Battaglie legali in arrivo per il voto via posta. Venerdì la Corte suprema federale ha respinto, all’unanimità, la richiesta dei democratici del Texas di espandere l’accesso al voto via posta. Secondo i democratici le attuali norme nello stato a guida repubblicana impedirebbero ai cittadini di esercitare i propri diritti fondamentali nel bel mezzo di una pandemia globale. In Texas infatti il voto via posta è consentito soltanto ai disabili e agli ultra-sessantacinquenni mentre i democratici chiedono che siano eliminate questi limitazioni (per permettere quello che viene chiamato il “no excuse absentee voting”).
Questa è soltanto l’ultima delle numerose battaglie legali e politiche che crescono attorno al voto via posta. In palio, c’è la presidenza a novembre. È già successo in New Mexico, dove gli impiegati statali avevano chiesto alla corte suprema statale di condurre le primarie interamente via posta e di permettere a tutti gli elettori di ricevere una scheda per il voto via corrispondenza. Mentre in Georgia l’American Civil Liberties Union (Unione Americana per le Libertà Civili o ACLU) ha citato in giudizio il segretario di stato repubblicano, che ha deciso di far pagare agli elettori i costi del voto per corrispondenza.
Una pratica quella del voto via posta che è diventata sempre più popolare alle elezioni: nel 2016 circa un quarto dei voti è stato inviato per corrispondenza. Anche il presidente Donald Trump ha votato per corrispondenza in Florida nelle recenti primarie e alle elezioni di Midterm del 2018.
E oggi in tempi di Covid-19 il voto via posta acquista ancor più popolarità. Il Centers for Disease Control and Prevention (CDC) ha pubblicato una serie di raccomandazioni per gli stati per poter svolgere le elezioni in maniera sicura. La prima raccomandazione prevede di “incoraggiare il voto via posta se la legislazione lo permette”. Molti stati cercano quindi attivamente di espandere il diritto al ricorso al voto via posta. Stati democratici e anche quelli repubblicani.
Recentemente quattro stati guidati da democratici – Michigan, Nevada, California e Wisconsin – hanno approvato delle norme per rendere più facile il voto via posta per le elezioni di novembre. Ma anche in New Hampshire, a guida repubblicana, il governatore ha scelto questa strada. E lo stato dell’Utah, repubblicano, ha deciso che utilizzerà soltanto il voto via posta quest’anno. Una pratica che oggi c’è soltanto in pochi stati: Washington, Oregon, Hawaii e Colorado.
Ogni stato ha infatti le proprie regole sul voto postale. Se cinque stati oggi votano quasi esclusivamente per posta, in ventotto (più Washington DC) si può votare per posta senza presentare una motivazione valida. Ma in sedici stati è necessario presentare una motivazione valida per poter votare per posta. Sono per lo più stati del sud e repubblicani. Che stanno facendo un’enorme resistenza.
Trump ha infatti attaccato l’idea di espandere il voto per corrispondenza, nonostante egli stesso abbia votato via posta. Secondo il presidente il voto per corrispondenza aumenterebbe le probabilità di frode elettorale:
No, le votazioni per corrispondenza sono un disastro per il nostro paese. Finirà in un grande… beh lo sapete. Sentite, dimenticatevi tutte queste cose. Dimenticate i discorsi, i teleprompter e tutto il resto. Inviano milioni di schede per le votazioni: chi le riceve? Come vengono consegnate? Chi non le ottiene? Pensateci. Sarà una frode elettorale. Ovunque. Guardate cosa accade in questo momento. Guardate a tutte le controversie che ci sono sul voto per corrispondenza.
A poco serve che gli esperti in votazioni abbiano smentito che il voto per corrispondenza non sia affetto da maggiori frodi che il voto in cabina elettorale. Secondo gli studi di Justin Levitt, docente alla Loyola Law School, riportati dal Washington Post, non c’è alcuna prova cerdibile che vi siano state delle frodi tra il 2000 e il 2014, l’arco di tempo della ricerca che ha condotto. A conclusioni simili sono giunti anche altri. In Arizona sono stati i repubblicani ad ampliare il sistema del voto per corrispondenza. Secondo Chuck Coughlin, assistente per lungo tempo di John McCain, “il sistema è avuto un grande successo: ci sono stata da nessuno a minimi tentativi di frodi nel tempo”. In Florida, dove molti residenti sono anziani ed elettori repubblicani, il voto via posta è stato dominato dagli elettori repubblicani.

