Onestà, intelligenza, Venezia. Linee guida di una vita lunga, densissima, combattuta in prima linea, da una donna molto speciale: Luciana Boccardi, protagonista di La Boccardi, il libro di Alda Vanzan, firma di punta del Gazzettino. Semplicemente lei, un fulmine di guerra nella moda dagli anni Cinquanta a oggi. Una veneziana, innanzi tutto, una di quelle toste che, come Giuliana Camerino o Flavia Paulon, meritano un posto speciale nelle enciclopedie, una che dai suoi dodici anni e mezzo in una Venezia impoverita da guerra e dopoguerra s’impegna, lavora, sale gradino dopo gradino le difficile vette del sapere e dell’impegno, con abnegazione e fortissima volontà, accompagnate da intelligenza e consapevolezza.
Cose non facili per una donna, anzi un’adolescente che, grazie a una vecchia macchina da scrivere senza la lettera Z, arriva a essere un nome di riferimento nel mondo della moda: quanti hanno battuto a macchina a mitraglietta attirando l’attenzione nientepopodimeno che di Igor Stravinsky?
Erano tempi di favole avverate, quando nei corridoi di Ca’ Giustinian il compositore, passando, udì il ticchettio di Luciana impegnata a scrivere a macchina e lo paragonò a una sinfonia, segnalando la giovane. E lei, dattilografa con alle spalle un padre musicista accecato da un incidente e condizioni economiche difficili, mette in pratica il motto di famiglia “mai paura di niente” e va avanti, nell’impegno, nella carriera, nella conoscenza, e nella fama.
Certo, essere premiata da George Simenon per un racconto da una giuria parigina non è da tutti: la ragazza capisce di poter fare. E vuole fare a Venezia, la sua Venezia e il Gazzettino, il giornale della sua città, dove inizia in un settore, quello della moda, relegato a trafiletti nelle pagine dei necrologi…
Dal suo sterminato archivio disordinato, consultato dall’autrice Alda Vanzan, viene fuori tutta la personalità di Luciana Crovato in Boccardi, che con il mutare dei tempi assiste e favorisce lo sbocciare impetuoso del mondo della moda, un rutilante universo che dagli anni Cinquanta a oggi ha cambiato la società, creato ricchezze e miti, spostato baricentri, decretato stili e modi di vita.
Dalle sfilate degli anni Cinquanta, con le modelle mute e algide che scomparivano dentro i vestiti, alle mitiche top model degli anni Settanta e oltre, dagli stilisti classicheggianti all’irrompere di nomi che fanno parte oramai della storia: da Versace a Valentino, da Ferré a Krizia, da Fendi a Ungaro.
La Boccardi li conosce tutti, partecipa alle sfilate in prima fila, lei che ha iniziato ricamando borsette per un artigiano di sant’Agostin per approdare poi alla Biennale Teatro e Musica, ampliando il raggio di conoscenze, frequentazioni, incarichi, amicizie, contrasti, attraversando i momenti più drammatici degli anni Novanta, con le rivendicazioni femminili (per Boccardi la donna doveva essere emancipata e non liberata, l’aborto autorizzato, non certo una soluzione), la direzione di giornali come Il Femminile, il matrimonio con VIrgilio, recentemente scomparso, il figlio, le vicende di una vita piena di storie e di vari e veri amori, avventure straordinarie che il libro racconta come una lunga sincera intervista.
Campo Bandiera e Moro, cuore di Castello, un giardino di una casa quattrocentesca, normale per una veneziana, che ricorda anche il fatto di aver aperto un ristorante, e per ben sette anni!, su suggerimento di Emmanuel Ungaro, sì proprio lui, lo stilista pugliese-francese…

