Brugnaro. Venezia non può più essere affar suo (1)

Continuare ad affidarsi, specie dopo covid, al solo settore turistico-ricettivo esporrebbe Venezia a rischi che non si può più dire di non conoscere. Eppure il sindaco/candidato continua a cercare una tetta libera della vacca grassa dell’industria turistica a cui attaccarsi.
GIOVANNI LEONE
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PRIMA DI DUE PARTI

Clima e politica

Venezia ha sofferto nell’ultimo anno prima l’estate torrida, poi l’acqua granda, infine il Covid-19. Una sequenza di accidenti naturali incontrollabili che hanno evidenziato le fragilità – queste invece sì, prevedibili e governabili – della “monocultura turistica”, espressione inadeguata per descrivere una pratica predatoria affatto culturale con gravi conseguenze sul piano sociale, che non ha nulla della speculazione filosofica e molto di quella commerciale e immobiliare. 

Solo i terrapiattisti possono negare gli errori di sottovalutazione dei rischi e l’errore di sopravvalutazione dei vantaggi che un’economia improntata esclusivamente sul turismo comporta, con il risultato che ogni perturbazione è in grado di spingere in sofferenza l’intera economia di una città calamita che si fa calamità sociale, penalizzata nella sua dimensione civica e ridotta a centro d’attrazione turistica a scapito degli abitanti.

Continuare ad affidarsi al solo settore turistico-ricettivo esporrebbe a rischi che non si può più dire di non conoscere, eppure il cittadino primo (ma non inter pares) continua a cercare una tetta libera della vacca grassa dell’industria turistica a cui attaccarsi, puntando sul rilancio del casinò, annunciando eventi grandi e piccoli. Il primo ad accorrere è stato Zucchero e per aiutare la città ha suonato in privata solitudine e girato un video in una piazza San Marco interdetta per l’occasione al pubblico. La politica dei fuochi fatui di un sindaco ossessionato dai schei e poco interessato al tessuto vitale della città, che trova il tempo per farsi fotografare sorridente in piazza con Zucchero ma che nei 5 anni di sindacatura non ha trovato il tempo per incontrare, neanche una volta, Confartigianato autorevole associazione di categoria. Mentre si guarda ai grandi eventi si trascurano iniziative civiche, indipendenti e di grande di successo destinate agli abitanti come è il consueto appuntamento estivo di VOS (Venice Open Stage) in campazzo San Sebastiano. Nel caso di ri.VE.mo, (iniziativa civica per rilanciare l’economia cittadina e la comunità degli abitanti che si terrà il 12-13-14 settembre) la concessione del mercato di Rialto non è confermata ma di certo i problemi verranno risolti in un modo o nell’altro, perché in campagna elettorale è difficile si faccia torto a iniziative indirizzate alla cittadinanza.

Torniamo al clima. I cambiamenti climatici non hanno risparmiato la politica dove la stagione elettorale con promesse, miraggi e colpi di sole, si è estesa accalorando la fredda stagione delle scelte di governo (talvolta anche doverosamente impopolari) e cancellando le stagioni intermedie, tanto la primavera dell’innovazione politica che quella d’autunno in cui i bilanci fan cadere le foglie e i partiti-alberi vengono messi a nudo. La conseguenza? Un perenne clima surriscaldato e rissoso, viziato dal pregiudizio, dall’insulto, dalla bugia, in cui la politica si fa sinonimo di polemica, il confronto diventa contrapposizione e la competizione elettorale una lotta in cui vince chi la spara più grossa. Chi la pensa diversamente (l’altro) non è interlocutore ma nemico da (ab)battere o ignorare per ridurlo al silenzio.

Ci si lamenta di come vanno le cose e ci si scaglia contro la classe politica dimenticando che i politici sono lo specchio della società come dimostrano i nuovi arrivi nei palazzi della politica, approdati dopo migrazione dalle piazze ai palazzi. Il problema è piuttosto lo spirito del tempo che pervade la società e di riflesso la politica. Tutti parlano per ascoltare se stessi, pochi tengono conto di ciò che è stato detto prima di loro, nessuno riconosce errori e si assume responsabilità puntando l’indice altrove. Gli italiani, incapaci di formare una nuova classe dirigente, hanno puntato sul carattere civico per prendere le distanze dal sistema dei partiti tradizionali, ma è diventato uno specchietto per le allodole col proliferare di liste civetta annidate nei partiti.

