Segnatevi questi nomi: Bani, Persia, Borrini, Amenta, Gramaglia, Scarpato, Rostagno, Tommaseo, Angelini, Tori, Costa. L’allenatore di questa compagine era Ottavio Barbieri, già bandiera del Genoa degli anni d’oro. E adesso segnatevi questi altri nomi: Scuffet, Ferrer, Erlic, Terzi, Vitale, Bartolomei, Ricci Maggiore, Nzola, Galabinov, Gyasi. E ancora: Mastinu, Mora, Di Gaudio e Vignali, subentrati, e i panchinari Krapikas, Desjardinis, Ramos, Ricci, Gudjohnsen, Bastoni e Ragusa. Allenatore di questa compagine Vincenzo Italiano, anche lui ex calciatore.

Fra queste due formazioni ci sono settantasei anni, un mondo e due Italie completamente diverse. Eppure, un filo rosso lega le due squadre; anzi, la stessa, dato che si tratta in entrambi i casi dello Spezia, con la differenza che gli attuali sono giocatori benestanti e felici mentre i primi primi erano i Vigili del Fuoco della città ligure, chiamati in causa in un’Italia devastata dalla guerra, invasa dai nazisti e costretta a disputare un campionato diviso per zone. E perché furono scelti dei Vigili del Fuoco per giocare a calcio? Accadde che il presidente Perioli fu arrestato e spedito in un campo di concentramento in Germania e così Semorile, l’unico dirigente spezzino rimasto, si rivolse al comandante dei Vigili del Fuoco cittadini, l’ingegner Gandino, per allestire una squadra in grado di affrontare il Campionato Alta Italia, con l’impegno di restituire tutti i giocatori allo Spezia una volta terminato il conflitto, sottraendoli intanto agli obblighi del servizio militare.

Ne venne fuori una compagine sperimentale, che viaggiava su un’autobotte, adattata a mezzo di fortuna dove si potevano anche nascondere generi di prima necessità (ad esempio il sale ligure, da scambiare con i salami emiliani), si riposava nelle caserme dei colleghi, mangiando cipolle, fagioli e polenta. Giocava un calcio maschio e potente, sfidando, oltre agli avversari, gli allarmi per i bombardamenti alleati e trasferte lunghe e senza alcuna garanzia, correndo anche il rischio di essere prelevati e internati.

Tornando al gioco, era abbastanza rivoluzionario, basato sul “mezzo-sistema” (appreso da Barbieri quando al Genoa era vice dell’inglese Garbutt) che prevedeva l’introduzione del libero, e si rivelò fondamentale nell’impresa di arrivare a contendere la vittoria finale addirittura al Grande Torino di Mazzola e compagni, in quegli anni la compagine più forte del mondo. Di quel girone finale, disputato a Milano, faceva parte anche il Venezia, all’epoca una società di tutto rispetto. Tuttavia, fu la gara col Torino a consegnare alla leggenda i Vigili del Fuoco di La Spezia. Pare, infatti, che Vittorio Pozzo, selezionatore dei granata, si sia avvicinato allo spogliatoio dei pompieri per complimentarsi e garantire loro che il Toro non avrebbe infierito eccessivamente.

Questo episodio avrebbe caricato i Vigili del Fuoco, spingendoli alla vittoria per 2 a 1 e alla conquista del titolo, anche grazie al 5 a 2 rifilato dai granata al Venezia. Decisiva, in quel caldissimo pomeriggio di luglio del ’44, fu la doppietta di Angelini, intervallata dal momentaneo pari di un monumento come Silvio Piola (il Grande Torino era stato integrato da Pozzo come una sorta di Nazionale). I giocatori spezzini appresero la notizia del trionfo quando erano già sulla via del ritorno, in quanto all’epoca il primo obiettivo di tutti era portare a casa la pelle e non c’era certo spazio per i festeggiamenti.
Settantasei anni dopo lo Spezia sale in Serie A, e sarebbe ora di riconoscere quel titolo quasi dilettantistico a una squadra che ebbe il merito di regalare una parvenza di normalità e qualche attimo di gioia a un paese nella bufera, nell’anno più tragico della nostra storia.


Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!