La Transizione alla sbarra. La Spagna e il passato eterno

L’apertura di un’inchiesta della magistratura argentina su un ministro degli interni dell’era Franco, accusato di crimini contro l’umanità per eventi avvenuti nel Paese basco tra il 1976 e il 1978, riapre la discussione sulla transizione democratica spagnola. Mai davvero finita.
ETTORE SINISCALCHI
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Rodolfo Martín Villa, che fu ministro in governi dell’ultima parte del franchismo e nella Transizione spagnola, è accusato dalla giustizia argentina di omicidio aggravato nel contesto di crimini contro l’umanità. La accuse riguardano episodi specifici risalenti al periodo del passaggio dalla dittatura franchista alla democrazia, avvenuti nel Paese basco tra il 1976 e il 1978. La violenza della polizia e di gruppi armati, protetti dall’apparato repressivo dello stato e composti da membri delle forze di polizia, portarono alla morte di 12 persone e al ferimento di centinaia di civili.

Il principio per il quale Villa è stato perseguito è quello della responsabilità del superiore, in particolare per il suo ruolo di ministro dell’Interno, che fino al 1977 si chiama de Gobernación. Giovedì scorso Villa, che poteva rifiutarsi, ha acconsentito a dichiarare per teleconferenza dall’ambasciata argentina di Madrid, davanti alla giudice María Servini, del Tribunale nº 1 di Buenos Aires, titolare dell’inchiesta.

Gli episodi principali sono quelli relativi alla strage di Vitoria, del 1976, e quelli della Feria di Sanfermin, del 1978, ma la scia di sangue si protrae oltre. A Vitoria, il 3 marzo del 1976, la polizia fece irruzione sparando, dopo averla inondata di gas lacrimogeni, in un’assemblea sindacale che discuteva rivendicazioni salariali, ospitata nei locali della chiesa di San Francesco, uccidendo cinque lavoratori e ferendo un centinaio di persone, tra partecipanti all’assemblea e semplici cittadini che si trovavano per caso nel luogo e negli immediati dintorni. A Pamplona, durante i festeggiamenti di San Fermín, due anni dopo, sempre le forze di polizia reagirono violentemente all’esposizione di uno striscione che chiedeva la libertà per i prigionieri politici antifranchisti. Irruppero in piazza armi alla mano dopo aver travolto la schiera dei txikis de las peñas, i bambini delle associazioni locali che organizzano l’evento, sparando ad altezza d’uomo con pallottole di gomma e munizioni vere, uccidendo un uomo e ferendo una cinquantina di persone che partecipavano alla festa durante l’atto e nel prosieguo degli episodi di violenza che si protrassero per alcune ore, con attacchi a palazzi istituzionali e indiscriminati attacchi ai passanti nelle strade della città. “Non ci fa paura uccidere”, commentò un dirigente di polizia in quei giorni.

Le vittime della scia di sangue furono gli operai Romualdo Barroso, Francisco Aznar, Pedro Martínez Ocio, José Castillo e Bienvenido Perea, uccisi nell’assemblea del 3 marzo 1976; María Norma Menchaca, assassinata da gruppi armati parapolizieschi il 9 luglio di quell’anno a Santurce; José María Zabala Erasun, assassinato l’8 settembre a Hondarribia dalla Guardia Civil; Arturo Ruiz, assassinato da bande parapoliziesche il 23 gennaio 1977 a Madrid; Rafael Gómez Jáuregui, assassinato a Rentería il 12 maggio dalla Guardia Civil; José Luis Cano Pérez, ucciso dalla Policía Armada a Pamplona, il 14 maggio; Francisco Javier Núñez, ucciso tramite tortura da agenti di polizia il 15 maggio del 1977 a Bilbao; Germán Rodríguez, ucciso con un colpo alla fronte l’8 luglio del 1978 a Pamplona dalla Policía nacional, durante i Fatti di Sanfermin.

