“La letteratura austriaca contemporanea – scrive Hermann Korte introducendo nel 2016 un’antologia di testi austriaci del secondo Novecento – è una delle più varie, autonome e ambiziose a livello europeo. […] Sono ormai lontani i tempi in cui la critica la considerava semplicemente una appendice della letteratura tedesca”.
L’elenco di autori che Korte cita è straordinario: sono scrittori radicali nella memoria, espliciti nella denuncia ed estremamente arditi nello stile, da Bachmann a Fried, da Jelinek a Handke, da Bernhard a Jandl, da Menasse a Schindel a Ransmayr.
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Dopo autori così autorevoli e dopo tante critiche spesso impietose all’Austria e alla sua cattiva coscienza, iniziano a farsi largo scrittori più giovani, meno radicali, e, sicuramente, più sfuggenti: a una di loro, Maja Haderlap, il compito di celebrare, il 12 novembre del 2018, il centenario della Repubblica. Drammaturga, poetessa, insegnante Maja Haderlap è una presenza colta e moderata che rinnova con la sua biografia l’intreccio tra culture, lingue e popoli del vecchio impero: nata in Carinzia, da una famiglia di sudditi sloveni che si era opposta nella guerra all’occupazione nazista, ha scelto l’Austria, dove scrive in tedesco e in sloveno, consapevole delle piaghe lasciate dalla storia, ma anche positivamente coinvolta nei destini della nuova patria. In lei l’Austria ormai centenaria aveva trovato un testimone volenteroso in grado di invertire la profezia di Ingeborg Bachmann: “Precedendo l’uragano, il sole vola a Ovest /duemila anni sono trascorsi e a noi non rimarrà nulla” scrive nella poesia Große Landschaft bei Wien.
Soprattutto a queste generazioni meno radicali, più globalizzate, ‘migranti’ e sfuggenti Giovanni Sampaolo dedica l’antologia in tre volumi, pubblicati tra il 2017 e il 2019 in collaborazione con il Forum Austriaco di Cultura (e con il decisivo contributo della sua direttrice Elke Atzler), all’interno di un progetto didattico che ha coinvolto gli studenti di Roma Tre. L’antologia è ora proposta in cofanetto da Artemide edizioni (Quarantadue scrittrici e scrittori dell’Austria di oggi, a cura di Giovanni Sampaolo, Roma 2020, 436 pp., 45 euro).
L’opera, innovativa, raffinata e interessante, presenta un ampio repertorio di voci, generi letterari e orientamenti personali o sessuali, con un’attenzione alluvionale ai temi soggettivi e intersoggettivi appena ‘corretti’ dall’attenzione a problemi dell’oggi, dalla migrazione, alla globalizzazione, alla perdita di innocenza della idilliaca provincia d’Austria.
Spesso questi autori rivelano una vocazione transfrontaliera che dialoga con il passato. Numerosi tra loro hanno radici altrove e portano nella lingua tedesca storie di luoghi remoti: sono moravi, slovacchi, bulgari o polacchi, ma c’è chi giunge da continenti lontani; altri, austriaci di nascita, guardano oltre i loro confini desiderosi e incerti, con la sensazione diffusa di uno sradicamento che minaccia di diventare fuga o malattia.
In Lingue d’angelo scrive Dimitré Dinev, uno degli autori fuggito nel 1990 dalla Bulgaria:
Il mondo in cui essi entrarono non era più sano. Era guasto, e diventava sempre più guasto di anno in anno come la frutta e la verdura che nei caldi pomeriggi estivi rimaneva invenduta sui banchi del mercato.
Il primo volume, Nuove scritture dall’Austria, uscito nel 2017 attingeva a SchreibART Austria del 2016, un testo curato dal Ministero degli Esteri austriaco per far conoscere uno “spaccato dell’attuale produzione letteraria in Austria”: brevi testi e biografie di quindici autori nati tra il 1953 e il 1984, emigrati, di provincia o appassionatamente viennesi, scelti per rappresentare una enigmatica specificità austriaca.
Scrive Atzler, Direttrice del Forum, nella sua introduzione:
Non sono tanto le particolarità tematiche quanto piuttosto il tono utilizzato, la spiccata consapevolezza della forma, della lingua, il giocare con le tradizioni e una pronunciata individualità.
Di questo primo volume ytali ha già parlato: nel gennaio del 2019 la recensione di Massimiliano De Villa sondava l’esistenza di una zona franca per le opere raccolte nel volume, lontane sia dal mito absburgico che – dopo il collasso dell’Impero, l’adesione al destino tedesco e la difficile ricostruzione – dal confronto con un passato vicino e ancora inquietante.
