I 60 anni del 10 più grande di sempre (dopo Pelé?)

Auguri al grande campione argentino per il suo sessantesimo compleanno (30 ottobre). Ha vissuto tutto rapidamente, ha vissuto almeno tre vite in una, è stato un capopopolo, un visionario, un poeta del gioco.
ROBERTO BERTONI BERNARDI
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Non è possibile descrivere Diego Armando Maradona, non si può definire perché gli dei sono al di sopra di queste pratiche terrestri. Diciamo che Maradona compie sessant’anni e già questa è una notizia: per la vita che ha vissuto, per le difficoltà che ha dovuto affrontare, per i suoi eccessi e per gli enormi rischi che ha corso in sei decenni di sfida al destino e continuo assalto al cielo, senza requie, senza mai considerarsi né essere un uomo comune.

Diego Armando Maradona incarna un’idea d’immensità. E non sembri blasfemo l’accostamento al divino, visto che a Napoli, ancora oggi, è considerato un dio. Del resto, Maradona è stato tutto, in quella città che, come sostiene Maurizio De Giovanni, è un lembo di Sudamerica casualmente situato in Italia.

Maradona in un contrasto con Ancelotti

Maradona è stato il genio, la sregolatezza, la follia, la tempesta e l’impeto di un universo tendenzialmente fragile, dolente, disperato, in cui la gioia è sempre stata un concetto relativo e le sconfitte sono state quasi pane quotidiano. Poi c’è stata quell’epifania, durata sette anni, dall’84 al ’91, quando le curve di certi stadi del Nord non fischiavano più per disprezzo ma per paura. Quando accostavano i napoletani al colera o al Vesuvio, infatti, non esprimevano più solo inciviltà ma timore per una squadra che, grazie a quel mito, poteva finalmente guardare negli occhi il resto d’Italia e non sentirsi inferiore.

Maradona è stato la gioia e il riscatto degli ultimi, l’idolo delle favelas argentine e di tutti i suburbi del mondo. È stato un uomo e un campione del popolo, il più amato, il più idolatrato, sottoposto a una venerazione prossima al fanatismo ma chiunque lo abbia conosciuto sa che era anche il sindacalista della squadra, colui che si batteva per i compagni, che li difendeva, che si prendeva cura di loro e poneva la propria grandezza di fronte all’arroganza della società, alla cialtronaggine dei burocrati e ai frequenti tentativi di distruggere tutto ciò che il personaggio Maradona e la sua comunità erano riusciti a costruire.

Diego e Diego jr Maradona

Il suo mito, come confessò una volta a Gianni Minà, è José Martí, rivoluzionario cubano che dedicò l’intera vita all’indipendenza del proprio paese, e questo Guevara del pallone ha fatto più o meno lo stesso, scontrandosi spesso con le autorità, con la FIFA di Havelange, con l’ordine costituito, con i ben pensanti, con l’ipocrisia in tutte le sue forme, con la crudeltà di un mondo che ha cercato in ogni modo di fermarlo e con le ingiustizie che, alla fine, sono riuscite ad avere la meglio sul suo desiderio di essere sempre e comunque un uomo fuori dagli schemi. Maradona non ha età, trascende il tempo.

Come scrisse Galeano dopo la partita contro la Grecia che, ai Mondiali americani del ’94, gli costò un’indegna squalifica per via dell’assunzione di un farmaco che era vietato, guarda caso, solo negli Stati Uniti: “Giocò, vinse, pisciò, fu sconfitto”. In quella circostanza, Diego, che era stato chiamato dagli organizzatori per favorire la vendita di biglietti, assai deludente in un paese che non ha nel calcio il suo sport di riferimento, e al quale pur di raggiungere lo scopo era stato consentito di assumere qualunque sostanza per rimettersi in sesto e perdere oltre venti chili in pochi mesi, venne umiliato pubblicamente e, di fatto, quell’episodio segnò la fine della sua carriera.

Nápoles más argentina que nunca. Napoli più argentina che mai [@DiegoAMaradona]

Il resto conta poco, la gloria ormai era lontana. Resta l’immagine di un fenomeno che già a nove anni incantava la platea di Buenos Aires, che a diciassette era un fuoriclasse, che a venticinque aveva condotto l’Argentina sul tetto del mondo, nonostante il fallo assassino di Goikoetxea durante una sfida fra il Barcellona e l’Atletich Bilbao che gli aveva martirizzato il piede sinistro, che a trent’anni era l’eroe di Napoli e a quaranta un uomo sull’orlo dell’abisso.

Ha vissuto tutto rapidamente, ha vissuto almeno tre vite in una, è stato un capopopolo, un visionario, uno di quei poeti del gioco di cui parlava Osvaldo Soriano in Fútbol, in grado di creare spazi là dove non avrebbero mai dovuto esserci, e ora ne fa sessanta e continuerà a stupire, a far discutere, a dividere, a regalare al mondo la propria arte e a compiere il magnifico sberleffo proprio solo di quei provocatori che possono permettersi l’irriverenza. Diego Armando Maradona: è tutto vero. L’avventura continua.

I 60 anni del 10 più grande di sempre (dopo Pelé?) ultima modifica: 2020-10-22T15:08:04+02:00 da ROBERTO BERTONI BERNARDI
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