Un trattato a volte filosofico, a volte storico, a volte sociale, un incredibile spaccato dell’Italia e dell’Europa dagli anni Cinquanta a oggi, attraverso gli articoli della Boccardi, i suoi libri, numerosissimi, le sue cronache che cronache non sono, il suo stile e la sua mitraglietta macchina da scrivere, con un ritmo che oggi non si sente più nelle redazioni e nelle sale stampa, ma che fino a pochi decenni fa accompagnava il lavoro di tutti i giornalisti.
E non è da tutte aver passato una giornata facendo compagnia a Ingrid Bergman, ospite del Festival di Asolo organizzato da Flavia Paulon, altra mitica figura legata alla Biennale: amicizia, sì amicizia, anche se per poche ore sincere trascorse con la Ingrid, allora all’apice della fama e degli amori e naturalmente degli scandali. Incontro del quale la Boccardi non ha mai parlato con nessuno, mantenendo onestà che si chiama deontologia e che forse oggi non va molto di moda.
Già, oggi, che mondo è quello di oggi, e non solo quello della moda o del giornalismo dal punto di vista Boccardi
Non c’è più il concetto di bellezza legato alla grazia e all’eleganza, per non dire all’educazione, [sarebbe bello un ritorno] all”aristocrazia del buon gusto.
Bognerebbe intonare a gran voce “un grido contro l’ignoranza”, e poi Venezia, ahi che problemi. Lei, la Boccardi, si è battuta come una leonessa durante i cinque referendum per la separazione tra Venezia e Mestre, dalla parte della separazione naturalmente… e senza successo. Ma il suo è uno sguardo lungimirante sul turismo volgare, sul fatto che Venezia sia sempre più un circo – emergenze coronavirus a parte – dalle grandi navi alla perdita delle tradizioni artigianali, e vorrebbe una città molto diversa, un’utopia senz’altro, ma sognare non è vietato, anzi.
“Siamo come i Sioux” noi veneziani, afferma Boccardi, ma le donne veneziane, ah che belle gambe che hanno, “grazie ai 439 ponti, che ginnastica…”
Ecco un trattato di storia della moda che è anche storia della società, ecco cosa potrebbe essere un possibile futuro di Venezia. Firenze negli anni ’50 è stata la capitale della moda, poi Parigi e Milano, adesso non si capisce dove come e chi, ma Venezia avrebbe tutte le caratteristiche per entrare nel circuito internazionale della moda: atelier, idee, luoghi che oggi proditoriamente si chiamano location, e tante tante potenzialità neglette.
“Sono una fuori serie” dice di sé Boccardi, fuori da quei cerchi magici che oggi imbrigliano e tolgono libertà anche al mondo della moda. E lei può, dall’alto della sua esperienza – non della sua età, che è misteriosamente sempreverde – togliersi tanti tanti sassolini dalle sue (trecento, pare) paia di scarpe: sassolini da tirare ai Pr degli stilisti, un filtro insopportabile per i giornalisti, Pr arroganti e ignoranti, supponenti e condizionanti. Boccardi non le ha mai mandate a dire, le sue rimostranze, anche verso potenti o politici, difendere le sue opinioni anche se controcorrente è stata una sua prerogativa: per difendere le sue idee ha lasciato direzioni di testate, discusso con funzionari e dirigenti, messo in discussione quei poteri forti che in ogni settore condizionano scelte e comportamenti.

Se la cosa più preziosa che possiede tra i sette armadi pieni di abiti è lo scialle ricamato della bisnonna Gingia, torniamo indietro nel tempo, immaginando donne cosiddette “in carne” vestite da tessuti preziosi modellati su forme morbide. Ecco un’ulteriore emergenza sociale e legata alla salute: la moda ha condizionato anche i nuovi canoni legati alla forma fisica, nella fattispecie all’eccessiva magrezza delle modelle diventate icone ed esempi da seguire.
Ci credereste che gli stilisti hanno preferito le taglie anoressiche per risparmiare sui tessuti? Anche questi sprazzi di cinismo appartengono al mondo che Boccardi analizza e racconta, affermando che, naturalmente, non è tutto da buttare, anzi, tanto ci sarebbe da salvare e potenziare, soprattutto in momenti come questo.
“Snobismo, ipocrisia, avidità” caratterizzano in parte l’universo moda, accanto peró a tanti momenti esaltanti, a tanta creatività, a tante intelligenze.
“Un modo di raccontare la moda” tutto da leggere e da analizzare, che la Boccardi mette a nudo nella quiete della sua casa, tra computer, pianoforte e libri, ricordando il suo amore per la sua grande famiglia e per il suo lavoro, conquistato, secondo dopo secondo, con impegno, anche se lei, di scuola, ne ha fatta proprio poca, solo le elementari… Ma che vita.
Copertina: Luciana Boccardi, foto da Twitter

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