La politica del monologo

In un discorso del 2 ottobre 1935 in risposta alla condanna dell’Italia dalle Nazioni Unite per l’aggressione all’Abissinia, Mussolini sfidava il mondo dichiarando orgogliosamente che gli italiani sono un popolo di eroi, di santi, di poeti, di artisti, di navigatori, di colonizzatori, di trasmigratori”. La citazione campeggia da allora sulle quattro facciate del Palazzo della Civiltà Italiana all’EUR, noto anche come colosseo quadrato, ma oggi dovremmo correggere quella sentenza dato che a governare il paese abbiamo messo imprenditori, calciatori, nani, ballerine e uomini della strada, tutti rigorosamente digiuni di cultura politica ma in un certo senso non dilettanti, dato che molti hanno così trovato occupazione e nessuno lo fa per diletto. Una volta chi si ribellava stava in piazza ed era definito extra-parlamentarie, ed era identificato con il partito dell’impedimento, del “non fare”. Oggi la piazza è entrata in parlamento con le sue intemperanze, l’arte della mediazione ha ceduto il passo allo scontro aperto e quella della negoziazione è stata ridotta a mera transazione commerciale che si vuole garanzia di successo del “fare a tutti costi” fratello gemello del “fare costi quel che costi”. Fuori dal parlamento sembra rimasto il partito del “far bene”.

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A Venezia il vento del cambiamento si è alzato improvviso nel 2015 quando gli elettori hanno dato una sonora lezione a una classe politica cresciuta dentro i partiti tradizionali, che deteneva il potere da decenni ed era convinta di essere insostituibile. Forse proprio per questo è stata sostituita con un una cordata capitanata da un candidato che si presentava come “civico” e con spirito imprenditoriale aveva presentato la sua OPA sul governo della città, vinta insieme a una corte di rampanti esordienti digiuni di politica, convinti a loro volta di essere invincibili. Molti degli elettori hanno probabilmente coltivato (invano) la disperata speranza che una tale lezione potesse essere fattore di rinnovamento del panorama politico cittadino ma il risultato è stato:

  1. l’accentramento del potere decisionale; 
  2. l’esilio del dialogo in un consiglio comunale chiamato a ratificare senza discutere;
  3. la sottrazione delle deleghe alle municipalità, colpevoli di ostinarsi a voler esercitare la loro (residua) funzione di governo locale (perno del sistema di decentramento amministrativo democratico) e di dare voce a una opposizione che era minoranza comunale localmente maggioritaria;
  4. la predilezione per il monologo, comunicazione a senso unico senza contraddittorio.

I composti del verbo fare sono numerosi: per soddisfare il bene della comunità e non quello privato il sostantivo affare non può che riferirsi alla prima persona plurale dell’aggettivo possessivo (nostro) e accompagnarsi all’aggettivo qualificativo “pubblico”. Troppo spesso si cerca piuttosto di assuefare per sdoganare altri modi di fare: dall’arraffare allo strafare, dal disfare al sopraffare.

Con(s)iglio comunale

Assistere o, meglio ancora, partecipare a una sola seduta pubblica comunale degli ultimi cinque anni è un’esperienza mistica illuminante. Ne ho fatto esperienza. 

Nel 2017 sono intervenuto ai lavori della II commissione consiliare a proposito della questione delle multe elevate a riunioni conviviali di cittadini in campo, con tavolino e sedie. In quell’occasione avevo illustrato la proposta di regolamento per l’uso civico dello spazio pubblico dei cittadini del comitato Scendiamo in campo. Lì per lì sembrava aver suscitato interesse ma era solo dovuto all’unanime indignazione e al risalto dato alla questione sui quotidiani cittadini. La materia è stata poi regolata dal nuovo regolamento di polizia e sicurezza, senza tenere in alcun conto le proposte, segno eloquente dell’approccio di questa amministrazione che tratta l’uso civico dello spazio pubblico come questione di ordine e sicurezza. 

Nella speranza di acquisire informazioni e di approfondire questioni di rilievo in quanto a pubblico interesse che avevo studiato come cittadino e architetto, ho di recente preso parte a una seduta del consiglio comunale e a un dibattito pubblico aperti alla partecipazione dei cittadini. 

