[PORTO]
Fernando Medina ha scritto di suo pugno a The Independent per dire che “è giunto il momento di fare le cose in modo diverso”. Medina, classe 1973 e sindaco di Lisbona dal 2015, era il numero due di António Costa (l’attuale primo ministro del Portogallo) quando questi era a sua volta sindaco della capitale. Medina, come Costa appartiene al Partito socialista che guida il paese con un governo di minoranza.
Secondo un sondaggio condotto da Marktest ad aprile, l’88 per cento dei portoghesi valuta positivamente l’approccio scelto dal governo nell’affrontare la pandemia, sebbene si dica estremamente preoccupato per la situazione economica, per l’aumento della disoccupazione, e tema tagli alle pensioni e ai sussidi di disoccupazione (le domande sono aumentate del 37 per cento rispetto a luglio 2019).
La regione più colpita dal Covid-19 è stata quella settentrionale, con 842 morti; mentre nelle isole e in Algarve i casi registrati sono stati decisamente meno (nessun decesso a Madeira, 15 nelle Azzorre e 17 in Algarve). A Lisbona e nella regione circostante i decessi sono 643, ma il numero dei contagi – in principio piuttosto contenuto – è aumentato drasticamente a giugno, con la riapertura delle attività. A oggi, questa zona conta 28.579 casi confermati, contro i 19.793 del nord. Così, mentre a Porto già a luglio tornavano a riaffacciarsi i turisti e ricominciavano a formarsi file giornaliere davanti alla storica libreria Lello, a Lisbona questo stentava a succedere e anzi, venivano nuovamente poste alcune restrizioni, come la chiusura anticipata di bar e ristoranti. È probabilmente sulla scia di ciò che il sindaco ha fatto le sue dichiarazioni:
Lisbona ha beneficiato enormemente negli ultimi anni dei milioni di turisti che affollano le nostre strade e godono dei nostri ristoranti e bar di fama mondiale, ma abbiamo pagato un prezzo sociale. I lavoratori “essenziali” e le loro famiglie sono stati sempre più costretti ad abbandonare le loro abitazioni, da quando gli appartamenti affittati tramite Airbnb hanno preso in consegna un terzo delle proprietà del centro di Lisbona, spingendo al rialzo i prezzi degli affitti, svuotando le comunità e minacciando il suo carattere unico.
Dunque, adesso l’intento deve essere “riportare la linfa vitale di Lisbona nel centro della città” – prosegue il sindaco – renderla più verde, più sostenibile, un posto migliore sia per vivere che per visitare. Sempre secondo Medina, è possibile dare priorità agli alloggi a prezzi accessibili per il personale ospedaliero, i lavoratori dei trasporti, gli insegnanti e migliaia di altre persone che forniscono servizi importanti. Coloro che definisce appunto i “lavoratori essenziali”.
Stiamo proponendo ai proprietari degli appartamenti di trasformare migliaia di affitti a breve termine in case ad “affitto sicuro” per i lavoratori.
Un progetto con il sapore della ricompensa, si tratta, a suo dire, di una strategia audace che offre ai proprietari redditi stabili, a lungo termine e che dà la possibilità di ricreare una città “più vivace, più sana ed equa”. Non specifica Medina se e quando i proprietari avranno voce in capitolo, né come verranno stabiliti i prezzi o in che modo verrà portata avanti la transizione. Insiste però, lui, già pioniere della “svolta verde” della città, sull’importanza del cambiamento:
Da Melbourne a Parigi, la marea si sta rivoltando contro l’espansione urbana e sta tornando ai centri urbani rivitalizzati dove i residenti possono raggiungere – in venti minuti a piedi – servizi chiave, come studi medici, scuole e negozi.