La giudice María Servini

Il procedimento va avanti da dieci anni, quando nel 2010 famigliari di vittime del franchismo e una decina di associazioni presentarono una querela davanti alla giustizia argentina appellandosi all’universalità della giurisdizione per i crimini contro l’umanità. Nel 2014 la giudice Servini ha iscritto nel registro degli indagati Villa, assieme ad altri nel frattempo deceduti, tra i quali un altro ministro, José Utrera Molina, o il poliziotto franchista e torturatore Antonio González Pacheco, alias Billy el Niño (Billy the Kid), morto recentemente per il coronavirus ancora con le decorazioni riconosciute dalla stato spagnolo, sul quale la rivista Contexto sta producendo un documentario autofinanziato. Sempre l’epidemia ha impedito il viaggio per l’escussione orale dell’imputato che si doveva tenere il 20 marzo scorso, sempre nell’ambasciata argentina di Madrid.

Le indiscrezioni di stampa riportano che Villa, che ha presentato una memoria scritta a compensare eventuali deficit di memoria dell’esposizione orale, durata oltre tre ore, ha affermato la sua innocenza, dichiarando che

È impossibile che avvenisse un genocidio durante la Transizione, che fu tutto il contrario: prima delle elezioni del 1977 (le prime dopo la morte del dittatore), per la prima volta, non un solo prigioniero politico restava nelle carceri spagnole né un solo spagnolo esiliato al mondo.

Per poi aggiungere che

Se Adolfo Suárez fosse vivo verrebbe anche lui accusato di genocidio o crimini contro l’umanità.

Questa, per ora, la cronaca giudiziaria. Ma altre conseguenze ci sono sul quadro politico spagnolo. L’ex ministro ha infatti prodotto una serie di lettere che, a titolo individuale, ex leader politici e sindacali hanno prodotto durante l’estate in suo appoggio. Tra queste, quelle degli ultimi quattro ex capi del governo spagnolo, Felipe González, José María Aznar, José Luis Rodríguez Zapatero e Mariano Rajoy; degli ex segretari dei sindacati Ugt (vicini ai socialisti), Nicolás Redondo e Cándido Méndez, e delle Comisiones obreras (CC.OO., vicini ai comunisti), Antonio Gutiérrez e José María Fidalgo; degli ex ministri di centrodestra Eduardo Serra, Rafael Arias-Salgado e Marcelino Oreja, dei due padri costituenti ancora in vita, Miquel Roca e Miguel Herrero, e di esponenti politici stranieri, come il democristiano cileno Enrique Krauss e il socialista portoghese Jaime Gama. Un piccolo caso si è sviluppato attorno a Josep Borrell, “capo” della diplomazia dell’Ue, indicato in un primo momento come firmatario di una delle lettere di appoggio.

La Commissione Ue ha smentito decisamente la notizia, definita “assolutamente falsa”, affermando che si tratta di un caso che riguarda esclusivamente la giustizia argentina, mentre la segreteria di Borrell ha fatto sapere che la missiva era esclusivamente tecnica e riguardava l’assistenza consolare a un cittadino europeo coinvolto da un procedimento della giustizia argentina.

Felipe González disegnato da Luis Grañena (CTXT)

L’agenzia Efe ha diffuso stralci della lettera di Felipe González.

Ho saputo con stupore e incredulità del procedimento avviato contro Martín Villa [ha scritto il primo capo del governo socialista della Spagna democratica], [il cui comportamento] fu impeccabile e fortemente impegnato col rispetto dello Stato di Diritto, la sua preservazione e il suo sviluppo. […] Posso testimoniare la dedizione di Martín Villa al recupero delle libertà democratiche degli spagnoli, [ha aggiunto González che ha terminato chiedendo alla giudice che] persegua le responsabilità per queste denunce temerarie e la campagna di persecuzione contro l’accusato.


Secondo José Luis Rodríguez Zapatero, Martín Villa contribuì a

Consolidare la nascita della democrazia nel mio paese. Non ho dubbi che questa e non altra è l’impronta che lascia nella storia spagnola recente. L’ho sempre considerato una persona impegnata nel consolidamento della democrazia e dello Stato di Diritto. Nella mia lunga esperienza come parlamentare e come presidente del Governo non ho mai incontrato nessuna testimonianza che non lo confermasse. 

