[CHIUSI]
Che relazioni così pregnanti possono avere due città come Venezia e Chiusi da dover stipulare un protocollo d’intesa? Ce la siamo posta, questa domanda, andando a scovare – è proprio il caso di dirlo – un patto tra il comune di Venezia e la città di Chiusi, firmato nel marzo del 2016 dal sindaco Luigi Brugnaro e dall’allora sindaco reggente della città toscana, Juri Bettollini, ora sindaco effettivo. Scovare è il termine esatto, perché per avere il testo ufficiale di quel documento ci abbiamo messo un mese di tempo e abbiamo scomodato parecchi uffici e parecchie persone.
Siamo partiti appunto dalla domanda iniziale e lo abbiamo chiesto dapprima al Comune di Chiusi, nella persona dell’attuale vicesindaco, Chiara Lanari, peraltro giornalista pubblicista, che dapprima ci ha gentilmente risposto chiedendoci di inviare le richieste alla sua email, e poi non si è fatta più viva, non rispondendo neppure agli sms inviati al suo cellulare. L’abbiamo quindi chiesto al Comune di Venezia che, per il tramite dell’Ufficio stampa, ci aveva risposto di non poterci aiutare in quanto non possedeva copia del protocollo d’intesa, ma che l’avrebbe richiesto agli uffici. L’abbiamo chiesto alla direzione dei Musei civici veneziani, che ci aveva a sua volta rimandato all’Ufficio stampa comunale. E solo ieri, finalmente, il comune lagunare ci ha inviato il documento che ha per intestazione “Protocollo tra il Comune della Città di Venezia e della Città di Chiusi per la realizzazione di iniziative culturali congiunte”.
In premessa, vi si legge che uno degli obiettivi del Comune di Venezia, di cui il sindaco è anche assessore alla cultura, è quello di stringere alleanze culturali con comuni italiani e città metropolitane
che vogliano costruire e rafforzare la propria identità storica attraverso una sistematica collaborazione
e che il Comune di Chiusi “si è dato identici obiettivi”. Il documento prosegue elencando ciò che le due parti convengono e cioè: attuare un programma pluriennale di scambi culturali; far emergere dalla storia, attraverso ricerche, mostre, stage, borse di studio, quei caratteri che hanno reso grande il passato dei due territori; realizzare una mostra temporanea che illustri gli esiti della ricerca partendo dalla crescita e dallo sviluppo pacifico delle antiche popolazioni. E poi l’ultimo punto, che trascriviamo integralmente, punteggiatura e refusi compresi:
si studieranno altresì assonanze, similitudini e differenze tra le due civiltà e città in relazione ad aspetti specifici quali valori identitari di un dell’essere umano nel suo rapporto con l’essere e l’apparire, individuando come tema conduttore il rapporto tra maschera e persona, in un affascinante percorso che conduca dai canopi etruschi alla Commedia dell’arte.
Insomma: fuffa, come si dice in gergo…
Linguaggio burocratico, sintassi traballante e concetti universali a parte, ritorniamo alla domanda iniziale: perché le due città stringono questo accordo? Lo abbiamo chiesto al sindaco di Chiusi, che difende strenuamente il patto, spiegandoci che anche grazie all’interessamento del collega e amico veneziano ora il treno ad alta velocità Freccia Rossa si ferma alla stazione di Chiusi-Chianciano; e che negli ultimi due anni sono arrivati a Chiusi (che conta ottomilatrecento abitanti), diecimila turisti in più. Insomma, il sindaco Bettollini, renziano della prima ora, adesso uscito dal Pd ma uomo che gode di ottime referenze politiche, a ragione crede che il patto sottoscritto con Venezia porti una serie non indifferente di vantaggi per la sua città. E per Venezia?