Di inedito, rispetto ai vecchi cataloghi che informavano con ufficialità discreta i germanisti sugli sviluppi della letteratura austriaca, questo Nuove scritture dall’Austria ha il pubblico: una edizione italiana, con testi scelti pensando a non specialisti e con traduzioni affidate a giovanissimi all’interno di un progetto che, come scrive Sampaolo,
richiede una profonda comprensione del testo ‘altro’, […] richiede una corretta contestualizzazione in una cultura che non è la propria, esige studio e documentazione; e per altro consiste nello scrivere un proprio testo in una propria lingua.
Il secondo e il terzo volume rappresentano uno sviluppo di quel progetto, senza più i vincoli di SchreibART e con molte scoperte: Giovanni Sampaolo ha scavato nella letteratura austriaca contemporanea in cerca di voci sconosciute, interessanti, spesso sorprendenti. Nessuna pretesa di ‘rappresentatività’, inevitabilmente normativa e difficilmente definibile, ma un collage di generi e scritture che restituisse la ricchezza di questo nuovo laboratorio austriaco ponendo qualità e varietà come unici criteri. Il primo risultato è la raccolta E poi il silenzio. Nuove voci della letteratura austriaca che, uscita nel febbraio 2019, fotografa una generazione di autori nati negli anni Ottanta e Novanta (sono dieci su sedici i ventenni–trentenni e, inoltre, dieci su sei, le donne) con testi recentissimi, pubblicati tra il 2015 e il 2018.
Valerie Fritsch ©Martin Schwarz Irene Diwiak ©www.corn.at Deuticke Laura Freudenthaler ©Nini Tschavoll Ludwig Hartinger ©Miriam Laznia
L’instabilità è la protagonista delle pagine tradotte: relazioni volatili di coppie che a stento trovano le parole (Bettina Balàka, Susanne Gregor), conflitti con il mondo dei padri (Elke Laznia), migrazione sognata (Theodora Bauer), o drammaticamente vissuta, dalla ex Jugoslavia (Robert Prosser e Anna Baar) come dall’Afghanistan, e descritta anche per denunciare diritti e ingiustizie (Daniel Zipfel). Non mancano poi gli incontri tra una ‘provincia’ austriaca sempre meno idilliaca e il mondo (Laura Freudenthaler e Valerie Fritsch).
Alois Hotschnig ©Thomas-Boehm Hans Platzgumer ©Chris Laine Elke Laznia ©Bwag Florjan Lipuš ©www.literaturfoto.net Daniela Strigl ©Clarissa Stadler
Scrive Francesco Fiorentino nell’introduzione a questo secondo volume:
La letteratura prende partito per una vita vulnerabile, marginalizzata, dimenticata, contrapponendola a una esistenza asservita al culto dell’efficienza e della prestazione che promette una guarigione dal dolore di esistere.
Del tutto diverso il criterio scelto da Sampaolo per la terza antologia, 6 + 7 x 5 = 13, del settembre del 2019. L’obiettivo è quello di scandagliare i vari generi letterari per ottenere, tra differenze e inattese analogie, il panorama differenziato di una realtà letteraria fertile e in costante movimento: troviamo il racconto, la poesia, il teatro, il romanzo e il saggio (rappresentato, non a caso, da autori meno giovani e più graffianti come Daniela Strigl e Armin Thurnher), antologizzati con particolare attenzione alla presenza di voci femminili, mentre si mischiano le generazioni (gli anni di nascita degli autori vanno dal 1937 al 1994) e la quantità di successo ottenuto. Spesso anche in questa raccolta fa da protagonista il ‘transito’ tra l’Austria e l’altrove, soprattutto Carso o Slovenia, per nascita (Florian Lipuš e Maja Haderlap) o per una inguaribile vocazione migrante (Clemens J. Setz).
Gerhild Steinbuch ©Max Bohm Elias Hirschl ©Benedict Steirer Clemens J. Setz ©ORF Maja Haderlap ©Richard Krämmer
Doveva intitolarsi 5 + 5 x 5 = 10, cinque generi letterari, per dieci autori, ma per la Slam Poetry il giovanissimo Elias Hirschl ha deciso di curare la regia di un fittizio Poetry Slam con altre/i giovani dando vita a Fumo nero. Quasi un poetry slam, un inedito a più voci. Alla fine 6 (donne) + 7 (uomini) x 5 (generi) e i testi sono 13 per un volume che si conclude con un omaggio alla Roma di una autrice ‘di ieri’, Ingeborg Bachmann, teso tra sogno, documento, pulsione autodistruttiva, ma anche celebrazione della parola letta:
“L’autobus – cosi termina Hirschl Fumo nero – brucia crepitando e tremolando, senza che nessuno lo veda e lo senta, e il mare getta onde silenziose sulla spiaggia e trascina con sé i segni non letti.”


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