José Luis Rodríguez Zapatero disegnato da Luis Grañena (CTXT)

Le missive a supporto di Martín Villa hanno creato numerose divisioni a sinistra, sia nei partiti di governo, con la divisione tra Psoe da un lato e Unidas Podemos (UP) e Pce dall’altro (ma anche nel Psoe non mancano le voci favorevoli al processo), che nei sindacati, con le attuali dirigenze che si sono smarcate dalle posizioni degli ex leader. Le associazioni delle vittime del franchismo, e anche esponenti del governo argentino, hanno denunciato la pressione politica sulla magistratura che le missive comporterebbero. I dirigenti di UP, Esquerra republicana de Catalunya e Más País, Pablo Iglesias, Gabriel Rufián e Íñigo Errejón, hanno parlato di «vergogna», «rabbia» e «pena», mentre le commissioni esecutive di Ugt e CC.OO si sono smarcate dal contenuto delle missive confermando l’impegno dei sindacati per il ristabilimento della verità e della giustizia.

Una cosa è non fare revisionismo storico e altra è rinunciare al riconoscimento della verità su qualsiasi azione punibile contro persone e diritti umani che si produsse in quei tempi,

recita un comunicato delle CC.OO. Numerose manifestazioni si sono poi tenute in città come Pamplona, Oviedo, Barcelona, Valencia o Madrid, con rappresentanti della associazioni delle vittime del franchismo, per i diritti umani e per la memoria storica, che hanno ricordato i diversi richiami che l’Onu ha fatto riguardo alle leggi che garantiscono l’impunità per i crimini del franchismo, lamentando come un giudizio del genere non si possa tenere in Spagna.

Messa da parte anche la cronaca politica, merita tentare di tratteggiare il contesto in cui questo episodio giudiziario si inserisce, che fa sì che ci si trovi davanti a una situazione per la quale – ci prendiamo la responsabilità dell’ambiguità – abbiano tutti delle solide ragioni: chi rivendica il ruolo di Martín Villa nel passaggio alla democrazia come chi cerca ancora, dopo, oltre quarant’anni di democrazia, giustizia e riconoscimento per le vittime e gli orrori della dittatura che vengono strenuamente negati.

Il contesto è quello di una democrazia che, in tutto questo tempo, ha posto continui ostacoli al recupero non solo della memoria storica e delle responsabilità politiche, ma anche al materiale recupero delle spoglie delle decine di migliaia di vittime della guerra civile, i cui cadaveri giacciono occultati in fosse comuni e il cui recupero, morale e materiale, viene da alcuni anni portato avanti solo da campagne di volontari, spesso nell’ostilità della magistratura e dei governi locali e nazionali amministrati dal centrodestra; in cui la verità sui morti dal 1976 al 1980, per mano delle forze dell’ordine e di gruppi parapolizieschi armati, viene ancora impedita e occultata; in cui i simboli del franchismo ancora sono presenti nelle città e le strade ancora intitolate a sterminatori e assassini; in cui i governi e la giustizia spagnoli hanno impedito che si tenessero giudizi, negando gli impegni internazionali sottoscritti, aventi valore di legge.

Nel 1978 la legge di Immunità prevedeva la non punibilità dei delitti commessi durante il franchismo. Ma nel 1977 la Spagna aveva sottoscritto la Convenzione internazionale dei Diritti Civili e Politici, che all’articolo 15.2 stabilisce che «Nulla, nel presente articolo, preclude il deferimento a giudizio e la condanna di qualsiasi individuo per atti od omissioni che, al momento in cui furono commessi, costituivano reati secondo i principi generali del diritto riconosciuti dalla comunità delle nazioni». Politica e giustizia spagnole hanno convertito la legge spagnola in una specie di Ley de punto final – la legge argentina che nel 1983 decretò l’impunità dei militari per la sparizione e la tortura di almeno novemila persone, annullata poi dal Congresso nel 2003 e dichiarata incostituzionale dalla Corte suprema nel 2005, assieme alla complementare Legge di obbedienza dovuta. 

