Ma che s’è messo in testa il piccolo Sassuolo (che quest’anno compie cent’anni: auguri!) di De Zerbi? Dove vuole arrivare questa banda su cui nessuno, a inizio stagione, avrebbe scommesso un centesimo e che ora, invece, si trova al secondo posto, davanti a Juve e Atalanta e a un solo punto dal Milan di Pioli e dell’highlander Ibrahimović?
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Dicevamo dell’Atalanta, una compagine che non fa più notizia e che non può più essere considerata una piccola che studia da grande, essendo ormai una nuova grande che va a comporre il quadro che, un tempo, avremmo definito delle “sette sorelle” che ora potrebbe ricomporsi. Al posto di Fiorentina e Parma, le medio-grandi di allora, oggi abbiamo Atalanta e Sassuolo, con i neroverdi della famiglia Squinzi e del ds Carnevali che si stanno togliendo soddisfazioni incredibili.


Torna in mente una sfida di qualche mese fa a Reggo Emilia, contro la Juventus. Finì 3 a 3, la Juve dilapidò il doppio vantaggio iniziale e rischio addirittura di perdere l’incontro, riuscendo a pareggiare solo grazie alla caparbietà che le è propria e alla classe di Alex Sandro. Ebbene, la sensazione che si ebbe quella sera fu di non essere di fronte a una piccola che ci aveva messo l’anima ed era riuscita a strappare un risultato miracoloso ma a una nuova grande che aveva saputo rimontare e gestire per diversi minuti il vantaggio, denotando non solo una tenacia incredibile ma anche un talento ben superiore a quello di una provinciale di lusso. E allora vien da pensare che, anche in Serie A, questo sia un passaggio d’epoca, l’affermazione di realtà che prima non avevano trovato la forza di emergere ma che ormai hanno rotto il soffitto di cristallo per issarsi stabilmente in cima alla classifica.

Certo, qualche partita la perderanno anche gli emiliani, come l’ha persa l’Atalanta, ma non c’è dubbio che ormai non si possa più parlare di sorpresa perché la qualità del gioco, il rapporto fra gol fatti e gol subiti, l’impianto complessivo di una squadra equilibrata in tutti i reparti, individualità di spicco come Locatelli e Berardi, l’abilità nel far crescere un fortissimo settore giovanile e una squadra femminile di tutto rispetto e la presenza in panchina di un allenatore emergente come il già citato De Zerbi siano elementi che pongono il Sassuolo fra le principali pretendenti a un posto in Champions.
Magari è presto per parlare di corsa scudetto, ma sarebbe bello se il Sassuolo di oggi potesse ripercorrere le orme del Parma di Malesani, Crespo e Thuram, lungo quella via Emilia mai avara di emozioni, speranze e prospettive. Sarebbe bello se dalla provincia che scopre i piani alti rinascesse il calcio italiano e tanti campioni scartati dalle squadre più blasonate potessero mettersi nuovamente in gioco e, magari, suscitare nelle regine d’Italia e d’Europa qualche rimpianto.
Sarebbe bello se potesse affermarsi un nuovo Cagliari, un nuovo Verona, con uno Scopigno e un Bagnoli del Terzo millennio, con il recupero di un pizzico di filosofia della strada, con la genuina spontaneità di un mondo che sta scomparendo e sarebbe bellissimo, invece, recuperare, almeno in parte, almeno per una stagione. Il Sassuolo che diventa grande è una storia straordinaria, un omaggio al compianto presidente Squinzi e un onore per chi ha la fortuna di assistere e raccontare questa favola. Avanti tutta, fra la via Emilia e il West, con molta nebbia e una piadina in mano.

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