Perché allora questo scontro così forte sul voto per corrispondenza? Si tratta in realtà di una vecchia questione. Negli ultimi vent’anni i repubblicani hanno cercato di mantenere una serie di barriere al voto per assicurarne, dicono, la regolarità. Spesso queste barriere si focalizzano sul documento d’identità dell’elettore, la cui mancanza, spesso, affligge gli elettori delle minoranze. I democratici invece hanno sostenuto una diminuzione di questi limiti di accesso al voto per rendere più facile la possibilità di votare.
Le motivazioni politiche sono presto dette: i repubblicani temono che meno barriere alle elezioni aumentino l’affluenza delle minoranze, in particolare degli africano americani in alcuni stati. I cambiamenti demografici in molti stati del sud e del profondo sud potrebbero infatti avvantaggiare i democratici, a sfavore dei candidati repubblicani. È quanto è accaduto per esempio nel 2018 in Georgia, dove gran parte della battaglia per l’elezione del governatore si è concentrata sull’accessibilità degli elettori al voto.
Il tema della soppressione del voto è quindi presente a ogni elezione e le prossime elezioni non sono differenti. Cambia però la rilevanza che la questione sta assumendo. Il Covid-19 lo riporta infatti decisamente al centro del dibattito politico. E ci aggiunge l’aspetto della sicurezza sanitaria, un elemento da non sottovalutare. I democratici e le organizzazioni che si battono per il diritto al voto sostengono che l’espansione dell’accesso al voto per corrispondenza proteggerebbe milioni di elettori da un virus mortale e in particolare quelli elettori più poveri e con scarse coperture sanitarie.
Una situazione problematica per la quale anche molti repubblicani sembrano essere preoccupati. Soprattutto dopo averi visto le lunghe fila di persone per votare in piena pandemia.
Tom Ridge, che è stato il primo segretario per la sicurezza interna durante la presidenza di G.W. Bush, guida un gruppo bipartisan chiamato VoteSafe. Quest’organizzazione spinge per espandere il voto via posta, assieme al rafforzamento delle misure per rendere sicuro il voto al seggio. Ridge e gli altri repubblicani che hanno aderito all’iniziativa pensano che l’azione di Trump sia controproducente. Si rischia, dicono, di scoraggiare anche gli elettori repubblicani ad utilizzare una forma di voto più sicura. Con conseguenze anche politiche gravi. Nell’America rurale, ad esempio, che vota per Trump, come spiega a The Atlantic Michael McDonald, esperto di elezioni dell’Università della Florida:
La retorica di Trump potrebbe inavvertitamente sopprimere dei voti repubblicani. Una riluttanza tra gli elettori repubblicani a utilizzare il sistema del voto via posta potrebbe portare a code più lunghe nei seggi, il che a sua volta potrebbe scoraggiare l’affluenza degli elettori nei luoghi in cui Trump è più forte, soprattutto se la pandemia fosse un fattore presente anche a novembre.
In effetti le critiche del presidente al voto via posta sembrano aver eroso il sostegno a questa modalità di voto tra i suoi elettori. Nel Michigan, uno stato che Trump ha vinto nel 2016, i sostenitori del presidente hanno bruciato in segno di protesta le loro schede per il voto via posta, inviate a tutti gli elettori registrati.
Mentre, però, il presidente si dedicava a denunciare le “frodi” del sistema di voto per corrispondenza, molti repubblicani a livello locale e statale hanno incoraggiato gli elettori a votare per posta. Per questioni di sicurezza sanitaria. E perché li aiuta a vincere le elezioni.
E secondo alcuni strateghi repubblicani, la ragione dietro questa presa di posizione del presidente potrebbe essere proprio elettorale. O meglio, post-elettorale: creare le condizioni per gridare alla frode, in caso di sconfitta a novembre.
Un argomento che potrebbe utilizzare per “coltivare” il suo elettorato e restare in sella. Non come presidente, ma come candidato alle primarie repubblicane – o alle elezioni presidenziali – del 2024.


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