Caro Franceschini, che ti sei perso non partecipando alla passeggiata romana di Proietti

FRANCO MIRACCO
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Ma era un funerale, un corteo funebre o non piuttosto una passeggiata romana quella che è stata donata a Luigi Proietti ieri giovedì 5 novembre? Non c’è dubbio che quel che mi è parso un saluto, un abbraccio, un volerci essere che non finisse mai, è stato un qualcosa in cui dentro risuonava tanto di Proietti. E infatti Roma (con mascherina) c’è andata a quella passeggiata, perché di quel suo cittadino speciale sapeva molto, ne ricordava parole, sghignazzi, risate, canzoni, e poi perché i grandi attori continuano (anche dopo) a parlare, a recitare, a smorfiarsi, a osservarci, e lo faranno, si sa, anche per quelli che non sono ancora nati ma che potranno vederli e applaudirli con i mezzi che sappiamo.

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Sicuramente senza precedenti la passeggiata romana che si è fatto Luigi Proietti per la sua città. Nemmeno il marchese Onofrio del Grillo fu onorato, quando morì, con tanto sentimento nelle strade, nelle piazze, nei vicoli, nel girare attorno al Marco Aurelio, nel salire e scendere per Via di San Pietro in Carcere; al marchese fu riservato quel poco di un funerale solenne in chiesa. E se rimane un saluto popolare al marchese quello lo si trova al Verano, sulla tomba di Alberto Sordi dove hanno scritto “Sor Marchese, è l’ora”.

Quella passeggiata di e per Proietti, nonostante abbia attraversato la Roma universale, dal Campidoglio a Villa Borghese, da via dei Fori a Piazza del Popolo, in diversi momenti e luoghi ha assunto i gesti e i sentimenti che appartenevano ai paesi delle origini, a certi borghi antichi e appenninici, con tutta la gente che aspettava per veder passare il funerale, e dove a unire erano i ricordi, la tenerezza e l’affetto negli sguardi, di chi usciva da casa, dal bar o dal negozio e abbassava la saracinesca. L’aria è stata un po’ quella, con chi faceva il segno della croce, con chi applaudiva, con la sorpresa di non aver mai saputo che ci fossero così tante finestre da cui affacciarsi a Piazza Barberini. Ma soprattutto con molte, moltissime donne lungo Via del Corso, Via del Tritone, Via Veneto, e quindi per i viali di Villa Borghese e in Piazza del Popolo, nel Globe Theatre e nella Chiesa degli artisti.

Sì, tante le foglie dell’autunno, dovunque in quella passeggiata, ma di più le donne, di sicuro in maggioranza, perché Proietti è stato un uomo e un attore gentile, non sapendo essere volgare neanche quando doveva dire delle parolacce, visto che possedeva il misterioso, divino dono di farti ridere di cuore con un garbo straordinario. E questa presenza delle donne ai funerali la spiega come meglio non si potrebbe il grandissimo poeta Cees Nooteboom: “Nella terra di Jung – una terra che si stende da qualche parte nelle vicinanze del XX secolo – la tomba è un archetipo femminile, come tutto ciò che accoglie e che abbraccia. È il luogo sicuro, il luogo della nascita, della crescita e dell’amore”.

Caro ministro Dario Franceschini, non partecipando a quella passeggiata ti sei perso l’irripetibile occasione di vivere dal di dentro l’anima stessa di quanto rappresenta la sostanza immateriale del bene culturale, il lato inappariscente di una città, insomma il suo significato. Ecco perché qualunque ministro della cultura francese, spagnolo o tedesco che fosse si sarebbe sentito attratto da una così illuminante passeggiata.

Caro Franceschini, che ti sei perso non partecipando alla passeggiata romana di Proietti ultima modifica: 2020-11-06T17:37:10+01:00 da FRANCO MIRACCO
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