Non è finita la lunga e travagliata vicenda della tutela e del rilancio – per cui si batte da anni anche ytali – del ricco patrimonio artistico e culturale della plurisecolare manifattura fiorentina Richard Ginori. Vero è che, al termine di una faticosa, esasperante trattativa, si era raggiunto quasi un anno fa un accordo tra regione Toscana, ministero dei beni culturali e il comune di Sesto Fiorentino, dove hanno sede lo stabilimento e, in cadenti mura del vecchio museo, i depositi di eccezionali reperti che risalgono anche alla fondazione della fabbrica di porcellane, nel 1735. Ed è vero che da questo accordo è nato – ancora sulla carta – il “Nuovo museo della porcellana Richard Ginori”, un’operazione che ha comportato uno stanziamento di più di sei milioni di euro.

Un primo punto fermo, ma senza seguito. Tant’è che dal dicembre 2019, quando l’accordo è stato siglato con una cerimonia ufficiale, nulla più si è mosso. Come ricorda il deputato Gabriele Toccafondi (Italia Viva) rivolgendosi con un’interrogazione al ministro Dario Franceschini, i lavori per il nuovo museo avrebbero dovuto partire da tempo, ma sul posto non c’è un cantiere e men che mai gli operai. Lo stato di abbandono è lo stesso dal 2014, quando sono cominciate le prime denunce da cui è nata la campagna di Italia Nostra, di altre associazioni culturali con l’attivo sostegno di ytali.
Di più. Della Fondazione che dovrebbe occuparsi della gestione del nuovo museo, e della quale è stata annunciata l’istituzione alla cerimonia del dicembre dell’anno scorso, non è stato ancora nominato il consiglio di amministrazione. E di peggio: a non dare il buon esempio è lo stesso ministero dei beni culturali cui spettava la designazione, nel cda, di tre autorevoli componenti-esperti. Lo avesse fatto, sarebbe stata (e sarebbe) una spinta, una sollecitazione agli altri partner di fare il proprio dovere. E invece niente.
In buona sostanza, bisogna muoversi: ci sono tanti soldi stanziati dal governo, ci sono gli strumenti giuridici e operativi per mettere in moto i finanziamenti e, quindi, tradurre un fantasma in realtà. Lo esigono varie ragioni. Anzitutto la ragione essenziale di proteggere e valorizzare il patrimonio delle opere d’arte (antichi manufatti in porcellana, più recenti prove di Picasso, Manzù e altri famosi artisti, bozzetti, lastre, ceramiche…) che rischiano, nel lungo e totale abbandono, un irreparabile danneggiamento o addirittura la distruzione come è già accaduto.
C’è poi un interesse culturale e turistico: la ricostituzione ex novo del museo costituirebbe un ulteriore polo di attrazione per l’area fiorentina, una risorsa importante per la ripresa dell’economia della regione.
Vogliamo credere che il ministro Franceschini, che pure è stato tra i più attivi patrocinatori della (ancora potenziale) rinascita del polo museale di Sesto, non sappia che i sei milioni che il suo dicastero ha destinato alla ripresa delle opere d’arte della Richard Ginori sono ancora lì, non investiti nei lavori programmati. Che l’iniziativa di Toccafondi faccia da sveglia?


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