Se Venezia mette il cappio al collo della Tav

Dobbiamo porre fine all’interpretazione campanilistica dell’infrastruttura in Veneto. Perché, invece che legare la Tav a Tessera, non si alza lo sguardo pensando ad altre modalità di connettere il nodo dell’aeroporto con la stazione di Mestre?
MAURO ZANARDO
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Il dibattito sulle soluzioni per l’arrivo della Tav all’aeroporto di Venezia conferma la sempre più diffusa lettura locale di questioni che dovrebbero essere affrontate con un punto di vista ben più ampio e una visione di sistema, soprattutto quando si parla di nodi di infrastrutture internazionali. L’arrivo e il passaggio della Tav in Veneto sta trasformando quest’opera, mutandone le caratteristiche da infrastruttura veloce e di scala europea a trenino locale con molteplici stazioni e, per finire in bellezza, regalando un girotondo finale a Venezia.

Chi ricorda il dibattito di qualche anno fa sull’opera sa che si discuteva sul senso del passaggio a Vicenza (ormai già confermato) e delle molteplici soste che avrebbe fatto in Veneto (Verona, Vicenza, Padova, Venezia), rallentando un’infrastruttura progettata per lunghe tratte e dai tempi di percorrenza veloci.

Ma siamo in Veneto, e qui la storia della genesi del nostro territorio urbanizzato e produttivo si è fondata sul dogma di un’area industriale per ciascun campanile e quindi, declinato settant’anni dopo per la Tav, una stazione per ogni provincia!

Per chiudere il pacchetto di quest’interpretazione dell’infrastruttura in salsa veneta, si chiude l’alta velocità con un bel fiocco proprio in prossimità del capoluogo regionale, quella bella Venezia che così contagia con i suoi lenti e sinuosi tempi il veloce treno.

Perché, invece che legare la Tav a Tessera, non si alza lo sguardo pensando ad altre modalità di connettere il nodo dell’aeroporto con la stazione di Mestre (tram, people-mover, funicolari, ecc.), vagliando tra quanto le più recenti innovazioni trasportistiche mettono a disposizione? Questo in un disegno che riconosca e valorizzi le caratteristiche della Tav e, al contempo, metta a frutto le risorse economiche del progetto verso interventi maggiormente funzionali e con ricadute positive diffuse sul sistema infrastrutturale del territorio.

Infatti, la soluzione a cappio prevede un investimento importante per le opere sotterranee e per la stazione, contribuendo a rallentare l’infrastruttura e dissipando economie (senza considerare le esternalità negative in termini ambientali data la fragilità del territorio interessato) che invece potrebbero essere investite per riorganizzare le connessioni del sistema territoriale del comune di Venezia e della città metropolitana.

Forse è meglio pensare, e soprattutto valutare, le reali alternative all’intervento (elementi che dovrebbero essere ben evidenti nella valutazione ambientale del progetto) non solo in termini di tracciato, ma anche (e soprattutto) di altre modalità di relazione tra gli hub strategici regionali e le reti internazionali.

Il rischio che si sta correndo è di trattare un’opportunità di riorganizzazione del sistema infrastrutturale di Venezia e della regione del Veneto alla stregua del bypass di una frazione, dove la questione dirimente è l’esproprio della casa di un cittadino, che sembra non capire l’importanza dell’intervento e che invece, con il suo disappunto, ci sta dando la possibilità di alzare lo sguardo e pensare come gestire al meglio le risorse, vagliando seriamente le alternative di un investimento strategico per il sistema infrastrutturale regionale.

Se Venezia mette il cappio al collo della Tav ultima modifica: 2020-08-18T13:50:29+02:00 da MAURO ZANARDO
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