Quando la vita costringe a “sparire”

Nel suo ultimo lavoro letterario, Tiziana Plebani approfondisce le multiformi caratteristiche della vita di strada attraverso le storie dei protagonisti. La loro esperienza spesso ci sfiora pur senza scalfire la nostra diffidenza.
BARBARA MARENGO
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È un coro polifonico che dà forma e sostanza a Sparire, romanzo di Tiziana Plebani (Linea editrice). Un coro che si esibisce su un palcoscenico molto particolare: quello di chi ha abdicato da vite sofferte, insoddisfatte e banali per rifugiarsi nell’anonima latitanza della vita di strada. Decine e decine di persone che fanno parte del panorama quotidianamente sotto gli occhi nelle nostre città, e che noi liquidiamo con il termine “gentile” di “barboni” o più elegantemente “homeless”, senza casa e senza rifugio. I cinque protagonisti di questa storia intimistica e “dark” al tempo stesso sono testimoni di un delitto inaspettato: ognuno di loro ha sfiorato l’esistenza della vittima, ognuno di loro ne conosceva le abitudini, le debolezze, le tristezze.

Siamo quelli acquattati tra i muri, accasciati sulle soglie dei vostri portoni, raggomitolati negli anfratti delle chiese, rannicchiati nei porticati.

Umani che vivono in un mondo parallelo al “nostro normale”, ma che in quel mondo “normale” ci hanno vissuto prima di scegliere per amore o per forza un altro tipo di esistenza.

Tiziana Plebani

Lo specchio che troneggia sulla copertina di Sparire è oggetto che riflette questa sequenza di vite parallele: uno schermo-specchio nasconde la persona che lo sostiene, ma invita a guardare in profondità oltre l’immagine. La strada, un rifugio, un pasto alla mensa dei servizi di assistenza aiutati dai volontari, ecco dove vivono Pulviscolo, Giovanna, Branko, L’Uomo dei Libri, che intrecciano le loro precarie esistenze a quelle di Franca, Luisa e suo marito, testimoni muti ma attenti a ogni piccolo gesto, espressione, desiderio, delusione, rancore, gioia, sentimenti della città eletta a rifugio dagli erranti.

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Tiziana Plebani, storica e scrittrice, docente universitaria e responsabile per molti anni di conservazione e restauro presso la Biblioteca Nazionale Marciana, è donna che ama camminare, nel senso più vero del termine, accumulare cioè chilometri di strade in lungo e in largo del Belpaese. Forse anche questa sua passione ha ispirato le pagine di Sparire, dove descrive i sentimenti più estremi ed esasperati di chi ha scelto vite erranti: lasciando però sempre una traccia nella storia, che è poi l’accumulo delle vite di quelli che sono stati prima di noi, tracce palpabili e non disperse nel pulviscolo che circonda il nostro vivere.

In questo mondo che si trascina tra cartoni e cassonetti da saccheggiare per cercare il cibo, esseri umani si muovono dopo aver capito che non sempre “la vita ti calza a pennello come un vestito di sartoria” ma molte volte “ti stringe come la scarpa di un numero in meno”. E allora Giovanna, ex modella anoressica, abulica, celiaca, apatica, astemia, lascia un mondo finto e ingannevole, pericoloso e volgare, si riappropria del suo corpo piegato dall’ossessione delle sfilate di moda, abbandonando ricchezza e materia, accompagnata da rinunce e paure. Giovanna che passa dagli abiti sontuosi a uno strato di stracci puzzolenti, tra gli invisibili che come lei sembrano “vestiti da uno stilista psicotico”, uscirà come una farfalla dal bozzolo dopo la vita e gli incontri di strada, trovando la chiave della nuova esistenza grazie a Branko, che a Vukovar ha visto l’inferno della guerra e certo non teme la strada.

Donne deboli e donne forti, donne che resistono e donne che soccombono, e danno a Sparire quel tocco di tragedia in un mondo considerato normale ma che normale non è: un insieme di insoddisfazioni e frustrazioni, di infelicità e incomprensioni che avvolgono la vita di Luisa e del marito, lei pietosamente ricordata nei suoi piccoli gesti quotidiani da Pulviscolo e da Franca.

E Pulviscolo, misterioso abitante del portico sulla piazza, chi è in realtà? E chi è l’Uomo dei Libri, che assume una funzione sociale nella conservazione e nella redistribuzione di volumi rinvenuti nei cassonetti? Chi sono i fragili protagonisti che hanno cancellato le loro precedenti esistenze?

Sì, i barboni puzzano, spaventano con il loro stare immobili stesi su cartoni umidi, attorniati da bottiglie di vino scadente e birra calda, frugano nei cassonetti che sono come supermercati, in cerca degli “sprechi dell’eccesso e degli avanzi”, fanno la fila alle mense dei poveri e mangiano come se non ci fosse un domani, non amano lavarsi e abbandonare gli strati di stracci che li proteggono, non sempre parlano e capiscono la lingua del luogo dove si rifugiano, sono malati e non si curano, non esistono come entità se non dopo sporadici controlli delle forze dell’ordine.

Non vogliono ricordare il loro passato, perché sarebbe come raccontare il perché sono lì stesi sui cartoni a contendersi un portico riparato. Ma la vita scorre anche per loro e si intreccia con quella del mondo che hanno abbandonato.

Di giorno la nostra presenza vi risulta insopportabile, i nostri stracci risaltano al sole, siamo una sorta di peste nelle vostre città.

Sì, Luisa, la bionda piccola signora del terzo piano, amava i tappeti persiani, simbolo di una casa ornata e calda, che un tempo anche gli esseri invisibili forse possedevano. Ma la materia non dà nessuna certezza e protezione.

E quando passate e ci vedete provate a immaginare che un giorno potreste perdervi e smarrirvi anche voi… State vigili e state alla larga dall’abisso.

Quando la vita costringe a “sparire” ultima modifica: 2020-11-26T19:22:47+01:00 da BARBARA MARENGO
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