Loosing Venice: una mostra che ti prende a pugni. Non fraintendetemi. Lo fa con gentilezza e maestria d’immagini. E subito puoi non accorgertene, distratti dai volti fotografati e dalla bellezza del luogo. Ma poi qualcosa scava dentro di te e ripensi alle parole che Barbara Zanon ha messo lì, ad accoglierti e a camminare con te guardando visi sorridenti in versione adulta e in miniatura. E sì, perché il progetto di questa giovane donna fotografa non è un’operazione di nostalgia ma un atto di ribellione che parla con il linguaggio dell’arte.
Veneziana di 41 anni, ha voluto tenacemente ricontattare i suoi compagni di scuola e di giochi. Quelli con cui aveva condiviso il tempo sui banchi, lo studio, gli scherzi sui professori, le fantasie sulla vita che li attendeva. Li ha rintracciati inseguendoli a uno a uno con gli strumenti della comunicazione odierna che facilitano la ricerca. Per ritrarli come sono adesso ma accostandoli a una loro foto di quando erano bambini e riempivano i campi veneziani di voci, corse a perdifiato, palloni, salti con la corda e magari pure chiasso. Presenze che comprendevano in nuce il futuro loro e insieme di Venezia.

Barbara in questa sua ricerca però si è accorta che quasi il 65 per cento di ogni classe scolastica che lei ha frequentato ha lasciato la città lagunare. Ora animano altri luoghi, quelli vicini della terraferma veneziana, o quelli lontani, talvolta lontanissimi.
I suoi compagni di banco sono diventati fantasmi per Venezia.
E nel ritrovarli, stupiti e commossi, ha toccato con mano insieme a loro la consapevolezza di una perdita, di una ferita non rimarginata, di una sparizione che ha intaccato la città, l’ha resa fragile, sperduta, impoverita. Perché anche le pietre, le belle pietre di cui è fatta la città, hanno bisogno di loro, altrimenti si sgretolano.
E più fotografavo, più mi rendevo conto che Venezia, perdendo moltissimi di loro, aveva perso anche tutta la loro energia,
ha scritto Barbara nel testo che illustra il suo progetto artistico. Scie d’energia che sono evaporate, hanno lasciato una traccia, un’orma che solo l’attenzione può cogliere.
Ma in questo suo gesto d’arte, Barbara ha remato contro la storia, contro ciò che pare ineludibile e che parrebbe consegnarci la disfatta della città. Ha riportato i dispersi, li ha rimessi a far vivere i campi e le calli. E soprattutto ha riempito le case vuote di abitanti e piene invece di persone che transitano, succhiano la vita che ancora c’è, alimentando uno scenario di cartapesta.

Con Loosing Venice. Un progetto su Venezia e i suoi abitanti, Barbara ha ricreato la città e i suoi residenti. Almeno una parte, la sua generazione che è forse quella che più manca.
L’anno scorso avevo commentato un’altra mostra fotografica, Venice People di Federica Repetto che inseguiva i rimasti, un percorso alla ricerca di volti e sentimenti di una comunità smarrita, nel bisogno di contarsi e rincuorarsi.
Qui invece si dà vita a chi non c’è più. E questi volti e questo suo progetto parla assai più di un trattato sui problemi della residenza a Venezia. Va al punto, subito e senza sconti. La mancanza è palpabile, concreta, ti afferra e non ti molla.
Ben oltre il rimpianto Loosing Venice chiede a gran voce di rimettere le nuove generazioni al centro della città, lì dove è giusto che siano.
Loosing Venice. Un progetto su Venezia e i suoi abitanti: Fondaco Marcello, San Marco 3415, Venezia, 4-8 settembre.
Il progetto di Barbara Zanon non termina qui, la ricerca continua.


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