[ATENE]
Come ha reagito Alba Dorata alla dura condanna della Corte d’appello di Atene che l’ha ritenuta un’organizzazione criminale? Semplicemente, non ha reagito. Nessun comunicato stampa, nessun commento sul suo sito web. Solo un piccolo corteo di circa trenta persone a Salonicco per qualche centinaio di metri la sera di venerdì, tre giorni dopo la sentenza. A notte inoltrata qualcuno di loro ha anche tracciato scritte fuori dalla adiacente sezione di Syriza.
Il giorno prima, il fuhrer Nikolaos Michaloliakos si era fatto vivo sul suo account Twitter assicurando che non ha alcuna “intenzione di suicidarsi”, imitando ancora una volta Hitler, e che anzi “continuerà a lottare” per le sue idee, “per le quali è stato condannato”. La tesi difensiva del processo alle idee e non alle azioni criminali che ne derivavano ha dominato per tutti i cinque anni e mezzo del dibattimento. I giudici non ci hanno creduto, ma il leader carismatico e proprietario del brand name del gruppo non dispone di tantissimi argomenti.

Dello stesso tenore le (poche) parole di un altro condannato, l’eurodeputato Ioannis Lagos. Eletto con Alba Dorata, Lagos ha provveduto a staccarsi già il giorno dopo la sua elezione, fondando un suo gruppuscolo (“Coscienza nazionale popolare”) sostenuto dalla Chiesa scismatica dei veterocalendaristi e da alcuni metropoliti ortodossi di aperte simpatie filofasciste. Prima del suo distacco era stato a lungo un esponente di primo piano del gruppo dirigente nazista ed è stato anche condannato come ispiratore e organizzatore dell’assalto al centro sociale “Synergio” ad Atene. Anche Lagos è ricorso a Twitter per dire che farà ritorno ad Atene “al più presto” perché vuole “difendersi” e “abbattere la dittatura”.
Intanto è imminente l’emissione delle pene per i cinquanta condannati, secondo la procedura prevista dall’ordinamento greco. Tra i condannati, ricordiamo, c’è tutto il gruppo dirigente nazionalsocialista, gli ex parlamentari, ma anche i mandanti e gli esecutori dell’assassinio di Pavlos Fyssas e dei due tentati omicidi, l’assalto alle abitazioni di alcuni pescatori egiziani e le aggressioni di attacchini comunisti, sempre nel Pireo.
In questa occasione la difesa ha dato la sua battaglia di retroguardia. Prima di decidere le pene, la Corte ha ascoltato le relazioni dei difensori riguardo alle possibili attenuanti. Uno spettacolo spassoso, in cui i puri e duri nazionalsocialisti (oppure “nazionalisti” come preferiscono presentarsi ai non iniziati) si mettono vesti dimesse, da ordinari padri di famiglia, magari dediti a opere di bene.

Il tono l’ha dato Takis Michalolias, difensore di Michaloliakos, che è anche suo fratello maggiore (la differenza nel cognome è usuale nella regione di Mani da cui discendono). Secondo l’avvocato, il capo condannato è “un uomo che nella sua vita è emerso come leader politico, come padre, come autore di tanti libri”. I libri si rifanno tutti al Terzo Reich e alla sua ideologia, ma questo è penalmente irrilevante. Quindi, ha continuato Michalolias, la condanna del fratello è dovuta alle “pressioni” della “feccia” della società, di omosessuali, comunisti, traditori, perfino deputati della sinistra che hanno deciso prima della Corte dicendo che “non sono innocenti”.
L’arringa è terminata con un elegante riferimento alla “folla degli straccioni che il 7 ottobre s’è radunata fuori dal tribunale per urlare”, condizionando così la decisione dei giudici.
Prima di prendere l’aereo da Strasburgo, anche Lagos si è preoccupato delle sue attenuanti. Ha dato incarico al suo avvocato di insistere sul fatto che è un “buon cristiano”, che “ama gli animali”, nonché di elencare le sue “opere di bene” (offerte alla parrocchia) e la fedina penale pulita.

