Sfiducia a Sánchez. Un “rotundo fracaso” per l’ultradestra

Il Presidente del Gobierno esce vittorioso dal voto sulla mozione presentata da Vox. Il partito di Santiago Abascal non è riuscito a trovare nell’Aula del Congreso de los diputados gli appoggi necessari a rovesciare il governo di coalizione delle sinistre.
ETTORE SINISCALCHI
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Pedro Sánchez esce vittorioso dal voto sulla mozione di sfiducia presentata dall’estrema destra di Vox. Come ampiamente previsto, il partito di Santiago Abascal non è riuscito a trovare nell’Aula del Congreso de los diputados gli appoggi necessari a rovesciare il governo di coalizione delle sinistre. Di più, la mozione ha avuto il voto contrario di tutti gli altri partiti, a partire dal Partido popular di Pablo Casado, che hanno così respinto in toto l’operazione.

Con 298 voti contrari e 52 a favore, i soli deputati di Vox, la sfiducia batte due record negativi, risultando la meno votata della storia della democrazia spagnola e l’unica che non ha avuto neanche un voto di astensione. La maggioranza si è politicamente molto rafforzata, evidenziando come non esista un’alternativa al governo di minoranza della coalizione tra Psoe e Unidas Podemos.

In Spagna c’è, infatti, la sfiducia costruttiva, il primo firmatario della mozione di sfiducia diventa capo del governo eletto dalla maggioranza che ha votato a favore della mozione, così Sánchez divenne per la prima volta capo del governo sfiduciando Mariano Rajoy nel giugno del 2018. Un meccanismo che evita le “crisi al buio” e favorisce la stabilità – una delle riforme da noi mai veramente cercate, preferendo i nostri partiti accanirsi sulla formazione della rappresentanza anziché applicarsi su sperimentati meccanismi parlamentari che favoriscono la tenuta degli esecutivi.

Il capo del governo è uscito benissimo dal dibattito parlamentare, con una performance personale di notevole spessore e potendo intravvedere il superamento delle resistenze alla ricerca di accordi puntuali coi partiti di opposizione, Pp e Ciudadanos (C’s), aprendo nuovi scenari nel breve e medio termine, in particolare per l’approvazione del bilancio dello stato, prossimo impegno del governo – che, va ricordato, è di minoranza e deve sempre di volta in volta costruire maggioranze parlamentari per il varo dei provvedimenti.

È avvenuto inoltre un altro fatto importante: il manifestarsi per la prima volta del “cordone sanitario” a isolare Vox – una destra franchista, trumpiana, antieuropeista, xenofoba, omofoba e antifemminista – dagli altri partiti del centrodestra, spesso invocato a sinistra ma anche nel moderatismo di centrodestra. 

Il risultato della mozione di censura presentata da Santiago Abascal

Un rotundo fracaso, insomma, un grande fallimento per Abascal, che peraltro si vedeva arrivare con chiarezza. Come mai allora il leader di Vox è voluto arrivare fino in fondo? Perché il reale obiettivo era portare avanti un’offensiva nell’ambito della guerra per l’egemonia nella destra spagnola. Il bipartitismo spagnolo oramai non c’è più. Il primo a misurarsi con la nuova realtà è stato il Psoe, con l’arrivo di Podemos. Il Pp, sempre meno moderato e sempre più di destra, ha inizialmente affrontato l’attacco di Ciudadanos, centrodestra liberale “moderno” ben visto da ambienti di Bruxelles. L’arrivo di Vox, di Abascal, proveniente dal Pp del quale ha goduto nomine e posti di potere con congrui stipendi, ha portato l’attacco all’elettorato popolare. Nella gara a destra scatenatasi attorno alla crisi catalana, C’s ha abbandonato le sue caratteristiche iniziali, venendo poi travolto nell’ultimo passaggio elettorale – perché votare gli arancioni se c’era l’offerta di Pp e Vox? – e la competizione ha favorito la formazione di Abascal. 

La decisione di Casado sembra prendere finalmente atto della rottura del monopolio elettorale del centrodestra del Pp, che prima raccoglieva dai moderati centristi ai più accaniti nostalgici del franchismo fino ai neofascisti spagnoli. La sfiducia, in questo quadro, è stata in realtà un’Opa ostile sul mercato degli elettori del Pp e a questa reale valenza ha risposto Casado decidendo di schierarsi all’ultimo per il no, anziché per l’astensione, sottolineando l’europeismo.

Le parole dure rivolte da Casado a Abascal nel suo intervento evidenziano questa dinamica, respingendo i termini complottisti, antieuropeisti e vagamente antisemiti (Soros come burattinaio mondiale) del discorso di Vox e marcando un forte differenza col partito col quale pure governa in diversi territori. “Alla Spagna offre solo divisioni, sconfitte e rabbia”, ha detto rivolto a Abascal, accusandolo di essere “l’assicurazione sulla vita di Sánchez, la garanzia per le sinistre di una vittoria perpetua”, affermando così la centralità popolare per ogni ipotesi di alternativa di governo.

