Santa Sofia. È patrimonio mondiale dell’umanità

BARBARA MARENGO
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Patrimonio mondiale dell’umanità secondo l’Unesco, Santa Sofia [Ayasofya; in greco Αγία Σοφία, Aghía Sofía] a Istanbul è simbolo importante per tutto il mondo. La Corte suprema turca ne ha annullato lo stato di museo autorizzandone la trasformazione in moschea. Il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha firmato il decreto. La decisione è destinata a suscitare non poche polemiche, rigurgiti di nazionalismi e populismi, oltre ai problemi legati al delicato equilibrio che una simile scelta comporta, non solo per gli aspetti interni del grande paese euro-asiatico ma anche per le implicazioni geopolitiche legate agli interventi turchi in Libia e nel Mediterraneo. Un’eco che si propagherà ben oltre i minareti dell’antica Bisanzio.

Recep Tayyip Erdoğan mentre sorvola Istanbul

Era un martedi, quel 29 maggio 1453, quando le sterminate armate di Maometto II entrarono dopo due mesi di assedio nel cuore della Città delle Città, Costantinopoli, travolgendo il millenario Impero Romano d’Oriente. I bizantini e il loro ultimo imperatore Costantino IX Paleologo assieme a schiere di armati e flotte della Repubblica di Venezia, Genova e del Regno di Sicilia nulla poterono di fronte alle migliaia di ottomani che da tempo minacciavano la città. 

Maometto II aveva ventun anni, ma sembra proprio la sapesse già lunga, su come andava il mondo. Anche se sembra che le sue armate furono fatte entrare nella poderosa cerchia di mura attraverso una “Küçük kapı”, una porticina chissà come dimenticata (?) aperta, l’immagine del condottiero sul cavallo bianco alla testa di festanti soldati resta un’icona indelebile nella memoria storica dei nuovi padroni della futura Istanbul, della sua ricchezza, prestigio, commerci, con Aghía Sofía ieratica immagine nel mondo conosciuto, eredità culturale e chi più ne ha più ne metta.

Sembra che una delle prime scorrerie tra gli edifici, le chiese, i monumenti, i magazzini, sia stata all’interno della cattedrale simbolo della città, quella Aghía Sofía che faceva fremere di fede i cristiani del mondo, cattolici e ortodossi, per varie e molteplici ragioni legate anche al doloroso e disastroso scisma del 1054, che vide cattolici e ortodossi dividersi e contrastarsi.

Aghía Sofía dedicata alla Santa Sapienza che dovrebbe discendere su tutta l’umanità per guidarla era già quindi un simbolo, da quel 350 quando furono poste le prime pietre fino al 537, anno glorioso con Giustiniano a consacrarla sede del Patriarcato Ecumenico. Sotto la stupefacente cupola e architettura tutta, ideata da Artemio di Tralle e Isidoro di Mileto, la ricchezza dei marmi, i mosaici, la dimensione, i matronei, tutto faceva sì che la consacrazione degli imperatori avvenisse nel più sacro dei modi possibili. 

E per rompere definitivamente questo millenario legame tra Bisanzio e i suoi imperatori, Maometto II già dal venerdì seguente la conquista volle che in Aghía Sofía fosse celebrata la preghiera del giorno sacro dell’Islam. E così fu e continuò a essere: il luogo sacro continuò a essere sacro, fu costruito il mihrab a indicare la direzione della Mecca, verso la quale i Musulmani pregano come i cristiani pregano verso Gerusalemme.

Quando Maometto e le sue schiere, che ebbero tre giorni di tempo per libero saccheggio, entrarono nell’enorme cattedrale, il popolo dei greci bizantini era riunito in preghiera tra fumi di incenso e inni salmodiati per invocare la salvezza: fu una strage senza possibilità di difesa da parte dei civili, mentre i sacerdoti, secondo una leggenda, furono inghiottiti dalle possenti pareti di pietra accanto all’altare, e quando Santa Sofia tornerà cristiana riappariranno in tutta la loro maestà.

Nel frattempo i sultani si succedettero ben dopo Maometto II, Aghía Sofía fu modello per altre splendide moschee, affidate per esempio alla geniale arte di Mimar Sinan Koca, architetto che servì nel XVI secolo sotto quattro sultani, edificando oltre trecento edifici tra civili e religiosi.

Fino alla caduta dell’Impero Ottomano nel 1918, Santa Sofia rimase moschea. Kemal Atatürk, padre della patria e presidente della nuova Turchia laica, ne volle fare un museo, per spezzare quella tradizione che aveva legato l’edificio a cristianesimo e islam. E così è stato fino a questi giorni, anche se l’atmosfera del bellissimo edificio richiama a un sentimento religioso anche i più laici tra i visitatori. 

1483 anni dalla consacrazione a chiesa e poi moschea non si cancellano in pochi decenni: ora il nodo cruciale si fa sempre più stringente, da quando nella Turchia di Erdoğan avanza il volere degli islamisti appoggiati dal presidente, che vogliono il ritorno di Santa Sofia a moschea. 


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Santa Sofia. È patrimonio mondiale dell’umanità ultima modifica: 2020-07-11T19:18:20+02:00 da BARBARA MARENGO
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