Elias Kassidiaris è nipote del fuhrer ed è stato due volte deputato, ma pochi mesi fa anche lui s’è distaccato, per fondare il gruppuscolo “Greci per la Patria” (ma le iniziali vengono lette “Greci di infima qualità”). Ha incaricato il suo difensore di chiedere le attenuanti perché la sua attività “è stata equivocata” e la sua persona “esposta al pubblico in maniera negativa”. Una vittima dei giornalisti.
Anche l’ex deputato Nikos Michos, già condannato per gravi lesioni durante il già citato assalto a “Synergio”, s’è scoperto “amante degli animali”, mentre il suo difensore ha insistito anche sul fatto che “ha sposato due volte la stessa donna”. Non è noto perché la povera donna abbia fatto due volte lo stesso errore.
L’ex deputato Giorgos Germenis è diventato famoso a livello internazionale nel 2012 quando, l’indomani della vittoria elettorale, ha ordinato alla stampa, in greco antico maccheronico e con tono da sergente maggiore, di alzarsi in piedi all’ingresso del capo nella conferenza stampa. In Grecia però è più noto per essere il bassista del gruppo greco-norvegese di musica black metal Naer Mataron, con hit del tipo “Viva la morte” e lode al “Dio Pan”. Germenis ha chiesto ai giudici di tenere in conto il fatto che il “lungo processo” gli ha “rovinato una sicura carriera internazionale”.
Anima artistica e musicista di sicuro successo, sostiene di essere Artemis Mattheopoulos, ex fidanzato di Ourania Michaloliakos, figlia del capo. Nella buona tradizione del “generone romano”, Mattheopoulos ha fatto una carriera fulminea nel partito nazista, diventando deputato e membro del consiglio nazionale, sostanzialmente il braccio destro del fuhrer. Ora anche lui rivendica una “carriera distrutta” come membro di primo piano del gruppo nazipunk Pogrom. Già il nome è tutto un programma, ma la hit della band è “Auschwitz”: “Mi fotto Wiesenthal, mi fotto Anna Frank, mi fotto tutta la tribù di Abramo, o Auschwitz quanto ti amo”.
Elias Panayiotaros, ex deputato e dirigente di primo piano, ha difficoltà a invocare la fedina penale pulita ma ostenta il fatto che è vigile del fuoco volontario e donatore di sangue. Sangue greco solo per greci, è ovvio.
Konstantinos Barbaroussis, l’ex deputato che aveva aggredito venditori ambulanti e dalla tribuna del parlamento aveva chiesto alle forze armate di prendere il potere, ora si è presentato come un “umile contadino” che si è occupato “occasionalmente” di politica “in buona fede e per il bene della patria”.
Perfino Giorgos Roupakias, l’assassino reo confesso del rapper antifascista Pavlos Fyssas, ha chiesto le attenuanti. Si è dichiarato pentito di “aver rovinato due famiglie” quella di Fyssas e la sua, si lamenta che sta chiuso dentro casa da quando sta agli arresti domiciliari, “non vede nessuno” e non può andare “neanche dal medico”.
Quasi tutti i condannati hanno usato come argomento attenuante la lunga durata del processo, senza precedenti nelle cronache giudiziarie del paese. Ma sono stati proprio gli imputati ad allungare i tempi: i giudici sono stati sommersi da tonnellate di materiale probatorio della difesa del tutto indifferente. I difensori non hanno voluto chiedere di essere esonerati da un lungo sciopero degli avvocati greci e agli inizi dell’anno in corso hanno chiesto la convocazione di un numero esagerato di testimoni della difesa che non si sono mai presentati. È probabile che sperassero in una soluzione extragiudiziale, un’amnistia, la prescrizione, un intervento del governo, magari un colpo di stato.
Crowd outside the Court in Athens erupts as guilty verdicts are announced. Guilty guilty guilty. pic.twitter.com/Jnwr768lbp
— Maria Aristodemou (@maariaris) October 7, 2020

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