Lunedì 8 giugno si è tenuto al Centro Candiani e online il dibattito pubblico sul “progetto definitivo del Collegamento ferroviario con l’aeroporto Marco Polo di Venezia”, un obbligo di legge a cui il sindaco sembrava dover sottostare controvoglia, tanto che cercava di accelerare i tempi e andare velocemente al dunque, che per lui non era il merito del progetto né le osservazioni o i dubbi dei cittadini convenuti, ma l’acquisizione di consenso da ottenere con la monetizzazione della vicenda, cioè riducendo la valutazione di pregi e difetti, vantaggi e svantaggi, di un progetto d’impatto non trascurabile alla richiesta di un equo risarcimento per i privati danneggiati dall’opera, richiesta tanto legittima quanto ovvia, ma inutile alla comprensione di un’opera che può utile sotto il profilo funzionale ma che va ponderata nella proposta per i notevoli investimenti richiesti e per l’impatto sul piano sociale e ambientale. Continuava a intervenire anche interrompendo i tecnici e facendo confusione: l’imprenditore di fatto e architetto su carta, dimostrava scarsa padronanza nell’interpretazione degli elaborati grafici, ragion per cui veniva corretto/smentito dai tecnici che aveva interrotto per tradurre in parole (troppo) povere l’esposizione dei tecnici delle ferrovie. Nessuna valutazione sulle strategie o sui vantaggi per il sistema dei trasporti, nessuna considerazione sulle indispensabili sinergie con la mobilità regionale e nazionale, nessun inquadramento della proposta progettuale avanzata sotto il profilo strategico, urbanistico, ambientale, funzionale, tecnico, solo la scontata affermazione che un collegamento con l’aeroporto è necessario, su cui tutti convengono in astratto ma che richiede di essere declinata nel modo migliore sul piano concreto. Il caso ha voluto che quando la seduta è stata repentinamente chiusa ci si sia dimenticati di chiudere il collegamento online dove, finalmente, si stava aprendo un dibattito sul piano tecnico ponendo questioni ai tecnici progettisti delle ferrovie. Quando costoro stavano rispondendo un addetto comunale ha ripreso il controllo e chiuso il collegamento. Il dibattito pubblico dovrebbe essere occasione di confronto e di approfondimento, non un’esposizione seguita da una serie di osservazioni e domande lasciate senza risposta.

Mercoledì 22 luglio ho invece chiesto e ottenuto d’intervenire al Consiglio Comunale dove si discuteva del progetto di sistemazione dell’area ex-gasometri. Al momento di darmi la parola Maurizio Crovato è intervenuto per chiedere con chi fossi candidato, dando per scontato che lo fossi, un tentativo di minare la credibilità di qualunque cosa avessi intenzione di dire. Ho chiarito di aver lavorato in città sul fronte civico per l’unione, l’in-contro e il ritorno a una politica come dialogo e confronto, ma vedendo prevalere lo spirito divisivo di contrapposizione e in assenza di un progetto largo e aggregativo, ho ritenuto che non ci fossero le condizioni per un mio impegno elettorale, restando quelle per la prosecuzione dell’impegno civico. Ho poi esposto argomenti e interrogativi di cui non si è tenuto conto.

Nell’intervento conclusivo l’assessore De Martin ha esordito attaccando con veemenza il sottoscritto ché “in febbraio ha scritto un post su Faceboook a sostegno della candidatura del rettore Bugliesi”. A parte il fatto che non corrisponde al vero, non si capisce cosa ci sarebbe stato di male e cosa c’entrasse una eventuale candidatura o un impegno sul fronte civico cittadino con l’argomento all’ordine del giorno e con le domande da me poste, rimaste ignorate. De Martin si è poi inalberato contro i tanti che travisano i fatti tra cui i giornalisti “che ancora oggi scrivono falsità e inesattezze”, per concludere smentendo che il sindaco e la giunta abbiano intenzione di concedere il cambio di destinazione d’uso per l’area dove è prevista la realizzazione di residenze, sottolineando che non sono stati depositati progetti né rilasciati permessi di costruire in tal senso, dal che si deduce come la notizia sia priva di fondamento.  Forse con ciò riteneva di liquidare la questione, approfitterei invece qui per ribadire gli argomenti a cui non si è risposto, preferendo parlare d’altro.

