Attualmente la differenza di voti in Georgia tra Joe Biden e Donald Trump è di 13.000 voti a favore del democratico, con il 99 per cento dei voti scrutinati. Biden si avvia verso la vittoria in uno stato che i democratici hanno vinto l’ultima volta nel 1992 con Bill Clinton, quando il democratico vinse col 43% contro il 42% di Bush (grazie al 13% ottenuto dal miliardario texano Ross Perot). Le autorità statali hanno già dichiarato che ci sarà un riconteggio – che è automatico nello stato se la differenza di voti è almeno dello 0,5 – ma è difficile che un distacco così ampio possa essere colmato.
Lo stato sarà rilevante anche per il controllo del Senato federale. In gennaio infatti si terranno due elezioni speciali per eleggere i due senatori dello stato, dopo che il senatore in carica David Perdue ha ottenuto meno del 50 per cento dei voti, che in Georgia fa scattare una nuova elezione tra i primi due candidati. Perdue sfiderà il giovane democratico Jon Ossoff. Per l’altro seggio senatoriale la competizione sarà tra il reverendo Raphael Warnock, democratico, e la senatrice uscente Kelly Loeffler, repubblicana e sostenitrice delle teorie complottiste del Qanon.
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Il risultato della Georgia è storico ed è il frutto della mobilitazione di gruppi e associazioni che per molti anni hanno cercato di aumentare la partecipazione al voto degli africano-americani e delle altre minoranze. Molti analisti hanno soprattutto, e a ragione, tessuto le lodi di quella che sembra essere all’origine di questo cambiamento: Stacey Abrams.
Abrams è stata la candidata dei democratici a governatrice dello stato nel 2018, quando perse con un piccolo margine di voti per lo stato (50.000 voti), di solito vinto con margini più ampi (almeno dal 1966). Nata in Wisconsin, cresciuta nel Mississippi e a sedici anni trasferitasi in Georgia al seguito dei genitori, due reverendi, Abrams è il prodotto dello Spelman College di Atlanta, una storica università che forma le donne africano-americane. Dopo Atlanta, la prestigiosa università di Yale dove ha studiato per diventare avvocato. E poi la carriera politica: deputato statale per undici anni (2007-2017) e leader democratico alla Camera statale dal 2010 al 2017. Una carriera nello stato piena di riconoscimenti e che la lanciano alla candidatura a governatrice nel 2018.
In quelle elezioni l’avversario era l’attuale governatore dello stato Brian Kemp, all’epoca segretario di stato per la Georgia e quindi incaricato delle procedure elettorali. La vittoria di Kemp avvenne dopo numerose battaglie per il conteggio dei voti e dopo le accuse al repubblicano di aver eliminato nelle settimane precedenti le elezioni molti cittadini dalle liste elettorali. Un anno prima infatti la Georgia aveva approvato una legge che richiedeva che il nome sulle liste elettorali fosse esattamente lo stesso dei documenti d’identità: la presenza di un accento o di un trattino avrebbe impedito al cittadino di votare fintanto che non fossero state fatte ulteriori verifiche.
In questo modo, secondo le organizzazioni per i diritti civili, 53.000 elettori sarebbero stati privati del loro diritto di voto nel 2018. Il 70 per cento di questi erano africano-americani. Abrams si rifiutò di congratularsi con Kemp per la vittoria ma ammise la sconfitta. Promise di continuare la battaglia perché tutti i voti fossero contati alle elezioni. Per i democratici e gli attivisti locali il 2018 fu un ulteriore elemento di motivazione per registrare e risolvere i problemi amministrativi che impedivano alle persone di votare.

