Covid e crisi economica, Argentina in bilico

Dopo tre mesi di misure di confinamento, l’economia del paese, su cui già pesavano anni di recessione, s’è aggravata. Le previsioni sono preoccupanti, e sulle capacità del nuovo governo di affrontare la situazione pesa come un macigno il debito contratto da Macri.
CLAUDIO MADRICARDO
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Fino a oggi sono 102.976 i morti in America Latina per il coronavirus, la metà solo in Brasile, mentre il picco dell’epidemia non è stato ancora raggiunto e i riflessi economici stanno colpendo duramente le popolazioni di un’area geografica in cui prevale il lavoro informale e che vive in larga misura di esportazioni. Secondo le organizzazioni che si dedicano allo studio delle performance economiche dei paesi latinoamericani, la crisi del Covid-19 è destinata in primo luogo a colpire le economie di Messico, Brasile e Argentina.

La crisi globale ha portato in primo luogo alla diminuzione delle esportazioni di prodotti quali soia, cellulosa, rame, gas naturale e petrolio a seguito della paralisi della domanda. A ciò s’è aggiunto il calo del prezzo delle materie prime, con il petrolio che ha raggiunto minimi storici e sta creando danni fortissimi alle economie dei grandi esportatori come Messico, Venezuela, Ecuador e Colombia. Chiusi pure gli introiti derivanti dall’economia turistica, che per molti paesi del centro e sud America erano una fonte non trascurabile.

Le misure di quarantena e il blocco dei voli hanno portato alla crisi una delle compagnie più grandi dell’area, la Latam, che ha presentato una istanza di fallimento negli Stati Uniti per la sua incapacità di rispettare le scadenze finanziarie dopo il crollo dell’attività a causa dalla pandemia di coronavirus.

In questo quadro e per le ragioni sopra esposte, gli analisti economici stimano che tra i paesi di maggior peso economico dell’America Latina la caduta del PIL sarà maggiore che in altri dove la media della contrazione si aggira su un cinque per cento. In Messico, Brasile e Argentina le previsioni parlano di punte di meno 11,5 per cento in caso la pandemia sia destinata a continuare, o del 6,5 laddove possa lentamente rientrare nelle prossime settimane, cosa che al momento nulla farebbe presagire.

Ne consegue che il futuro economico dei paesi latinoamericani, un’area che si caratterizza ancora come la più diseguale del mondo, sarà caratterizzato da un incremento dei mali endemici di cui già soffriva. Riguardo all’occupazione, secondo dati dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, potrebbero perdere il lavoro fino a undici milioni e mezzo di persone, facendo schizzare il tasso dei senza impiego dall’8,5 per cento dello scorso anno all’11,5 del 2020.

Uno studio recente della Commissione Economica per l’America Latina (CEPAL) fornisce cifre spaventose con 28,7 milioni di persone in stato di povertà alla fine dell’anno in corso, che farebbero aumentare a 214,7 milioni i poveri, mentre la povertà estrema passerebbe dai 67,5 milioni di persone attuali agli 83,4. Se questi dati fossero confermati, tutta l’America Latina farebbe un passo indietro di vent’anni.

L’Argentina è la terza economia regionale ed è alle prese con una grave crisi da prima ancora dello scoppio dell’epidemia. Impegnata in una estenuante trattativa per il rientro dal debito contratto dal governo Macri al fine di evitare l’ennesimo default, il suo ministro dell’Economia, Martín Guzmán, ha confermato che presenterà una nuova offerta ai creditori privati internazionali, fallito il tentativo di chiudere i negoziati entro il 12 giugno.

Recentemente ha ribadito che la questione essenziale è che l’accordo deve rispettare il principio della sostenibilità che “non è negoziabile”. Pur proponendo una riduzione contenuta del capitale da restituire e una modifica dei tassi di interesse che consenta al paese di pagare il suo debito, al momento la situazione non si è ancora sbloccata, e non manca chi pensa che le ragioni della mancata soluzione siano da ricercare tra le preferenze politiche dei creditori, ostili al nuovo governo di sinistra che si è insediato a Buenos Aires.

L’Argentina è stata la nazione dove lo scorso 7 marzo si è registrato il primo decesso per coronavirus, e ha messo in atto fin da subito misure per scongiurare la diffusione del virus. Alla fine, dopo tre mesi di misure di confinamento, la sua situazione economica, su cui già pesavano anni di recessione, s’è aggravata e sta spingendo parecchi esercizi commerciali della capitale, incapaci a resistere, a gettare la spugna convinti dell’impossibilità di riaprire.

Pur non raggiungendo il numero dei contagi e dei decessi del Brasile, o quelli del pur virtuoso Perù che ha visto fallire le misure attuate per la sostanziale arretratezza del suo tessuto sociale ed economico, per il terzo giorno consecutivo ha vissuto un record di quasi quattrocento nuovi contagi che ha portato il numero complessivo a 49.851, concentrati soprattutto nell’area di Buenos Aires.

Il governo di centrosinistra di Alberto Férnandez insediatosi nel dicembre 2019 ha dovuto affrontare la crisi sanitaria che è andata a peggiorare una crisi economica già in corso e che, oggi, rischia di portare nuovamente l’Argentina al default.

Quanto ai morti il numero comunicato dal ministero della salute è di 1116, tra cui hanno colpito l’opinione pubblica i decessi ieri di una bambina di un anno e di una di sei, entrambe comunque già colpite da differenti patologie.

Ha arricchito le analisi della situazione argentina la recente pubblicazione pochi giorni fa di un rapporto curato dalle Nazioni Unite, che affronta l’impatto della diffusione del Covid-19 soffermandosi soprattutto sugli aspetti sociali, economici e ambientali in un paese che ha davanti a sé grandi sfide strutturali, e che sta vivendo una crisi alimentare, socio-sanitaria e produttiva. 

Concordando sulla previsione di una maggiore contrazione economica e dell’impiego, con il conseguente aumento dei livelli di povertà già aggravati dalle scelte del governo neoliberale dell’ex presidente Macri, il documento si sofferma ad analizzare le conseguenze dell’epidemia nel sistema sanitario, sui diritti umani, sulla violenza di genere e sull’impatto ambientale.

Secondo Roberto Valent, Coordinatore residente delle Nazioni Unite in Argentina, il paese

ha la capacità di mitigare gli effetti della pandemia e costruire un recupero solido, basato su uno sviluppo sostenibile e inclusivo, ma necessita dell’aiuto della comunità internazionale.

Questo aiuto, secondo Valent, dovrebbe essere individuato nel quadro dell’Agenda 2030 e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals, SDG), che riconoscono lo stretto legame tra il benessere umano e la salute dei sistemi naturali, e la presenza di sfide comuni che tutti i paesi sono chiamati ad affrontare per assicurare il benessere dell’umanità e del pianeta: dalla lotta alla fame all’eliminazione delle disuguaglianze, dalla tutela delle risorse naturali all’affermazione di modelli di produzione e consumo sostenibili.

Se ciò avvenisse, l’Argentina governata da Alberto Fernández potrebbe affrontare il previsto aumento della povertà dei bambini dal 53 al 58,6 per cento (UNICEF) e contenere la perdita di posti di lavoro tra i 750.500 e gli 852.500 per l’anno in corso (ILO).

Così l’Organizzazione delle Nazioni Unite; a giorni sapremo il pensiero di creditori finanziari e mercati.


Copertina: negozi chiusi a Buenos Aires, immagine da Twitter @teledos_tcs

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Covid e crisi economica, Argentina in bilico ultima modifica: 2020-06-25T16:50:27+02:00 da CLAUDIO MADRICARDO
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