  1. – Il consigliere Crovato ha sottolineato come la vicenda ex-gasometri abbia origine in scelte politiche della stessa sinistra che oggi si straccia le vesti. Vero, c’è un peccato originale a monte che sta nell’alienazione di un’area destinata a servizi e spazi pubblici. Un errore può essere utile se lo si riconosce e si evita di ripeterlo, peccato che nel caso degli ex-gasometri gli errori continuano ad accumularsi. In un progetto i passaggi procedurali non sono un ostacolo o una fastidiosa formalità ma un processo di verifica in funzione dell’affinamento, con modifiche e aggiornamenti migliorativi, invece nel caso degli ex-gasometri si è progressivamente andati di male in peggio: prima attrezzatura sportiva e spazi pubblici, poi residenze e palestra, quindi si libera l’area della palestra che viene spostata nel cortile della scuola prevedendo una palestra sottodimensionata rispetto alle necessità delle scuole Algarotti-Sarpi, Benedetti-Tommaseo, Barbarigo, e sovradimensionata rispetto allo spazio fisico del cortile della scuola, …infine si propone di spostare la palestra in Arsenale (in assenza di un piano complessivo dell’area, quindi senza sapere se quella collocazione possa risultare utile o meno al progetto complessivo) e si chiede di destinare l’area all’ennesima struttura alberghiera.
  2. Non c’è motivo di non credere all’assessore de Martin che afferma non essere stato sottoposto ad approvazione il progetto presentato alla stampa e sul web, ma questo non vuol dire che non si voglia imboccare quella strada: perché altrimenti l’osservazione al Piano degli Interventi n. 448 è stata catalogata come “mera idea” mentre l’osservazione n. 304 risulta “prioritaria per accordo P/P” (Pubblico/Privato)? La n. 448 presentata da Ecoistituto del Veneto e Venezia Cambia proponeva di negoziare con MTK una permuta dell’area ex-gasometri con quella dell’area degli ex-cantieri ACTV a Sant’Elena, in questo modo l’immobiliare avrebbe avuto un’altra area su cui intervenire, proposta interessante perché riconosceva all’imprenditore il diritto di procedere con un’operazione immobiliare consistente nella costruzione di edifici residenziali. La n. 304 dell’Immobiliare Del Corso (ereditata e fatta propria da MTK-Holler) conteneva invece la richiesta di cambio di destinazione d’uso dell’aera ex-gasometri da residenziale a ricettivo con incremento edificatori, …si badi bene che questa proposta indecente è antecedente all’ipotesi di realizzare un “palazzetto dello sport” nell’area ex-dalmati all’interno dell’Arsenale, con la quale oggi Holler (l’immobiliarista che amministra MTK la società che ha acquistato l’area) sostiene la necessità di realizzare strutture alberghiere di lusso. Non prendiamoci in giro, questa amministrazione ritiene che a Venezia serva il lusso e non delle politiche per la casa, tanto che nel corso della seduta un consigliere ha dichiarato che a Venezia non c’è domanda per case economiche, ignorando evidentemente l’incapacità di un ente come l’ATER a soddisfare la domanda di case a basso costo e il fatto che la classe media è forse quella maggiormente penalizzata nel “libero” mercato, ma specialmente sorvolando sulla mancanza di una seria politica sulla casa: chiuso l’osservatorio comunale sulla casa, ci si ripara dietro alla delibera contro i cambi d’uso sorvolando sul fatto che venga regolarmente vanificata dalle troppe numerose eccezioni concesse, ecc.

Non prendiamoci in giro, questa amministrazione ritiene che a Venezia serva il lusso e non delle politiche per la casa, tanto che nel corso della seduta un consigliere ha dichiarato che non c’è domanda per case economiche.

Sulla base delle dichiarazioni dell’assessore all’Urbanistica, Edilizia privata, Edilizia convenzionata, Ambiente, Città sostenibile non dovrebbe esserci difficoltà a confermare ufficialmente questa posizione, prendendo un impegno con la popolazione in tal senso. I cittadini hanno diritto ad avere una risposta ufficiale chiara e inequivocabile da parte della classe politica tutta, per questo chiediamo al sindaco candidato e ai candidati sindaco di assumere un impegno formale con la cittadinanza in tal senso, dichiarando che non concederanno il cambio d’uso. Da questo punto fermo si dovrà partire per ripensare il progetto di sistemazione di questa e di altre aree nel quadro di una strategia urbana complessiva e unitaria di valorizzazione dei beni comuni, degli edifici e degli spazi per servizi pubblici. Il problema principale sta nell’affrontare la questione come caso a sé stante, estrapolandolo dal complesso delle questioni rilevanti. Fare ragionamenti di sistema è fuori moda, si preferisce scardinare e vanificare ogni tentativo di pianificazione facendo ricorso sistematicamente all’istituto della deroga: in assenza di capacità di provvedere a un aggiornamento coerente degli strumenti urbanistici, si preferisce navigare a vista ignorando la cultura del progetto, l’arte della pianificazione e della programmazione.

continua SECONDA PARTE

Brugnaro. Venezia non può più essere affar suo (1) ultima modifica: 2020-08-14T17:31:30+02:00 da GIOVANNI LEONE
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