Casado si prende un rischio nell’affrancarsi dalla regressione democratica del confronto politico che il suo Pp ha contribuito a costruire. Ma non sembravano esserci altre strade. Le indicazioni che vengono dall’Europa sono chiare, il gruppo popolare non apprezzava la deriva del Pp, l’antieuropeismo strisciante, l’allontanamento dai caposaldi democratici insito nel disconoscimento della legittimità del governo di coalizione delle sinistre. La deriva di destra favoriva soprattutto Vox e lasciava aperta la possibilità di recupero di Ciudadanos che prova a dismettere i panni frontisti, riportarsi al centro e riapre il dialogo con Pedro Sánchez.

Se quanto avvenuto sia un passo falso dalle gravi conseguenze per Abascal, però, è ancora da vedere. La radicalizzazione del linguaggio e dello scontro politico, la perdita di complessi della destra estrema, sono pane quotidiano della politica spagnola. Nella Comunità di Madrid e nel comune della capitale il Pp governa grazie ai voti di Vox, e con quelli ha per la prima volta conquistato il governo dell’Andalusia, feudo e granaio elettorale socialista dall’inizio della democrazia. Portare la rottura nelle amministrazioni locali favorirebbe il Psoe, con Ciudadanos che lancia segnali di volersi smarcare dall’abbraccio con Vox, e sembra difficile che il Pp voglia o possa perdere importanti presìdi di potere. Di fatto, le critiche interne più forti alla subordinazione di Casado a Vox vengono da baroni del partito che o hanno i voti per governare da soli o stanno all’opposizione nei governi autonomici e comunali.

La Faes (Fundación para el análisis y los estudios sociales), il think tank fondato dall’ex segretario del Pp e due volte capo del governo José María Aznar, continua a spingere verso l’estremizzazione del discorso politico ed è molto influente nel Pp, e anche in Vox, avendone addirittura stimolato e favorito la nascita, secondo alcuni osservatori della politica spagnola. Solo pochi giorni fa un’editoriale apparso sul sito della fondazione, rivolgendosi polemicamente alla vicepresidente del governo Carmen Calvo che aveva parlato di sovranità del Parlamento la negava “soprattutto quando sinistra, podemiti e nazionalisti hanno la maggioranza”, affermando che “la sovranità risiede solo nel popolo”. Non è detto che, in questo contesto, Abascal non riesca a capitalizzare ancora gradimento. Anche passando per la rottura delle alleanze di governo locale. 

Dietro la svolta di Casado pare evidente il timore europeo per le conseguenze sulla tenuta della Spagna della radicalizzazione dello scontro politico portata avanti dalla destra, manifestatasi chiaramente nell’uso drammaticamente irresponsabile dell’epidemia da Covid-19 ai fini del contrasto al governo nazionale, e l’immediato plauso alla decisione di Casado fatta da Manfred Weber, capogruppo del Ppe lo conferma. “Oggi Pablo Casado ha dimostrato la leadership di cui la Spagna ha bisogno per frenare il populismo, sconfiggere il coronavirus e rilanciare l’economia. Alla Spagna serve un leader di centro senza alleanze con forze radicali che cercano solo la divisione”, ha scritto su Twitter immediatamente dopo il voto.

Sánchez, da parte sua, ha immediatamente lanciato un segnale col ritiro della proposta di riforma del meccanismo di nomina dei vertici del potere giudiziario, per abbassare le maggioranze parlamentari necessarie alle nomine. Una riforma pensata per contrastare l’ostruzionismo del Pp al rinnovamento delle cariche scadute, attuato per non perdere le maggioranze affini formatesi quando governava – e criticata da Bruxelles, che già più volte ha richiamato la Spagna per la poca indipendenza del potere giudiziario da quelli esecutivo e legislativo. 

Santiago Abascal

Nel breve periodo, la posizione di Pedro Sánchez e del suo governo è certamente rafforzata, come la centralità del Psoe nel quadro politico spagnolo. Mentre a destra sembra aprirsi un periodo segnato dalla resa dei conti tra Pp e Vox, col primo a cercare di riposizionarsi al centro, esprimendo posizioni moderate che gli consentano di rientrare nel gioco politico. Casado, con una svolta politica, intraprende un percorso di medio periodo, anche per consolidarsi alla guida del Pp, che nell’immediato potrebbe anche presentare ulteriori arretramenti elettorali. Non è detto che Abascal non possa ancora espandersi in un elettorato abituato a linguaggio e scontro politico estremi, nei quali la realtà e la responsabilità sono superate dalla preminenza del simbolismo guerracivilista e della propaganda. Il panorama politico spagnolo è in continua evoluzione e la permanenza delle strutture politiche e della forma partito, nelle sigle storiche e in quelle nuove, rendono il percorso, disseminato di colpi di scena e cambiamenti di fronte, sempre interessante. Adesso tocca alla destra spagnola ripensarsi nella Spagna del XXI secolo.

Sfiducia a Sánchez. Un “rotundo fracaso” per l’ultradestra ultima modifica: 2020-10-23T19:01:31+02:00 da ETTORE SINISCALCHI
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