Amos Luzzatto, uomo profondamente di sinistra

“Qualcuno è riuscito addirittura a tacerlo del tutto - mentre era la sintesi naturale di tutto quello che gli avevano insegnato, che aveva studiato, vissuto e maturato. Glielo imponeva il suo senso di giustizia”.
YTALI
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Il mio vecchio amico, compagno e collega Marco Contini Vitale, spero non si dispiacerà se gli rubo e ripubblico questo suo splendido testo sulla figura di Amos Luzzato, postato su Facebook… [g. m.]

Andate alla lavagna e scrivetelo, cinquanta volte: Amos Luzzatto era, profondamente, di sinistra. Così forse ve lo ficcate nella zucca. Perché a leggere e ascoltare la maggior parte degli elogi funebri di questi giorni sembra quasi fosse un dettaglio marginale – qualcuno è riuscito addirittura a tacerlo del tutto – mentre era la sintesi naturale di tutto quello che gli avevano insegnato, che aveva studiato, vissuto e maturato. Glielo imponeva il suo senso di giustizia.

Per questo, si parva licet, vorrei raccontare una storia che conosco bene perché ne sono stato compartecipe. È la storia vera di come Amos – che al tempo in quanto presidente dell’Ucei era il volto pubblico degli ebrei italiani – si convinse, non senza sofferenza, a incontrare Gianfranco Fini. Una storia che spero gli restituisca un po’ di quello che le cerimonie pubbliche gli hanno sottratto.

Era il 2003. Ricordo come fosse ieri i racconti di Michele, che ridendo mi raccontava le inaspettate doti atletiche di suo papà: capace di scavalcare file di sedie in un teatro pur di sottrarsi allo stalking dell’erede di Almirante, che disperatamente cercava una qualche “photo-op” col capo degli ebrei italiani, quei rompiscatole dalla dura cervice – a quei tempi ancora orgogliosamente antifascisti – che a suo avviso avrebbero dovuto consegnargli definitivamente la patente di democratico. Resosi conto che cambiare il nome all’Msi, dieci anni prima, non era bastato, Fini aveva cominciato un corteggiamento degno di un romanzo d’appendice: alcuni avevano già ampiamente abboccato all’amo, ma Amos continuava a essere terribilmente sospettoso. E lo era rimasto anche davanti alle prime timide abiure delle leggi razziali, che Fini – allora vicepresidente del consiglio – aveva cominciato a pronunciare con una buona dose di coraggio, ma in modo che continuava ad apparire strumentale: come se, antisemitismo a parte, il Ventennio non fosse stato poi così male.

Amos questa cosa l’aveva più presente di tutti: troppo facile cavarsela così. Infatti continuava a non fare una piega, a evitarlo come la peste e a negargli quel lasciapassare a cui tanto aspirava. Il capo dell’ebraismo italiano era lui, e per quanto alcuni ambiziosi politicanti ebrei si sforzassero di tirargli la giacchetta, la parola che contava era la sua. Anche a Gerusalemme, che in attesa di un suo segnale continuava a rinviare un invito ufficiale in Israele di cui ormai si mormorava da anni.

Poi, il 10 ottobre, successe una cosa enorme. Fini, parlando a una conferenza sulle politiche migratorie, suggerì che era ora di concedere agli immigrati regolari il diritto di voto alle elezioni amministrative. Io ero al giornale, feci un salto sulla sedia e mi si accese la lampadina dei fumetti sulla testa.

Chiamai David Bidussa, suo genero, e gli dissi: “Dì un po’, fosse questo il momento giusto? Prova a sentire Amos”. Il giorno dopo era sui giornali:

Un atto politico che apprezzo molto… Sia come ebrei che come italiani apparteniamo a un popolo di migratori che hanno sofferto, e che ben sanno cosa vuol dire partecipare alla vita economica e sociale di un paese senza godere dei diritti politici, senza poter partecipare con il voto al processo decisionale.

Due mesi dopo Fini, in Israele, parlerà delle “infami leggi razziali volute dal fascismo”, arrivando a invocare la categoria del “male assoluto”. Ad accompagnarlo in quel viaggio c’era lui, Amos. Che aveva saputo aspettare una dichiarazione di fede nei principi della democrazia basata sui temi più caldi del presente e non solo sul passato, per atroce che fosse stato. Proprio perché era ebreo, non si accontentava di una mano tesa solo agli ebrei. Andava tesa a tutti. Lui era fatto così.

Disegno di Giorgio Albertini, da Moked
Amos Luzzatto, uomo profondamente di sinistra ultima modifica: 2020-09-14T13:20:20+02:00 da YTALI
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