Le autorità spagnole non hanno risposto alle molteplici richieste della comunità internazionale per la sua derogazione. Nel 2009, il Comitato dei diritti umani delle Nazioni unite chiese ufficialmente di intervenire ma il governo rispose negando la competenza dell’istituzione. Lo stesso anno toccò al Comitato contro la Tortura dell’Onu ricevere una risposta negativa, perché i fatti amnistiati erano anteriori all’entrata in vigore della Convenzione contro la tortura e “lo stato stava realizzando azioni per il riconoscimento delle vittime”. Nel 2010 il Gruppo di lavoro sulle sparizioni forzate e involontarie, sempre dell’Onu, segnalò il contrasto con la Dichiarazione sulla protezione di tutte le persone e contro le sparizioni forzate, che obbligava la Spagna a investigare, perseguire e sanzionare i responsabili delle sparizioni. Nel 2012 l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i Diritti umani chiese formalmente alla Spagna la derogazione della legge perché in contrasto con le normative internazionali sui Diritti umani. Nel 2015 Pablo de Greiff, relatore speciale dll’Onu, suggerì alla Spagna di avviare il recupero delle spoglie delle vittime del franchismo e denunciò “l’attitudine omissiva” della giustizia spagnola come “carente di ogni giustificazione oggettiva e ragionevole”.

Mariano Rajoy disegnato da Luis Grañena (CTXT)

La Legge sulla memoria storica, promulgata dal governo Zapatero nel 2007, ha provato a recuperare terreno, ma senza un corredo impositivo e sanzionatorio. Inoltre nel 2012 il governo di Mariano Rajoy ridusse del sessanta per cento i fondi per la sua applicazione e soppresse l’Ufficio delle Vittime della Guerra civile e della dittatura, incaricato di coordinare le operazioni di esumazione delle spoglie dei desaparecidos del franchismo, fino a far sparire nei successivi bilanci ogni risorsa dedicata all’applicazione della legge. Alla fine del 2017 il gruppo parlamentare socialista ha presentato una proposta di Legge per la memoria storica e democratica, di modifica del vecchio testo, alla quale non è stato ancora dato seguito, tacciata da storici ed editorialisti di destra di essere di impianto orwelliano e “sovietico”.

In questo contesto la ricerca di giustizia e riconoscimento ha provato a farsi strada come ha potuto. È evidente che la Transizione non fu un genocidio, ma pure che durante la Transizione restarono in vigore le leggi della dittatura e che una parte importante di quel processo fu costituita dall’occultazione dei fatti e delle responsabilità del genocidio e delle violazioni di diritti umani perpetrati durante la Guerra civile e la dittatura. Un giudizio, stante la latitanza delle istituzioni spagnole, potrebbe rappresentare l’unica possibilità di evidenziare quei delitti e le responsabilità personali. La decisione di Martín Villa di non sfuggirvi, come avrebbe potuto, e di accettare di essere ascoltato dalla giustizia argentina, forse, ci parla anche di un nuovo impegno personale per la democrazia.

Tra poco sapremo se arriverà la decisione del rinvio a giudizio e se, nel caso, Villa deciderà di sottoporsi al giudizio o se questo avverrà in contumacia. Chi scrive non condivide la visione di alcuni della Transizione come nascita del “Regime del ’78”. Ma è vero che in questo, come sulla questione territoriale e altri temi importanti della democrazia spagnola, avvenne un tradimento di quel passaggio che doveva essere un’inizio per andare avanti, verso un riconoscimento delle responsabilità della dittatura, del carattere plurinazionale dello stato spagnolo (annacquato nel Café para todos della Spagna delle Autonomie), del riconoscimento delle vittime della Repubblica e dei quarant’anni di dittatura.

La crisi dello stato unitario, coi partiti localisti e nazionalisti che si sviluppano in ogni regione e crescono voto dopo voto, la crisi della monarchia, sempre meno autorevole sia per la corruzione di Juan Carlos I che per aver abbandonato l’aspirazione a rappresentare e garantire le diverse sensibilità della penisola, ci parlano delle conseguenze di questo tradimento.

Il cammino è stato inverso, le resistenze dello stato spagnolo a offrire possibilità di giustizia e riconoscimento, il consolidamento e la perpetuazione del blocco franchista nelle forze di polizia, nella magistratura, nell’informazione, nella finanza, negli apparati dello stato, sono arrivati fino ai giorni nostri. Anche Martín Villa, con le sue responsabilità, le sue colpe e i suoi meriti politici, rischia di diventare una vittima del passato eterno di una Spagna che non fa i conti con sé stessa.


Nella foto di copertina Rodolfo Martín-Villa negli anni Settanta

La Transizione alla sbarra. La Spagna e il passato eterno ultima modifica: 2020-09-08T09:06:27+02:00 da ETTORE SINISCALCHI
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