La quasi italiana Brigitte Bardot

In un libro di Mauro Zanon, con bozzetti di Milo Manara e prefazione di Giampiero Mughini, curiosità e aneddoti sui legami con l’Italia di uno dei miti viventi del cinema che mosse i primi passi a Cinecittà.
ALDO GARZIA
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Tutto, ma proprio tutto su Bardot made in Italy è la sintesi migliore per raccontare il libro di Mauro Zanon, Brigitte Bardot, Un’estate italiana (pp. 160, £ 20,00, Gogedizioni). L’originalità di queste pagine sta infatti nello schizzare il ritratto di un mito vivente del costume e del cinema privilegiando però esclusivamente i suoi rapporti con l’Italia. E di curiosità in tale approccio, se ne scoprono tante, alcune poco note pure ai bardottiani di lunga data (l’aggettivo compare nell’Enciclopedia Treccani).

Prima curiosità. Anne-Marie Mucel, mamma di madame Liberté, era naturalizzata francese ma nata a Milano dove visse fino al  1933, quando incontrò l’industriale Louis Bardot che decise di sposare e di seguire a Parigi, dove l’anno dopo nacque Brigitte. La bambinaia Dada, molto amata dalla futura attrice come si legge nelle sue memorie, era lombarda e la leggenda vuole che insegnò a Brigitte a parlare fin da bimba la lingua di Dante, poi praticata a fasi alterne. 

Un acquerello dall’account FB di Milo Manara

Seconda curiosità, questa decisiva per la carriera di B. B. Quando Brigitte non aveva ancora vent’anni, era indecisa se intraprendere la carriera di ballerina (studiava danza classica) o di modella. Fu a Parigi l’agente delle star Olga Horstig, interpellata da Brigitte su suggerimento del fidanzato e poi marito Roger Vadim, a consigliarle neppure ventenne di fare un viaggio a Roma per farsi conoscere nell’ambiente di Cinecittà. E lì che fa un provino per Mino Monicelli che sarà un clamoroso buco nell’acqua. Monicelli le dirà di lasciar perdere le velleità di attrice, per affermare qualche anno dopo che non si era accorto delle potenzialità di Brigitte. Ebbe ragione comunque la signora Horsting, perché già nel 1954 B. B. recitava a Cinecittà accanto a Giorgio Albertazzi e Lucia Bosè nel film Tradita. Poi arrivarono altre comparsate, fino a Mio figlio Nerone (regia di Steno)  dove l’imperatore pazzo è interpretato da Alberto Sordi mentre il ruolo di Seneca era toccato a Vittorio De Sica.

Sul set avvenne il colpo di scena decisivo per la carriera successiva, come racconta la stessa Brigitte:

Quando ho interpretato Poppea in quel film mediocre, ho dovuto farmi decolorare dal parrucchiere della produzione perché Poppea era bionda. È stata l’unica cosa positiva di quel film.

B. B., dai capelli naturali castano chiari, sarebbe diventata bionda fino ai nostri giorni. In quella metà degli anni Cinquanta, Brigitte si fece ovviamente notare per la sua spontaneità e bellezza a Cinecittà e nei locali notturni di via Veneto. Viveva a Roma con Ursula Andress in una stanzetta a piazza di Spagna. Nel 1956, sarebbe avvenuta l’esplosione della “bomba Bardot” sul grande schermo con il film Piace a troppi di Roger Vadim, censurato in Italia in alcune scene osé e finanche nel titolo originale di E Dio creò la donna (Dio non poteva essere nominato invano).

Terza curiosità. Nel 1968, a Saint-Tropez, dove Brigitte costruì la sua residenza nella villa La Madrague e dove vive tuttora, scoppiò il flirt tra l’attrice e il playboy italiano Gigi Rizzi che di lei ha scritto:

Sembravi un marziano, un extraterrestre di stratosferica bellezza. Ma non eri  quel personaggio dispotico descritto dai giornali. Eri fragile, malinconica, intelligente, sensibile, gelosa dell’intimità.

Dalle pagine di questo libro di Mauro Zanon, corrispondente da Parigi del quotidiano il Foglio, scopriamo un altro amore italiano di B. B. di fine anni Cinquanta a cui le cronache non hanno dato molto risalto: Raf Vallone, attore molto in auge in quel periodo, comunista militante, fama da intellettuale antifascista. 

Uno dei 25 acquerelli unici di Milo Manara esposti in una mostra a Bruxelles nel 2016

Quarta curiosità. Sono due i film girati in Italia che danno prestigio al palmares cinematografico di B. B.: Vita privata (1961) di Louis Malle ambientato a Spoleto con partner Marcello Mastroianni; Il disprezzo (1963) di Jean-Luc Godard ambientato a Capri nella villa dello scrittore Curzio Malaparte e tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia. Si tratta di due film d’autore che valorizzarono finalmente Brigitte che decise di abbandonare d’improvviso le scene – come aveva fatto Greta Garbo – nel 1973, quando non aveva compiuto neppure quarant’anni, forse perché stanca di film e filmetti di routine.

Ultima curiosità. Il mito B. B. – scrive Zanon – è più vivo attualmente in Italia che in Francia, dove di lei si parla solo per qualche iniziativa della Fondazione che porta il suo nome o per rari incontri con il presidente Emmanuel Macron per perorare cause animaliste. La maggioranza dei francesi non apprezzerebbe le sue dichiarazioni antiarabe dal sapore razzista e non le perdonerebbe di aver sposato nel 1992, in un matrimonio numero quattro, Bernard d’Ormale, esponente del Fronte nazionale di Marine Le Pen (che bizzarro destino quello di Madame Liberté simbolo libertario nei decenni Cinquanta, Sessanta e Settanta diventata politicamente di estrema destra).

A impreziosire il libro di Zanon ci pensa infine una decina di bozzetti di Milo Manara dedicati a Brigitte Bardot, accompagnati da un’intervista al loro autore. C’è anche un’introduzione di Giampiero Mughini, bardottiano di provata fede. 


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La quasi italiana Brigitte Bardot ultima modifica: 2020-07-22T19:11:46+02:00 da ALDO GARZIA
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