Difficile pensare che la città lagunare, con tutto rispetto per Chiusi, che è una splendida meta etrusca assolutamente da visitare, possa trarre qualche vantaggio da questa intesa, anche perché tutti gli enti interessati dal patto (Comuni di Venezia e di Chiusi, Fondazione Musei civici di Venezia, Museo archeologico nazionale di Chiusi) ci confermano che finora, cioè a cinque anni dalla firma dell’accordo, non c’è stata alcuna iniziativa tra le due città. E allora perché firmare questo protocollo d’intesa?
Qualche relazione, a onor del vero, l’abbiamo trovata, ma non è certo istituzionale o storica o archeologica: l’attuale moglie del sindaco è nativa di quelle terre; e non solo, ma Umana Spa, la holding che fa capo a Luigi Brugnaro, è socio unico della mega azienda di produzione di carni bovine pregiate “Agricola San Giobbe”, che ha sede legale e anche una sede operativa proprio nel Comune di Chiusi. Nonché Brugnaro è patron della locale squadra di basket. Tutte fatalità, ovviamente.
Per capire meglio, abbiamo fatto una visura camerale e di bilancio sull’azienda chiusina riconducibile al sindaco di Venezia, e abbiamo così scoperto che la società (agricolasangiobbe.it), che conta 23 addetti e che ha nel consiglio di amministrazione anche il primogenito maschio di Brugnaro, si occupa prevalentemente della coltivazione di terreni a cereali, semi oleosi, barbabietole e ortaggi, ma ha anche una mega stalla per l’allevamento delle pregiate razze bovine chianina e limousine, per un totale di circa duemila capi, dicono fonti locali. Non certo un giocattolo, insomma. Anche perché a fronte di un fatturato nel 2019 di 3,1 milioni di euro e una perdita di 1,8 milioni, l’azienda conta su un elevatissimo patrimonio netto, pari a oltre 25 milioni di euro, dato da un modesto capitale sociale (centomila euro versati) e da consistenti riserve, quasi esclusivamente provenienti da versamenti del socio unico, cioè di Umana Spa in conto futuro aumento del capitale sociale. La società ha inoltre un notevole patrimonio di immobilizzazioni, vale a dire terreni, fabbricati, attrezzature, bestiame ecc., pari a oltre 43 milioni di euro. Insomma, uno sforzo finanziario titanico per un valore della produzione tutto sommato non strabiliante. Non siamo analisti finanziari e qui ci fermiamo.
Brugnaro, inoltre, è patron della locale squadra di basket, che guarda caso si chiama “San Giobbe Basket Chiusi” e che ha mire sportive alte; il presidente della squadra chiusina, Giuseppe Trettel, è proprio uno dei consiglieri di amministrazione della Agricola San Giobbe; sponsor unico della squadra, ovviamente, è Umana Spa.

Altra fatalità: un altro consigliere di amministrazione della Agricola San Giobbe, l’avvocato Luca Gatto, è stato consigliere di amministrazione della Reyer, ed è attualmente (lo apprendiamo dal suo profilo Linkedin) presidente del CdA della Scuola della Misericordia Spa, società che controlla il grande complesso della Misericordia, dato in concessione a Brugnaro per 40 anni dal Comune di Venezia, nonché amministratore unico di Porta di Venezia Spa, la società, sempre di Brugnaro, che detiene la proprietà della contestata area dei Pili, a Marghera.
Insomma, quella zona della Valdichiana è quasi una seconda residenza per il sindaco di Venezia che, oltre ad avere, come detto, la moglie nativa di quelle zone, è anche famoso per aver organizzato megafeste proprio nei terreni della sua azienda agrozootecnica, come ci racconta Marco Lorenzoni, giornalista e direttore responsabile del quotidiano locale online Prima Pagina, che ricorda, ad esempio, il concerto con la cantante Elisa, organizzato a spese di Brugnaro a luglio del 2016, cioè quattro mesi dopo la firma dell’accordo, “su un palco da far invidia ai Rolling Stones”, al quale l’imprenditore aveva invitato tutti i duemila dipendenti di Umana Spa, famiglie comprese, e gli amministratori di Chiusi; e, aggiungiamo noi, invitò pure i fedelissimi del suo staff in Comune, alcune autorità locali e alcuni giornalisti.
