Armin Greder. Ricordare per non dimenticare

Una conversazione “a distanza” con il fumettista, graphic designer e illustratore svizzero, condotta dalla professoressa Stefania Sbarra di Ca’ Foscari, offre originali spunti di riflessione sul tema della migrazione.
SANDRA PAOLI
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Emergenza. Di questi tempi, appena si sente questa parola, la si associa inevitabilmente al Covid-19. È questa l’emergenza che ci angoscia. Che riempie le pagine dei giornali e occupa i media. Ma le altre, le emergenze della nostra epoca, non sono svanite. Non si è dissolta, ad esempio, la sofferenza dei profughi. Se ne parla poco e occasionalmente. Con lodevoli eccezioni. Si pensi all’Avvenire, costantemente attento al tema dei migranti. Il 5 dicembre scorso, il quotidiano dei vescovi si distingue tra i media italiani pubblicando un articolo con immagini raccapriccianti di chi ha subito violenze nei Balcani. Dopo di che si torna a una normalità che non ammette di soffermarsi più di tanto su queste ormai quotidiane tragedie del nostro tempo. Ma come squarciare la coltre della normalità e fare emergere il tema della migrazione come problema, non dei migranti, ma di tutti noi, come problema centrale del nostro tempo? Ed ecco, due giorni dopo l’articolo di Avvenire, un’iniziativa che ci suggerisce come anche la cultura, nelle sue diverse e varie declinazioni, può essere un terreno privilegiato per tenere intelligentemente e utilmente desta l’attenzione. Anche un campo della cultura che solo una critica disattenta e conformista potrebbe considerare minore: il genere del fumetto, del graphic design, dell’illustrazione.

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Se n’è avuta prova con la conversazione a distanza con il fumettista, graphic designer e illustratore svizzero Armin Greder. L’incontro, che è parte di un progetto complesso, in corso da anni, si svolge all’interno di una “doppia cornice”, come l’ha definita Stefania Sbarra, curatrice dell’incontro. La prima delle due cornici è la mostra Verso il confine … e oltre! Raccontare le migrazioni negli albi illustrati, organizzata a Venezia in collaborazione con il Dipartimento di Studi linguistici e culturali comparati di Ca’ Foscari, con il Fondo Sergio Silva e con l’Istituto Comprensivo Salvo D’Acquisto di Parma. La mostra si è svolta a sua volta all’interno della seconda cornice, più ampia: il progetto Fami Impact Veneto, volto a promuovere il dialogo interculturale e l’inclusione degli studenti con background migratorio.

A tal fine, studiose e studiosi di Ca’ Foscari hanno tenuto incontri informativi sulla migrazione destinati a insegnanti in scuole secondarie della regione. Inoltre, ha visto la realizzazione di laboratori di scrittura per studenti, con il coinvolgimento di scrittrici e scrittori quali Milton Fernández, Darien Levani, Elvis Malaj, Marie Marie Moïse, Elvira Mujčić, Gholam Najafi e Igiaba Scego.

Armin Greder ha dimestichezza con realtà multiculturali, come aveva messo in luce in una precedente intervista con liberweb.it. Il luogo in cui è nato, una piccola città svizzera bilingue al confine tra il cantone tedesco e quello francese, è per lui una realtà “babelica” che pare gli abbia suscitato curiosità nei confronti delle lingue. È consapevole, Greder, che ogni lingua riflette un proprio modo di pensare. E con diversi modi di pensare si è confrontato più volte. Emigrato in Australia negli anni Settanta, ora vive a Lima, in Perú.

Nella sua opera, Greder ci ricorda quello che non dobbiamo dimenticare. E non solo. L’incontro a distanza ne sottolinea più volte la forza coinvolgente. Come quando, al cimitero di Lampedusa, le sue decorazioni tolgono dall’anonimato i migranti che vi sono seppelliti – senza dare loro un nome. Un’azione paradossale. Incisiva.

Lavora molto con i contrasti, Greder. La potenza delle sue creazioni si ha soprattutto grazie alla relazione tra immagini e parole. Quando le une sono separate dalle altre, dice l’artista, non sono altrettanto espressive. Quando sono insieme, scuotono le coscienze, riescono a far provare empatia per i deboli, per il vissuto di coloro che normalmente sono trascurati dalle società del benessere.

Armin Greder

Ma anche le sole parole nude possono essere d’effetto per i lettori del grafico Greder. Come quelle di Mediterraneo: “Dopo aver finito di annegare”. Parole che, al lettore, fanno vivere l’annegamento. Altre volte, per l’artista, sono le sole immagini che rappresentano quello che le parole non possono esprimere.

Non tutto è raccontato in modo esplicito. La violenza, ad esempio, può essere implicita, coinvolge l’immaginazione del lettore, come nel suo ultimo lavoro, Diamanti.

Come Mediterraneo, anche Diamanti è una protesta. Greder si definisce pessimista. Per questo ha voluto strutturare la storia della sua ultima opera come un incubo. Dà voce ai migranti, che “senza le tragedie non esistono”.

Nel corso della conversazione si parla dell’attraversamento dei confini, dell’andare oltre. La conclusione sfocia proprio nel superamento di una frontiera – ma non si tratta qui di un confine geografico. Si tratta del pessimismo dell’autore, disposto, con la sua opera, a varcare i suoi stessi limiti. Egli stesso parla di una speranza. È importante, puntualizza, che i suoi libri entrino nelle scuole. Lì possono “cambiare il modo di pensare delle scuole”. E sì, è possibile. Grazie anche alla casa editrice Orecchio acerbo, che li pubblica considerandoli originali e coinvolgenti, armi efficaci contro la xenofobia. Un aiuto a noi tutti, ad aprire i nostri orizzonti.

Armin Greder. Ricordare per non dimenticare ultima modifica: 2020-12-11T20:27:17+01:00 da SANDRA PAOLI
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