Un prete secco, magro, nero… un siciliano, figlio di una terra ardente… prete irreprensibile… con l’ambizione di trasformare le sue idee in azioni …straordinario organizzatore, don Sturzo si lancia nella lotta politica, anima e vivifica il partito popolare… Sono solo alcuni dei numerosi giudizi che la stampa italiana e internazionale riporta dal 1919 al 1922 su quella straordinaria figura di prete sociologo politico teologo filosofo che fu Luigi Sturzo.
Nella ricorrenza dei cento anni dall’Appello ai liberi e forti ed alla fondazione del Partito Popolare, l’Istituto Luigi Sturzo ha voluto ricordare la figura dell’uomo politico con il saggio “Liberi non si nasce ma si diventa, Attualità del pensiero di Luigi Sturzo”, di Maria Chiara Mattesini edito da Editoriale Scientifica di Napoli.
Ecco dunque l’occasione per fare il punto e riscoprire un politico di lungo corso, che ha concluso la sua carriera come senatore a vita nel 1959, un prete innanzitutto più che mai vicino alla gente, diremmo al popolo, per il quale si è battuto con azioni e idee, precursore in nuce di quel rivoluzionario concetto relativo al prete operaio di sessantottina memoria.
Siciliano di Caltagirone, nato nel 1871 da nobile casata appena un anno dopo l’annessione di Roma al neonato Regno d’Italia, ordinato sacerdote e studente all’Università Gregoriana e alla Sapienza, affiancò l’impegno della fede a quello politico e civile, dando vita a varie iniziative sociali legate alle condizioni degli agrari siciliani e fondando associazioni e giornali tesi a denunciare le condizioni di vita del popolo meridionale ribadendo la necessità di un impegno politico dei cattolici: il Partito Popolare da lui fondato nel 1919, assieme a questa assunzione di responsabilità, voleva ribadire i concetti di laicità e indipendenza da gerarchie religiose del cattolico impegnato nella vita civile. Una teoria dirompente nel panorama conservatore di quegli anni, che gli costò critiche e malcontento sia da parte del mondo cattolico più tradizionalista che da parte dei partiti liberali e socialisti che si palleggiavano il potere e soprattutto nel sorgente fascismo con Mussolini capo del governo del Paese. Un impegno civile, quello di Luigi Sturzo, che lo portò “sul campo” a battersi perché gli agrari siciliani aggiogati a norme feudali legate al latifondo, avessero accesso ad acqua potabile, scuola, elettricità, coinvolgendo le amministrazioni locali e scuotendo coscienze e società.
Figura dirompente in quei primi decenni del secolo scorso, che soprattutto nel primo dopoguerra mise in luce drammatiche condizioni di un popolo analfabeta, vessato, impoverito, sfruttato, affamato, preda dei peggiori rigurgiti nazionalisti e populisti del nascente fascismo.

Conoscenza e amore: sono per don Sturzo i requisiti fondamentali per una società dove l’essere umano possa vivere in libertà e uguaglianza, concetti utopici ma che sgorgano dalla dottrina politica del sacerdote siciliano, dal 1919 fino all’avvento della dittatura fascista più combattivo che mai nella difesa del popolarismo, dottrina che pone il popolo consapevole all’impegno nella vita civile con un rapporto tra istituzioni e società ben lontano da quel populismo composto “da un gregge dove la persona si perde assorbita dalla pancollettività, annientata da nomi di simboli, razze, classe”, un popolo non consapevole che s’illude e beffeggia disprezzando i vertici di uno Stato democratico. Oggi come ieri, viene da dire…
Un perenne gioco dinamico nel quale il popolo deve avere una forza morale capace di dirigere la politica in libertà: liberi non si nasce ma si diventa attraverso una lotta che è consapevolezza, impegno, partecipazione, scambio di idee.
La libertà è come la verità:si conquista; e quando si è conquistata, per conservarla si riconquista; e quando mutano gli eventi e si evolvono gl’istituti, per adattarla si riconquista.

Concetti di coscienza, etica, libertà, società come comunione di persone si intersecano in una teoria sociale ”mai serena e tutt’altro che rassicurante”: un impegno totale dopo l’abrogazione del Non expedit che permise ai cattolici di entrare in politica e che nel 1919 vide eletti in Parlamento bel cento deputati del neonato Partito Popolare. Ma in un contesto di democrazia lacerata che solo tre anni dopo permise al fascismo di impossessarsi di tutte le leve del potere, costringendo gli avversari ad abbandonare la scena politica drammaticamente. Come molti esponenti del mondo politico liberale e di sinistra anche don Sturzo dovette partire in esilio, contrastato dalla corrente di destra del suo stesso partito indulgente con i metodi violenti del fascismo nascente. Un esilio che portò il combattivo siciliano in Inghilterra e negli Stati Uniti, da dove non smise di esprimere i suoi principi soprattutto sulla necessita di moralizzare la vita pubblica. Rientrato in Patria solo a guerra finita, don Sturzo fu eletto in Parlamento come senatore e poi senatore a vita.

Un personaggio scomodo quindi anche per la modernità del suo pensiero: la funzione della stampa e il ruolo delle donne nella società concepita dalla dottrina sociale di don Sturzo sono attuali anche oggi, anzi oggi più che mai. La stampa deve contribuire a creare le idee, non a imbrigliarle in un pensiero unico, e le donne devono impegnarsi come gli uomini e soprattutto, principio proclamato già dagli anni Venti, avere diritto al voto. Incredibile, no? Oggi in questa società onnivora ed inconsapevole, fieramente adagiata sui diritti acquisiti, non ci si rende conto che le donne votano in Italia solo dal 2 giugno 1946.
Bisogna scavare nella storia per imbattersi nel nome di Angela Guidi Cingolani, che don Sturzo nel 1919 volle a capo di una segreteria dedicata al suffragio femminile, e che nel 1945 fu eletta alla Consulta e deputata per la Democrazia cristiana. Come di quei primi anni del Novecento è la formazione della Commissione per il collocamento femminile presso il Municipio di Roma, assieme all’appoggio verso le donne sindacaliste e l’amicizia con Maria Montessori, la pedagogista ideatrice del metodo che dà autonomia e libertà agli alunni e contribuisce al lungo cammino dell’emancipazione femminile . “Educatevi a non essere gregarie” predicava extra pulpito don Sturzo.
“Idee facili sulla carta diventano pesanti da tirare avanti”, e questo tutti lo sappiamo bene, ma le parole di don Sturzo contro tutti gli “ismi” illusori invitano al pragmatismo affermando che non si può illudere il popolo .
Leggendo il testo di Maria Chiara Mattesini non si può non soffermarsi tra i mille spunti che il lettore vorrà approfondire, sul concetto di “preparazione” della classe politica che deve dirigere un Paese. Iniziare dal basso, come fece Sturzo stesso da prosindaco di Caltagirone, cioè dalle cariche amministrative locali per poi raggiungere incarichi di più alte responsabilità, tutto legato a quel gioco dinamico che il carismatico sacerdote ha sempre propugnato. Un impegno che si riallaccia alla conoscenza e alla verità, che dovrebbero essere il faro per noi e per chi ci governa.

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