutto del sarcasmo appassionato di cui parla Gramsci?

Un sarcasmo positivo, creatore, progressista sulla base di un senso poetico della storia, tanto più poetico quanto più dissacrante. Hanno fatto più le canzoni di Alberto per l’affermazione della sinistra a Venezia negli anni settanta che certi Signor paglietta, direbbe sempre Gramsci, maschere angoscianti di una filosofia del nulla fluita via dietro il loro ego. Se fosse ancora tra noi il più grande poeta del Cinquecento veneziano, Andrea Calmo, gli avremmo chiesto un Epitaffio per Alberto D’Amico, che avrebbe molto gradito ricordandosi di quello scritto da Calmo per un povero guardiano di una valle da pesca.

Se porà ben legrar foleghe e smerghi
arcaze, osele, grue, cicogne e totani,
e tutti i pesci che nasce in ste acque
che son morto per sparagnài la vita
no za per crudeltà e o mia malitia:
mo per viver, con tutta la brigà
no siando mi, Dio sa quel che sarà! –

Tra questi gli “eroi” della storia di Venezia a rovescio sempre cantati da Alberto D’Amico.


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L’umanissimo e sapiente sarcasmo di Alberto D’Amico ultima modifica: 2020-06-19T20:14:09+02:00 da FRANCO MIRACCO
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1 commento

fabio 8 Ottobre 2020 a 14:12

Grazie compagno, è stata una perdita enorme. Ci ha lasciato di piccoli grandi capolavori. Sai di cosa è morto? Puoi rispondere anche in privato
Fabio Muzzolon Verona

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