Come ha però ricordato Abrams in questi giorni, non è il risultato di due anni di lavoro. La democratica ha fondato il New Georgia Project nel 2013, con lo scopo di aumentare la partecipazione delle minoranze alle elezioni dello stato. Riuscì a registrare in quel periodo 86.000 nuovi elettori che tuttavia non furono decisivi per le sfide elettorali successive. Le elezioni del 2018 come abbiamo visto infatti non andarono bene.
Però dopo la sconfitta del 2018, Abrams creò una nuova organizzazione – Fair Fight – che cominciò non solo a registrare minoranze ed elettori giovani per esercitare il loro diritto di voto ma a denunciare tutte le “magagne” del sistema elettorale della Georgia e di altri stati. Col sostegno anche di molte celebrità – Oprah Winfrey e John Legend – arrivarono anche i soldi, fondamentali per tenere in piedi l’organizzazione. E arrivò anche il contributo dell’ex sindaco di New York e candidato democratico alle primarie Michael Bloomberg che versò nella casse dell’organizzazione cinque milioni di dollari. Un contributo che espose Abrams a moltissime critiche poiché accettava finanziamenti da un politico le cui misure di lotta al crimine erano accusate di avere un pregiudizio razziale (Bloomberg ha poi riconosciuto l’errore delle misure chiamate “stop and frisk”).
Polemiche a parte, a partire dal 2018 Abrams e la sua organizzazione hanno registrato 800.000 nuovi elettori in Georgia. Di questi il 49 per cento sono elettori africano-americani e il 45 per cento ha meno di trent’anni. Gruppi – i neri e i giovani – che costituiscono il 62 per cento della popolazione dello stato ma solo il 53 per cento degli elettori registrati. Uno spazio di azione enorme.
Abrams riteneva che la Georgia fosse cambiata radicalmente da un punto di vista demografico e che i democratici non ne capissero a fondo le implicazioni. L’elettorato bianco dello stato era in costante calo mentre aumentava la quota di elettorato africano-americana in modo significativo. Tra il 2002 e il 2018 l’elettorato nero è cresciuto dal 15 al 40 per cento dell’elettorato totale dello stato. Oggi sono il 42 per cento degli elettori. Accanto all’elettorato nero erano in crescita sia l’elettorato latino sia quello asiatico. Inoltre erano sempre più gli elettori di cui non si conosceva l’appartenenza razziale e che pertanto rimanevano esclusi dalle indagini sociologiche con fini elettorali.
Abrams e gli altri sono quindi andati alla ricerca di nuovi elettori non registrati piuttosto che affidarsi agli elettori probabili (e all’adeguamento del messaggio politico a quegli elettori probabili, che però non rispecchiavano la realtà demografica dello stato). Una necessità dettata anche dal fatto che vincere gli elettori probabili e già registrati avrebbe comportato vincere almeno il 30 per cento del voto dei bianchi in uno stato dove l’elettorato senza titoli di studio che votava i democratici aveva abbandonato il partito molti decenni fa.
In Georgia l’universo degli “elettori swing” o “elettori persuadibili” – elettori che votano regolarmente ma oscillano tra i partiti o sono di appartenenza partitica sconosciuta – è relativamente piccolo. Anche gli elettori che si considerano essere indipendenti votano regolarmente per i candidati di un partito specifico e non sono veramente persuadibili. La campagna di Abrams ha calcolato che questa categoria ammonti a circa 150.000 elettori su quasi 4 milioni di elettori. Al contrario, il numero di elettori di tendenza democratica non probabili era di 1,9 milioni, il 69 per cento di questi erano africano-americani. In realtà, poi, negli anni successivi i numeri dem sono migliorati anche con l’elettorato bianco. In primis perché molti elettori bianchi e democratici sono giunti nello stato per viverci.
Che cosa ha fatto Abrams per raggiungere questi elettori? Nel 2018 la sua campagna ha investito circa 42 milioni dollari nel tentativo di registrare queste persone: si è trattato di una campagna via radio e via televisione condotta in ogni singola contea e comunità dello stato, in particolare nelle aree metropolitane più densamente popolate. Hanno poi utilizzato largamente ricerca e dati, dai focus group ai sondaggi. Hanno creato una rete di volontari e di funzionari retribuiti per coprire tutte le principali città dello stato e anche le piccole contee rurali. Hanno investito in tutte le elezioni, dalle cariche elettive locali e statali a quelle federali. E poi un programma per invitare al voto per corrispondenza, investimenti digitali con contenuti diversificati e accattivanti, il porta a porta quando è stato possibile.

Alla base c’era quello che secondo Abrams era l’aspetto più rilevante dell’operazione: parlare di valori piuttosto che assecondare degli stereotipi; rispettare gli elettori e il loro desiderio di avere candidati che corrono per qualcosa, non solo contro Donald Trump e i repubblicani. La combinazione di forti candidature con una forte organizzazione e risorse finanziarie, che lavora in tutte le diverse comunità di lo stato, ha portato una maggiore affluenza alle urne e a livelli di sostegno da parte di tutti i segmenti dell’elettorato, senza precedenti.
Abrams non ha fatto tutto da sola. Via Twitter, lei stessa ha citato tra coloro da ringraziare per il risultato in Georgia l’organizzazione Black Voters Matter e la sua fondatrice LaTosha Brown.
Black Voters Matter è un’organizzazione che lavorare aumentare il numero di persone registrate e l’affluenza elettorale ed è presente in Florida, South Carolina, Tennessee, Louisiana, North Carolina, Pennsylvania, Alabama, Mississippi e ovviamente Georgia. È una delle voci più impegnate a sostegno del voto anticipato, delle lotta contro le leggi retroattive sui documenti d’identità e sul rafforzamento del Voting Rights Act del 1965, dopo la sentenza della Corte Suprema del 2013 che rese non più obbligatorio per gli stati ottenere l’approvazione federale per modifiche alle leggi e alle procedure elettorali.
Il desiderio di Brown di lottare per l’espansione del diritto di voto nel Sud nasce da un’esperienza personale. Quando nel 1998 si candidò per la commissione statale per l’educazione nel quinto distretto della Georgia contro l’uscente democratico e africano-americano Willie Paul, Brown perse per duecento voti, dopo sette giorni di conteggi. Quando fu confermata la vittoria del suo avversario Brown ricevette una telefonata dal partito democratico statale che l’avvisava che erano state ritrovate ottocento schede non conteggiate ma che ormai era troppo tardi perché l’elezione era già stata certificata.
Brown non poteva permettersi delle azioni legali e quindi decise di non procedere oltre. Dichiarò però alla stampa che quei voti erano stati eliminati per “proteggere l’establishment” democratico. Fu così che decise di dedicarsi anima e corpo a una nuova causa: denunciare quello che non funzionava nelle legislazioni statali per il voto e allargare il numero di elettori non registrati e quindi non rappresentati.


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