Ha mosso i primi passi a Venezia e nel capoluogo lagunare si sarebbe dovuta organizzare la conferenza nazionale per fare il punto sui primi risultati raggiunti. Ma ancora una volta il confinamento ha costretto gli organizzatori a ripiegare sul web. Così sabato 12 dicembre ci si ritroverà sulla piattaforma Zoom, dalle 15 alle 18, per partecipare all’incontro “Mediterraneo di pace, Mediterraneo mar de paz. Una storia, un progetto”.
Ufficialmente l’iniziativa “Mediterraneo mare di pace” era partita oltre un anno fa, il 27 ottobre 2019, da Genova, come percorso via mare della Seconda Marcia Mondiale della Pace e della Nonviolenza – l’evento pacifista che aveva preso il via da Madrid il 2 ottobre dell’anno scorso e che si è concluso, con tappe virtuali causa Covid-19, nella capitale spagnola l’8 marzo 2020.
L’iniziativa era stata promossa dal Comitato internazionale della Marcia, in collaborazione con la Fondazione Exodus di don Antonio Mazzi, che ha messo a disposizione una delle due imbarcazioni a vela della Comunità dell’Isola d’Elba, l’associazione per la promozione della cultura del mare La Nave di Carta della Spezia e l’Unione Italiana Vela solidale (Uvs).
Il viaggio ha poi fatto tappa a Barcellona, dove è giunto in concomitanza con l’approdo della Peace Boat, la nave dell’omonima ong giapponese che da trentacinque anni naviga in tutto il mondo per promuovere la cultura della pace, il disarmo nucleare, la tutela dei diritti umani, la protezione ambientale e lo sviluppo sostenibile. Dopo la città catalana l’imbarcazione ha fatto tappa a Beirut, in Sicilia, a Brindisi, a Venezia e Trieste, con l’ausilio, ovviamente, degli strumenti del web.
Obiettivo principale è quello di sviluppare e firmare un “Trattato del Mediterraneo come mare di pace e privo di armi nucleari”:
- creare le condizioni affinché il Mar Mediterraneo, insieme ai suoi paesi costieri, divenga un’area priva di armi nucleari e quindi liberare i paesi dalla ricerca, dalla produzione, dallo stoccaggio e dal trasporto di armi nucleari nel loro spazio aereo, terrestre, marittimo e nel loro sottosuolo;
- promuovere la solidarietà tra i paesi costieri per trovare soluzioni atte a risolvere i problemi e i conflitti che sussistono sullo sfondo del Mar Mediterraneo;
- in senso lato, convertire il Mediterraneo in un’area di integrazione, scambio, collaborazione e sfruttamento benevolo dell’esperienza e conoscenza accumulata dai popoli millenari che lo abitano.
La proclamazione di zone prive di armi nucleari non è né nuova né eccezionale, anzi. Ci sono già grandi aree del pianeta in cui è stata raggiunta questa situazione, come l’America Latina e i Caraibi, la zona del Pacifico meridionale, il sud-est asiatico, l’Antartide e altri.

Come sappiamo nel Mediterraneo confluiscono molteplici culture, che oggi spesso portano avanti interessi meschini e sono scenario di molteplici guerre. Negli ultimi anni è diventato un “mare di morte” dove ad ogni stagione il numero delle perdite umane aumenta. Questo fatto lo rende un abisso di separazione tra Africa, Medio Oriente e Europa.
Questa campagna si propone come un primo passo affinché questo che è stato il luogo di nascita di molte culture si affermi quale punto d’incontro, dialogo e integrazione nella diversità, come esempio da seguire a livello internazionale.
Al centro della nostra azione c’è la richiesta agli stati di ratificare il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari e l’impegno a un percorso di disarmo delle armi convenzionali. Concetti contenuti già nella Dichiarazione di Barcellona del 1995 per il partenariato Mediterraneo di pace sottoscritta da dodici paesi
spiega Tiziana Volta Cormio, membro dell’equipe internazionale della Marcia.
Una dichiarazione rimasta sulla carta. Quello che vediamo accadere ogni giorno nel Mediterraneo è intollerabile: l’Europa, premio Nobel per la Pace 2012, ancora oggi teatro di grandi violenze, è incapace di accogliere. Dall’Europa partono le armi e c’è un proliferare di manifestazioni ad esse dedicate dove è permesso l’ingresso a minori (come a Vicenza, a Rimini e prossimamente di nuovo a Brescia). Per questo abbiamo deciso di “camminare” anche via mare. Vogliamo inoltre testimoniare la necessità di dire basta con le parole d’odio e di violenza che oppongono le diverse culture che si affacciano sul Mediterraneo, ma anche denunciare la violenza verso l’ambiente, quello marino in particolare da cui dipende il clima. Lo vogliamo fare con la potente arma della Nonviolenza attiva.
Aggiunge poi don Antonio Mazzi, Presidente di Fondazione Exodus:
In un momento di profonda crisi della società, politica, sociale e di relazioni, come quello che stiamo attraversando, che fa crescere e alimenta sentimenti di paura, di sfiducia e di intolleranza è importante dare dei segnali forti e tangibili, rispondendo con la Nonviolenza. Exodus da trentacinque anni non si limita a mettere qualche “cerotto” a chi inciampa ma lavora quotidianamente per comunicare valori positivi nella scuola, nella famiglia, nella società per dare risposte alternative ed efficaci a gravi problemi sociali, con un approccio di tipo educativo. Per questo abbiamo sempre aderito a manifestazioni di “protesta pacifica” e iniziative su temi importanti, che diano ai ragazzi gli strumenti necessari per affrontare e vivere in maniera critica e attiva nella società. La scelta di aderire alla Seconda Marcia Mondiale per la Pace conferma questa scelta di campo. E farlo “camminando” anche via mare è una scelta doppiamente significativa. Perché la barca a vela è uno straordinario luogo educativo-terapeutico, che si basa su valori come il rispetto reciproco, la condivisione, la disciplina, la capacità di mettersi in gioco, lo spirito di adattamento, la fatica, la bellezza e il contatto con la natura, principi che passano tutti dall’educazione e, quindi, anche l’educazione alla pace.


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