Stelle nel cielo di Venezia

A tre anni dalla fondazione, P.E.R. Venezia consapevole tiene la sua assemblea di bilancio. Se in questi tre anni è riuscita a “mettere qualche stella in cielo”, ora si dovrebbe cominciare a percepire qualcosa che ricorda un “effetto firmamento”.
ALBERTO MADRICARDO
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A tre anni dalla fondazione, P.E.R. Venezia consapevole (l’acronimo indica le tre attività dell’associazione, che sono anche quelle essenziali della città consapevole: pensare – elaborare – rappresentare la sua vita) tiene la sua assemblea di bilancio in un momento particolarmente difficile per la città e il paese. In una sala San Leonardo adattata rigorosamente alle norme di sicurezza antivirus, la cui capienza sarà perciò ridotta a un massimo di sessanta posti, verranno presentati i risultati e le prospettive dell’associazione. Attualmente, come illustra il dépliant di convocazione, i progetti in cui l’associazione è impegnata sono sette, con diversi gradi di avanzamento. 

Vanno da quello del Patto per la città consapevole, la rete informatica che da nove anni informa sugli eventi, attività culturali e sociali del territorio, a quello di ricerca teorica e di attività pubblicistica sul tema della città nel secolo XXI (Nemus), al Teatro di cittadinanza, che in tre anni ha prodotto due pièce e ventotto rappresentazioni sul territorio, al progetto di costituzione della rete ARTeCITTA’ (che verrà presentata il 7 novembre prossimo nella stessa Sala San Leonardo), alla collaborazione con il Distretto Veneziano Ricerca Innovazione (DVRI), al supporto al Comitato per il ritorno di Piazza San Marco alla città (che si propone di pensare e attuare nuove forme di socialità nello spazio pubblico per eccellenza: la piazza) a quello, in via di definizione, con la rete di Cittadinanza attiva, per la rivitalizzazione di un quartiere di Venezia. 

Le attività di P.E.R. sono andate crescendo e articolandosi in questi tre anni a partire da un presupposto: la globalizzazione, in atto da alcuni decenni nel mondo, mettendo in rapporto diretto tutti con tutto, ha fatto cadere la distinzione tra dentro e fuori, stabilita a ogni livello, ma soprattutto dalle frontiere degli stati nazionali.

Le categorie del Dentro e del Fuori hanno inquadrato per molti millenni – dai tempi del passaggio dalla fase nomade a quella stanziale – l’agire umano. La loro caduta ha fatto venire meno l’idea di spazio cui siamo abituati, concepito come realtà preesistente da implementare con azioni ed eventi. 

Nonostante i tentativi sovranisti in atto di un loro ristabilimento, l’ordine spaziale fondato sull’entro cui eravamo abituati ad agire è stato colpito al cuore: quella fondata sull’opposizione dentro/fuori risulta ora una concezione ingenua. Come si sa, l’ingenuità, una volta perduta, non si può ricreare.

Nello spazio destrutturato in cui ora viviamo, le nostre azioni – indipendentemente dalla nostra volontà – appaiono decontestualizzate: più astratte e soggettive. La realtà stessa sembra essere più evanescente, avere perduto parte del suo sapore. Molti si sentono liberi di fabbricarsi o di assumere rappresentazioni fantastiche di essa, a loro piacimento. 

L’unico evento che si sottrae a questo destino è quello della relazione, perché essa nasce bensì dall’iniziativa soggettiva di agenti diversi, ma, nel costituirsi, anche li abbraccia e li trascende.

La relazione dunque può essere il principio che struttura il nuovo ordine spaziale (e quindi anche il tempo, ora sradicato e reso orfano dello spazio), dopo che – ribadisco – la coppia oppositiva dentro/fuori ha perduto la sua forza vitale originaria.

Per essere tradizionalmente luogo di relazioni, la città moderna (solo in parte quella antica, per il solo lato interno, perché sul suo lato esterno ha confini, è protetta dalle mura: è città stato) è di ciò esempio e modello. Non a caso oggi la città è sotto attacco e sul punto di essere dissolta nel magma informe a cui il territorio è ridotto. 

Perciò P.E.R. è impegnata sulla città. Perché essa è il luogo privilegiato in cui procedere oltre la diade oppositiva dentro/fuori.

Finora, in questi ultimi anni, abbiamo prevalentemente agito nella città per mettere in campo azioni ed eventi, ora possiamo cominciare a guardare anche all’effetto performativo d’insieme che le loro interazioni producono. 

In questo spirito, abbiamo pensato le nostre azioni ed eventi non solo in vista dei risultati diretti che speravamo rendessero (questo sta ancora nel “lato soggettivo” del nostro agire), ma per farli diventare gradualmente istituzioni, cioè pratiche permanenti, strutturate e condivise, che producono effetti performativi, cioè ultrattivi di senso. 

Queste istituzioni – come le abbiamo definite – con le loro interazioni (l’interazione costituisce il grado più pieno della relazione) possono produrre effetti ambientali (d’aura o di senso), inediti, adeguati a una realtà, in cui ci troviamo oggi, che galoppa di gran lunga più avanti di noi. 

Questi effetti ambientali, in quanto sono indiretti, creati direttamente dalle relazioni e dalle libere interazioni tra loro, trascendono e comprendono le nostre soggettività che li hanno prodotti, e sono appunto oggettivi. Di una stoffa che lo spazio destrutturato in cui viviamo non riesce più a produrre, se non nel modo falso e artefatto del cliché, spacciato per oggettivo ma sempre disperatamente soggettivo.

Essi vanno nel senso di operare una nuova strutturazione oggettiva, di una ripresa di consistenza dello spazio della città e di una sua aura o senso nuovi rispetto a quelli creati, per esempio, dalla città archeologica, da quella industriale o dalla stessa metropoli (la cui aura, forte fino a qualche tempo fa, pare vada ormai sfilacciandosi).

Le relazioni sono più della somma di chi le crea. Proprio questo “surplus performativo”, può ricomporre e dare consistenza oggettiva allo spazio destrutturato, informe e insensato in cui ci troviamo.

Se in questi tre anni siamo riusciti a “mettere qualche stella in cielo”, ora si dovrebbe cominciare a percepire qualcosa che ricorda un “effetto firmamento”. Questa è la scommessa. L’assemblea del 19 ottobre a San Leonardo sarà un’occasione per verificarne l’andamento. 

copertina: foto di Keith Laban

Stelle nel cielo di Venezia ultima modifica: 2020-10-10T19:52:33+02:00 da ALBERTO MADRICARDO
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