Hasta siempre querido Eusebio

Addio a “el Historiador” de La Habana. La sua opera di recupero della capitale cubana, iniziata negli anni Settanta del secolo scorso, è diventata progressivamente un riferimento non solo per la città, ma anche per la politica culturale del paese.
FRANCO AVICOLLI
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Eusebio Leal Spengler era “el Historiador” de La Habana, grande affabulatore e narratore della sua esistenza, ma soprattutto custode del suo senso. Era difficile pensare a Eusebio senza La Habana, ma ora è difficile pensare alla città senza di lui, come annunciano i profili minacciosi di edifici fuori scala in tutti i sensi. Egli ha consegnato a Cuba e alla sua capitale una storia che non è soltanto memoria, ma anche corpo di una identità che è riconoscimento e appartenenza, i forti segni coesivi della comunità. La sua opera di recupero de La Habana iniziata negli anni Settanta del secolo scorso, è diventata progressivamente un riferimento non solo per la città, ma anche per la politica culturale del paese. E credo che per questa ragione il recupero de La Habana Vieja non vada considerato solo dal punto di vista architettonico, ma anche dal punto di vista “biologico”, vitale.

Con il recupero della città antica, Eusebio Leal ha difatti ricomposto il percorso del suo farsi riallacciando il vincolo delle molte Habana all’area portuale e al mare da dove essa nasce. E così, le ha ridato il cuore. Per essere La Habana antica il centro storico della città, ma non dal punto di vista geografico, c’era il pericolo di trasformare quell’area in periferia, di assegnarle un ruolo improprio e passivo, come avviene per molti centri storici anche italiani. E la sua assenza dal contesto urbano che si allontana dalle origini avrebbe avuto effetti devastanti sull’integrità collettiva della capitale, ma anche di Cuba. Eusebio ha riportato il paese alle sue origini facendogli rivivere le attività ideative e manuali, e lo ha reso partecipe della sua riscoperta in un tempo in cui le sirene sviluppiste avrebbero potuto commettere danni irreparabili. 

Eusebio Leal: “La Habana es una ciudad verdaderamente maravillosa y única”. FotoJuvenal Balán (Granma)

Egli ha cominciato proprio da principio, per non dire dal nulla. Perché le tracce della storia nei paesi dove c’è stata la colonia, la loro concreta fisicità spesso costituita da un’architettura solo in parte di pregio, rappresenta un topos da cui allontanarsi, per essere simbolo del tempo della sottomissione, di abitudini, metodi e pratiche che includono i rapporti. Questa convinzione era forte negli anni Sessanta, quando la rivoluzione cubana faceva i primi passi. Ed era così forte il sentimento, che si accennò all’eliminazione della produzione dello zucchero per il rapporto insito nella coltivazione della canna, per un lavoro legato alla schiavitù e alla succubanza non solo economica. E si era deciso anche di ammodernare la città, ovviamente sventrandola, allargando le arterie della sua parte più vecchia che antica, come se la modernità e l’ostentazione delle grandi avenidas potessero da sole essere l’iniezione di un nuovo respiro e di un tempo vittorioso. I piani erano stati approntati, ma per fortuna mancarono i fondi necessari. 

Quando Eusebio Leal diventa Historiador de la Ciudad, la Rivoluzione comincia a pensare a un futuro prestando più attenzione allo stato reale del paese ed egli capisce che il momento è più disposto alla riflessione e alla ponderatezza e la storia è un buon modo per  rendere visibili i segni di riferimento, soprattutto se è città.  Proprio in quegli anni – e malauguratamente – si andava arenando il progetto modernista delle Escuelas Nacionales de Arte che comunque resta la più grande opera architettonica della rivoluzione cubana.

La Habana costruita prima del Novecento è fragile architettonicamente perché è costruita in gran parte – circa il settanta per cento – con materiale crudo sul quale non è possibile intervenire con il semplice restauro e in modo parziale, ma è necessario il rifacimento della fabbrica ed è il destino subito da alcuni locali storici come il Floridita, dove Hemingway andava a prendere il daiquirì. 

Nei primi anni del castrismo la popolazione della città cresce celermente e la fame di case è enorme. L’ISPJAE, il Politecnico è una vera è propria fabbrica di giovani ed entusiasti architetti, ingegneri e tecnici che si formano con dei bravi docenti, fra cui anche alcuni italiani. Eusebio Leal è Historiador, ma non è architetto, la sua è una formazione umanistica. In questa atmosfera di urgenze e pressioni, di necessità e di volontà, ma anche di molta approssimazione che l’entusiasmo non può compensare, nascono differenze di visioni più che conflitti, ma Eusebio è cosciente della forza della memoria storica. Riesce a costruire un’importante rete di relazioni e, infine, a convincere Fidel Castro del suo progetto di recupero della città antica. Ma non ci sono mezzi e neppure le maestranze necessarie, quelle che sanno lavorare il legno e fare le rifiniture, gli intarsiatori e gli stuccatori e la scuola di architettura è quasi completamente indirizzata verso modernità costruttiva, tranne qualche importante eccezione. In tale difficile situazione egli riesce a creare un meccanismo di autofinanziamento dei restauri e del recupero urbano.

Eusebio Leal ha il merito di aver riportato nel paese la storia che nelle realtà segnate dal colonialismo, si manifesta prevalentemente nella versione celebrativa, con la retorica che ricorda martiri ed eroi. Egli mette ancora in moto la sua straordinaria capacità di costruire rapporti e trova gli aiuti necessari sapendo dove si trovano. E ne trova anche in Italia e anche a Venezia, allo IUAV, dove si formano diversi architetti che fanno parte dell’ossatura progettuale e tecnico-costruttiva del gruppo – la Oficina – che ruota attorno all’Historiador. Uno dei suoi grandi sostenitori è Alfredo Guevara figura fondamentale della cultura cubana per il ruolo svolto nella costruzione dei nuclei di artisti che poi hanno fatto la storia del cinema di Cuba, della musica, della pittura e della grafica. L’architetto Mario Coyula gli offre i suoi primi quattro architetti, come ha ricordato lui stesso.  

Ho avuto la fortuna di vivere molti di questi momenti e molti segmenti dei progetti relativi e ho potuto conoscere le ostilità e le problematiche professionali e di visione che egli ha dovuto affrontare e risolvere. 

Nel maggio del 1984 Venezia ospitò la grande manifestazione culturale Cuba a Venezia che riunì molti dei giovani usciti da quel crogiolo di effervescenza creativa. Eusebio Leal raccontò la sua Habana allo IUAV e gettò nuove basi per dare ulteriore impulso all’opera divenuta oramai inarrestabile e modello. 

Egli non amava nominare la morte ed era per pudore. Era uno storico, el Historiador de la Ciudad, il suo tempo era aperto ed è difficile vederlo in un’altra dimensione. 

Hasta siempre! querido amigo e che La Habana ti accompagni.

copertina: Ritratto di Eusebio Leal, di Falco, da Juventud Rebelde

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Hasta siempre querido Eusebio ultima modifica: 2020-08-01T17:25:27+02:00 da FRANCO AVICOLLI
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