Fotografare è stato sempre uno dei miei linguaggi privilegiati, eppure non sono mai riuscito a scattare una fotografia a Rossana Rossanda. Chissà, forse per pudore, forse per timidezza. Comunque, nell’album immaginario a me più caro, conservo la sua chioma bianca che attraversava i corridoi di via Tomacelli, districandosi tra il ticchettio delle macchine da scrivere e le nuvole di fumo che uscivano dalle stanze di Luigi Pintor e Valentino Parlato, quasi come se il suo corpo non avesse peso e il suo passo fosse senza misura. Non sono mai riuscito a scattare una fotografia a Rossana, ma ho potuto cogliere solo questa sequenza di corpi, visi, occhi che raccontano di lei, in un cielo romano che ha smesso di piangere per l’occasione e si è aperto su una Piazza Santi Apostoli riempita dalla sua presenza, malgrado non fosse più con noi.








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