Possono tutte queste fatalità dare una spiegazione logica alla domanda iniziale, cioè perché Venezia ha stretto un patto di collaborazione con Chiusi e non, ad esempio, anche con Volterra o Viterbo o altre importanti città etrusche? E posto che il Comune di Chiusi ha fatto benissimo a cogliere l’occasione e a sottoscrivere l’accordo, può dirci qualcuno quali vantaggi da ciò abbia avuto il Comune di Venezia? Tutte le fonti che abbiamo sentito presso gli enti della città lagunare ci hanno risposto che non ne hanno la benché minima idea e che l’accordo è una volontà “politica” dell’amministrazione comunale, alla quale tutti si sono adeguati.
S’è adeguata al motivo “politico” anche la direttrice della Fondazione Musei civici di Venezia, Gabriella Belli, rigorosa storica dell’arte italiana e già direttrice dello splendido museo d’arte contemporanea di Rovereto nonché cavaliere dell’Ordre des arts et des lettres? Avevamo chiesto anche a lei, per il tramite del suo ufficio stampa, se disse qualcosa a quella firma dell’accordo a Chiusi, e cosa disse, per giustificare dal punto di vista storico-artistico-archeologico-culturale il patto, ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta.
Peccato, perché la sua testimonianza di tecnico super partes avrebbe potuto sgomberare il campo dalle supposizioni che questo accordo, definito dall’opposizione in consiglio comunale patto della bistecca (copyright dell’on. Nicola Pellicani), non sia, ancora una volta, la volontà dell’uomo solo al comando, che tutto può senza ascoltare nessuno: atteggiamento che contraddistingue Brugnaro, noto in Comune per la sua insofferenza all’opposizione (che recentemente ha definito “zavorra”) e anche agli organi democratici, vedi consiglio comunale, municipalità e per certi aspetti anche giunta, che per la sua personale opinione dell’amministrare potrebbero anche non esistere.
Insomma, il patto con Chiusi ha tutte le condizioni per dimostrarsi l’ennesimo e chiaro conflitto di interessi tra l’imprenditore Brugnaro Luigi, e il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, che costringe tutti ad addomesticare la storia degli etruschi e dei veneti antichi e a far trovare stentate similitudini tra le maschere funerarie di Chiusi e le maschere della commedia dell’arte di Venezia. Perché la bistecca, per parafrasare il grande Totò, mica è una porcheria…
Foto tratte da Comune di Chiusi, brugnarosindaco.it, primapaginachiusi.it

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3 commenti
C’è poi la questione del secondo (!!!) palazzetto dello sport a Chiusi, una storia molto sofferta da 5 milioni di euro per un’opera che con una procedura normale sarebbe costato meno della metà. Nelle speranze di tanti a Chiusi è che Brugnaro se ne accolli le spese di gestione per la sua squadra di basket.
Come Azienda Agricola San Marco, denominazione precedente all’attuale , è stato ritenuto ammissibile dalla Regione Umbria, nell’anno 2016, per il piano per la concessione degli aiuti previsti dal PSR per l’Umbria 2014/2020, misura 4, sottomisura 4.2., tipologia di intervento 4.2.1. “Sostegno agli investimenti per la trasformazione, commercializzazione e/o lo sviluppo di prodotti agricoli”, € 2.883.719,00 a fronte di un piano d’investimento presentato per € 7.515.990,00.
Sarà sicuramente il contributo per la parte di azienda in territorio umbro, nel comune di Castiglione del Lago, che confina con Chiusi . Poi, siccome l’uomo è fortunato, magari riceve contributi anche per la parte Toscana dell’azienda.