Sicilia, ancora trivelle. E lo Stato guarda

La Regione guidata da Musumeci sembra godere di totale libertà per autorizzare e promuovere ricerche di idrocarburi: anche nell’area del Barocco, tra i siti patrimonio dell’Unesco.
GIORGIO FRASCA POLARA
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Se il frequente scontro tra Stato e regioni ordinarie è insopportabile e provoca danni, sprechi e confusioni, oggi nella sanità e domani chissà, quello tra Stato e alcune regioni a statuto speciale è assolutamente intollerabile. Parliamo in particolare dell’arroganza della regione siciliana, forte essa di alcune prerogative istituzionali quanto remissivo il governo centrale nel subirne le conseguenze senza far valere, anche con gesti inediti, l’interesse collettivo. La Regione Sicilia osa non solo autorizzare ma persino promuovere, con licenze a raffica, le ricerche di idrocarburi (gas compreso) su terraferma e soprattutto nell’area del Barocco, tra Ragusa e Siracusa, tra i siti patrimonio dell’Unesco.

A dare l’abbrivio – contro ogni legge, decreto e altre norme emanate dallo Stato – fu nel 2004 il permesso di ricerca “Fiume Tellaro”, che prende il nome dal corso d’acqua che dai monti Iblei scende a Noto (la capitale del Barocco siracusano, un patrimonio inestimabile). Accordato quel delittuoso permesso, i più potenti gruppi estrattivi italiani e stranieri hanno capito che l’isola era per loro il paese di Bengodi dove vigono norme speciali, tutte e sempre a loro favore.

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Come nasce la fregola dei permessi a gogo? Presto detto: il Coordinamento nazionale No Triv viene in possesso di una nota ufficiale del 1° agosto 2019 in cui si citano due distinte richieste di parere, datate rispettivamente 30 aprile e 4 luglio 2019, formulata dal dirigente generale dell’assessorato energia della regione siciliana all’Avvocatura generale dello Stato in merito all’applicabilità o meno alla Sicilia (autonoma!, ndr) della legge nazionale sulle sospensioni delle licenze. Ma l’Avvocatura – bontà sua – non risponde. E allora la Regione si considera autorizzata a far maturare la decisione di autorizzare le attività di ricerca di “Fiume Tellaro”.

Ed ecco che, passata la buriana degli ambientalisti per quel pozzo del tutto illegale, la caccia ai permessi ha fruttato ben quattro altre prede preziose: tre nuovi pozzi esplorativi sono stati autorizzati il 28 febbraio dell’anno scorso dall’assessore all’energia della giunta regionale presieduta dal neofascista Nello Musumeci; e appena tre settimane dopo ecco che lo stesso assessore firma un quarto decreto per un nuovo permesso di ricerca di gas metano in un’area del ragusano denominata “Case la Rocca”.

Il presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci

Aveva denunciato la ex presidente di Legambiente Rossella Muroni (ora deputata Leu) che tanto la giunta quanto gli uffici regionali competenti hanno ignorato deliberatamente le leggi nazionali in materia, optando per un’assai più benevola legge regionale che molti giuristi ritengono incostituzionale.

È accettabile che in materia di ricerca e coltivazione di idrocarburi, come di pianificazione energetica e climatica, la regione siciliana possa far tutto da sé?

Non è ammissibile, a maggior ragione dal momento che il ministero dell’ambiente e della tutela del territorio ha già applicato – una sola volta – la sospensione prevista dalla legge nazionale n. 12 del 2019 alla procedura di VIA (valutazione impatto ambientale) n. 3355 riguardante il permesso di ricerca di idrocarburi “Scicli”, nel ragusano.

Rossella Muroni, foto da Twitter

E allora perché un solo “alt!” e invece tanti “laissez faire”?

Ora, attenzione: Muroni aveva già posto l’anno scorso questi interrogativi al governo. La risposta era stata il silenzio tombale, di ben tre ministeri. Allora ha presentato una nuova interrogazione agli stessi ministri: Sviluppo economico, Ambiente e tutela del territorio, Beni e attività culturali, in considerazione delle ferite inferte proprio a un eccezionale patrimonio Unesco, come quello della Sicilia sud-orientale.

E stavolta a rispondere, a nome anche dei suoi colleghi, è stato il responsabile del Mise, Stefano Patuanelli. Il quale ha messo subito le mani avanti:

Si fa presente che l’articolo 14, lettera h) dello statuto della regione siciliana riserva alla competenza esclusiva della Regione la materia delle ‘miniere, cave, torbiere e saline’.

Poi, però, una sospetta scusa non richiesta, e quindi all’insegna dello scaricabarile:

Si conferma che gli atti amministrativi contestati sono stati adottati dalla regione siciliana senza il coinvolgimento del Ministero dello sviluppo economico.

Ma l’unico VIA che ha bloccato l’ennesimo permesso è stato disposto dal Ministero dell’ambiente, che prudenzialmente ora ha taciuto scaricando l’onere della risposta su Patuanelli.

Il quale Patuanelli, per rafforzare la presunta impotenza propria e dei suoi due colleghi, sfrutta anche il Bollettino nazionale sulle attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi (Buig) che in proposito annota come

in Sicilia, per la sola terraferma, in virtù dello statuto speciale della Regione, la competenza normativa e amministrativa è completamente autonoma. I dati sono forniti dal competente ufficio regionale.

Insomma, tutto milita a sostegno della tesi, per le regioni ordinarie, della restituzione alla competenza dello Stato almeno della materia sanità; e, per le regioni a statuto speciale, di un ripensamento (fatta eccezione per quelle che tutelano minoranze linguistiche) dei poteri: pensiamo a quanto malaffare ha portato la gestione del potere “speciale” in Sicilia e in qualche misura anche in Sardegna.


Copertina: Trivelle in Val di Noto, foto LiveUniCT

Sicilia, ancora trivelle. E lo Stato guarda ultima modifica: 2020-10-28T17:10:23+01:00 da GIORGIO FRASCA POLARA
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