Secondo il sindaco, questo approccio contribuirà anche ad affrontare la crisi climatica e a migliorare la salute pubblica:
Città più densamente abitate significa meno persone che si spostano ogni giorno dalla periferia al centro. Meno veicoli sulla strada significa meno inquinamento ed emissioni nocive che avvelenano l’aria che respiriamo, contribuendo allo stesso tempo al riscaldamento globale. Nelle città di tutto il mondo, abbiamo visto incredibili miglioramenti nella qualità dell’aria durante il blocco Covid-19. Quando riapriamo le nostre città, non dobbiamo tornare al lavoro come al solito. Ecco perché, a Lisbona, stiamo aggiungendo piste ciclabili e creando aree verdi e spazi pubblici per dare alle persone più posti per socializzare e fare esercizio.
Certamente Medina ha fatto della cura dell’ambiente una delle sue maggiori cause e Lisbona è stata eletta capitale green d’Europa per il 2020. Come ha scritto Domenico Letizia, la città ha lavorato intensamente a una rivoluzione locale all’insegna dell’ecosostenibilità, facendo della lotta all’inquinamento da plastiche una priorità delle proprie istituzioni e stanziando sessanta milioni di euro per lavorare a un programma incentrato su sostenibilità ed ecologia per residenti e visitatori.

A partire dal 2020, Lisbona ha vietato la vendita di bevande in bicchieri in plastica. Nei supermercati non si possono acquistare prodotti in plastica, quali appunto bicchieri e piatti. A gennaio, intervenendo alla cerimonia di apertura di “Lisbona capitale verde d’Europa 2020”, il segretario generale dell’Onu ed ex primo ministro del Portogallo António Guterres ha ribadito:
L’umanità conduce una guerra suicida contro la natura che reagisce e risponde con uragani, incendi e gravi siccità in diverse regioni del mondo. Il problema è che l’umanità si distrugge da sola, così come distrugge la possibilità di poter vivere su questo pianeta.
Prima firmataria del Nuovo patto dei sindaci per i cambiamenti climatici e l’energia nel 2016, Lisbona ha raggiunto la riduzione del 50 per cento delle emissioni di CO2, del 23 per cento nel consumo di energia e del 17 per cento per l’acqua.
È questo dunque il contesto in cui si situa l’iniziativa di Medina e il suo tentativo di porre un freno al turismo di massa (Lisbona ha circa 500 mila abitanti e 4 milioni di turisti ogni anno).
L’obiettivo è rinvigorire il centro della città, tuttavia, trasformare i bed and breakfast
in “affitti sicuri”, non è il solo modo per farlo: la giunta comunale, afferma il sindaco, sta lavorando a stretto contatto con le aziende private per ristrutturare alcuni degli edifici trascurati, abbandonati della città e per garantire che creino alloggi a prezzi accessibili.
Per decenni, molti dei nostri anziani residenti sono stati minacciati di sfratto per convertire le abitazioni in case vacanza. Quindi, abbiamo avviato un programma per garantire che possano rimanere nelle loro case e non perdere i loro legami con la città.
Che gli anziani possano restare nelle loro case del centro, che edifici abbandonati o case vacanza vengano destinate ai lavoratori, non significa che la città non aspetti il ritorno del turismo, che non ne abbia bisogno. “È semplicemente il momento di fare le cose in modo diverso”, ribadisce, “e i visitatori alla fine ne trarranno beneficio”.
La pandemia ha portato perdite e difficoltà incredibili alla gente di Lisbona e alle città di tutto il mondo. Non dobbiamo permettere che questo momento di profondo trauma e disgregazione passi e semplicemente tornare al lavoro come al solito.
L’ambizione è dunque quella di un nuovo percorso che in un momento di estrema difficoltà consenta almeno alle persone di riappropriarsi della propria città, nella speranza che questo la mantenga “sana, vivace e aperta a tutti”. E, magari, nell’attesa che altre città d’Europa che ancora non l’hanno fatto, si interroghino nella medesima direzione.

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2 commenti
Ottimo articolo e ottimo l’esempio portoghese
Idalberto
Articolo utile come informazione e come spinta al progresso civile Antonio Bruni